il 9 e 10 dicembre 1974, a Parigi, con la finalità di dare nuovo slancio al processo di integrazione, i capi di Stato e di governo confermarono la loro volontà di realizzare l’Unione economica e monetaria (UEM) e assunsero anche la decisione di istituire il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), dotando la Comunità di un importante strumento per affrontare la questione degli squilibri regionali. Le novità più rilevanti, però, furono quelle riguardanti l’assetto istituzionale. Venne stabilito, infatti, che i vertici dei capi di Stato e di governo, accompagnati dai ministri degli Affari esteri, si sarebbero tenuti con regolarità, tre volte all’anno e ogniqualvolta risultasse necessario, e tali riunioni periodiche avrebbero assunto il nome di Consiglio europeo, occupandosi sia delle problematiche comunitarie, per le quali era prevista la partecipazione agli incontri anche della Commissione, sia della Cooperazione politica europea (CPE). Se l’istituzionalizzazione delle riunioni al vertice era espressione della visione confederale, intergovernativa, della costruzione europea, l’altra importante decisione assunta a Parigi, superando il veto che sempre la Francia gollista aveva opposto, quella dell’elezione a suffragio universale diretto del Parlamento europeo, rispondeva invece a una logica più sovranazionale e federale. Infine dal Vertice venne affidato l’incarico al primo ministro belga, Léo Tindemans, di presentare entro la fine del 1975, dopo aver consultato i governi e gli ambienti rappresentativi della politica, dell’economia, della cultura e dell’opinione pubblica, una relazione di sintesi contenente una serie di proposte finalizzate alla trasformazione delle Comunità in un’Unione europea, richiamando le conclusioni del Vertice, svoltosi sempre nella capitale francese due anni prima, il 19-21 ottobre 1972.

Vertice di Parigi

Paolo Caraffini
2018-01-01

Abstract

il 9 e 10 dicembre 1974, a Parigi, con la finalità di dare nuovo slancio al processo di integrazione, i capi di Stato e di governo confermarono la loro volontà di realizzare l’Unione economica e monetaria (UEM) e assunsero anche la decisione di istituire il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), dotando la Comunità di un importante strumento per affrontare la questione degli squilibri regionali. Le novità più rilevanti, però, furono quelle riguardanti l’assetto istituzionale. Venne stabilito, infatti, che i vertici dei capi di Stato e di governo, accompagnati dai ministri degli Affari esteri, si sarebbero tenuti con regolarità, tre volte all’anno e ogniqualvolta risultasse necessario, e tali riunioni periodiche avrebbero assunto il nome di Consiglio europeo, occupandosi sia delle problematiche comunitarie, per le quali era prevista la partecipazione agli incontri anche della Commissione, sia della Cooperazione politica europea (CPE). Se l’istituzionalizzazione delle riunioni al vertice era espressione della visione confederale, intergovernativa, della costruzione europea, l’altra importante decisione assunta a Parigi, superando il veto che sempre la Francia gollista aveva opposto, quella dell’elezione a suffragio universale diretto del Parlamento europeo, rispondeva invece a una logica più sovranazionale e federale. Infine dal Vertice venne affidato l’incarico al primo ministro belga, Léo Tindemans, di presentare entro la fine del 1975, dopo aver consultato i governi e gli ambienti rappresentativi della politica, dell’economia, della cultura e dell’opinione pubblica, una relazione di sintesi contenente una serie di proposte finalizzate alla trasformazione delle Comunità in un’Unione europea, richiamando le conclusioni del Vertice, svoltosi sempre nella capitale francese due anni prima, il 19-21 ottobre 1972.
2018
Dizionario storico dell'integrazione europea
Rubbettino
7249
7254
978-88-498-5144-1
http://www.dizie.eu/dizionario/2570/
Vertice di Parigi, Integrazione europea, Valéry Giscard d’Estaing, Helmut Schmidt, Léo Tindemans, Consiglio europeo, Parlamento europeo
Paolo Caraffini
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