Il saggio ricostruisce il profilo del francesista torinese Leo Ferrero, critico letterario e teatrale, prosatore, poeta, drammaturgo, nel suo ruolo di mediatore tra cultura italiana e francese nel delicato periodo dell’affermazione in Italia del regime fascista. Di natali illustri (figlio dello storico Guglielmo Ferrero e nipote di Cesare Lombroso), per tradizione familiare legato alla Francia, dopo un'infanzia torinese e una prima giovinezza fiorentina che lo vede attivo negli ambienti di "Solaria", Ferrero nel 1928 si autoesilia a Parigi per sfuggire a un regime politico che rendeva poco agevole l'attività culturale in Italia. La conoscenza della cultura francese, humus della formazione e dell’attività di padre e nonno, la rete di contatti con gli ambienti dotti fiorentini dove è operativo il Julien Luchaire, poi il figlio Jean, fondatore de l’Institut de culture française, sono i prodromi per una breve ma intensa carriera di autore e critico che scrive nelle due lingue, in una condizione di pressoché impeccabile bilinguismo e biculturalismo. Oltre a drammi, perse e versi composti nelle due lingue, Leo Ferrero lascia un ingente corpus di interventi sulla stampa francese, dove si fa alfiere delle espressioni più felici delle lettere italiane del tempo, ma soprattutto si prodiga in quella missione che era stata di “Solaria” e de “Il Baretti”: colmare il "ritardo culturale" italiano attraverso una migliore conoscenza delle lettere straniere, in ispecie francesi, e una collaborazione/emulazione di modelli.
Leo Ferrero (1903-1933): un francesista torinese tra le due guerre
C. Trinchero
2017-01-01
Abstract
Il saggio ricostruisce il profilo del francesista torinese Leo Ferrero, critico letterario e teatrale, prosatore, poeta, drammaturgo, nel suo ruolo di mediatore tra cultura italiana e francese nel delicato periodo dell’affermazione in Italia del regime fascista. Di natali illustri (figlio dello storico Guglielmo Ferrero e nipote di Cesare Lombroso), per tradizione familiare legato alla Francia, dopo un'infanzia torinese e una prima giovinezza fiorentina che lo vede attivo negli ambienti di "Solaria", Ferrero nel 1928 si autoesilia a Parigi per sfuggire a un regime politico che rendeva poco agevole l'attività culturale in Italia. La conoscenza della cultura francese, humus della formazione e dell’attività di padre e nonno, la rete di contatti con gli ambienti dotti fiorentini dove è operativo il Julien Luchaire, poi il figlio Jean, fondatore de l’Institut de culture française, sono i prodromi per una breve ma intensa carriera di autore e critico che scrive nelle due lingue, in una condizione di pressoché impeccabile bilinguismo e biculturalismo. Oltre a drammi, perse e versi composti nelle due lingue, Leo Ferrero lascia un ingente corpus di interventi sulla stampa francese, dove si fa alfiere delle espressioni più felici delle lettere italiane del tempo, ma soprattutto si prodiga in quella missione che era stata di “Solaria” e de “Il Baretti”: colmare il "ritardo culturale" italiano attraverso una migliore conoscenza delle lettere straniere, in ispecie francesi, e una collaborazione/emulazione di modelli.File | Dimensione | Formato | |
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