Derivato dal latino [ănĭmăl], animalis, il termine animale rimanda, nelle sue diverse accezioni, a concetti alquanto diversi l’uno dall’altro: se, da un lato, il nesso etimologico con anĭma, “anima, principio della vita di ogni essere organizzato” (Pianigiani 2016), si traduce nel riferimento a “ogni essere animato, cioè ogni organismo vivente dotato di moto e di sensi, e quindi sia l’uomo sia un essere privo di ragione” (Treccani 2016), dall’altro, “nell’uso corrente, per animali s’intendono le bestie” (ibid.), con una netta contrapposizione tra animalità e umanità (cfr. Caffo e Cimatti 2015, p. 28). A partire da questa seconda accezione, inoltre, hanno avuto origine una serie di espressioni ed epiteti spregiativi (tra gli altri, “vivere da animale”, “essere / parere un animale”, “sta’ zitto tu, animale!”, ecc.), nonché una serie di derivati con connotazione marcatamente disforica (dal peggiorativo animalàccio, “riferito a persona grossolana, rozza, o sudicia”, all’aggettivo animalésco, “proprio di un animale, degno degli animali, in senso spreg.”, ibid.). Sulla scia della riflessione sul rapporto tra animalità e umanità (v. in particolare Derrida 2006, Heidegger 1992, Searle 2000, Caffo 2014, Caffo e Cimatti 2015), ci si propone di indagare la questione della “bestialità”, generalmente intesa come negazione di ma talvolta anche interrelazione con l’umanità (dalla mitologia classica – si pensi, a titolo esemplificativo, alle Metamorfosi di Ovidio – alla letteratura degli ultimi secoli – con autori come Zola, Kafka o Stevenson –, sino alle riflessioni di pensatori quali Platone, Nietzsche o Rousseau). Particolare attenzione verrà dedicata in questo senso al tema della violenza e alla sua discorsivizzazione – in continua oscillazione tra natura e cultura, animale e umano – nell’ambito dell’immaginario collettivo contemporaneo.

Dall’animale alla bestia, andata e ritorno: la violenza tra natura e cultura, umano e non umano

STANO, Simona
2017-01-01

Abstract

Derivato dal latino [ănĭmăl], animalis, il termine animale rimanda, nelle sue diverse accezioni, a concetti alquanto diversi l’uno dall’altro: se, da un lato, il nesso etimologico con anĭma, “anima, principio della vita di ogni essere organizzato” (Pianigiani 2016), si traduce nel riferimento a “ogni essere animato, cioè ogni organismo vivente dotato di moto e di sensi, e quindi sia l’uomo sia un essere privo di ragione” (Treccani 2016), dall’altro, “nell’uso corrente, per animali s’intendono le bestie” (ibid.), con una netta contrapposizione tra animalità e umanità (cfr. Caffo e Cimatti 2015, p. 28). A partire da questa seconda accezione, inoltre, hanno avuto origine una serie di espressioni ed epiteti spregiativi (tra gli altri, “vivere da animale”, “essere / parere un animale”, “sta’ zitto tu, animale!”, ecc.), nonché una serie di derivati con connotazione marcatamente disforica (dal peggiorativo animalàccio, “riferito a persona grossolana, rozza, o sudicia”, all’aggettivo animalésco, “proprio di un animale, degno degli animali, in senso spreg.”, ibid.). Sulla scia della riflessione sul rapporto tra animalità e umanità (v. in particolare Derrida 2006, Heidegger 1992, Searle 2000, Caffo 2014, Caffo e Cimatti 2015), ci si propone di indagare la questione della “bestialità”, generalmente intesa come negazione di ma talvolta anche interrelazione con l’umanità (dalla mitologia classica – si pensi, a titolo esemplificativo, alle Metamorfosi di Ovidio – alla letteratura degli ultimi secoli – con autori come Zola, Kafka o Stevenson –, sino alle riflessioni di pensatori quali Platone, Nietzsche o Rousseau). Particolare attenzione verrà dedicata in questo senso al tema della violenza e alla sua discorsivizzazione – in continua oscillazione tra natura e cultura, animale e umano – nell’ambito dell’immaginario collettivo contemporaneo.
2017
Zoosemiotica 2.0. Forme e politiche dell’animalità
Nuovi Quaderni del Circolo Semiologico Siciliano
621
628
978-88-97035-26-8
Animale, bestia, violenza, natura, cultura
STANO, Simona
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