La cultura giuridica penale e i suoi istituti sono sempre più di frequente al centro di un vivace dibattito dottrinale. Tale dibattito attiene a molti dei profili a lungo ritenuti consolidati nella materia penale e che investono necessariamente i principi costituzionali: il riferimento è al principio di legalità, al principio di irretroattività, alla presunzione di non colpevolezza, fino al concetto stesso di pena e di giustizia penale. Ciò che lo studio della dottrina impegnata su questi temi e della giurisprudenza coinvolta (particolarmente di quella costituzionale e sovranazionale) consente di rilevare la tensione tra due esigenze, tra loro difficilmente conciliabili: da un lato, sotto la pressione delle corti e della giurisprudenza sovranazionali, quella dell’armonizzazione di un diritto penale a livello europeo; dall’altro – e, sembrerebbe, in opposizione -, quella dell’attaccamento a paradigmi penalistici espressivi di particolari (nel senso del particolarismo giuridico secondo l’uso fattone da Paolo Grossi) sistemi interni. Alla contrapposizione, per paradigmi, nazionale/sovranazionale, si aggiunge una lotta - tutta interna – per la determinazione della politica criminale e della sua effettività. Le valutazioni su che cosa sia giusto e opportuno punire, e come punire, spettano certamente al legislatore, trattandosi di scelte eminentemente politiche e perlopiù condizionate da situazioni storiche contingenti. Ma, come è stato detto, «[l]a politica del diritto penale non è mera “politica criminale”, di prevenzione e di controllo della criminalità: è anche politica delle garanzie. Ha a che fare con equilibri fondamentali fra autorità dello Stato e diritti e libertà delle persone: fra individuo e Stato, autorità e libertà». In tali interstizi si inserisce la dimensione sempre più giudiziale del diritto. Gli strumenti della giurisprudenza in generale, e di quella costituzionale in particolare, ruotano perlopiù intorno alla peculiarità del caso, alla ragionevolezza della soluzione, al bilanciamento tra principi, alla proporzionalità tra ciò che è posto e ciò che si intende perseguire, all’equità, enfatizzando una visione del diritto improntata alla razionalità pratica (il diritto è pur sempre una scienza pratica), ma contemporaneamente svuotando (o comunque affievolendo) il ruolo del legislatore nazionale come soggetto incaricato di operare le scelte di politica criminale.Lo studio dell’istituto della confisca penale consiste di affrontare questi temi: per quanto si tratti di una misura specifica ed eminentemente tecnica, essa si pone a cavallo di due esigenze potenzialmente contraddittorie (nel senso della loro reciproca esclusione), ma tra le quali è invece necessario trovare un contemperamento: le esigenze di effettività del sistema penale dinanzi a fenomeni criminali di rilevante intensità, e le esigenze di legalità e di garanzia – dalle quali non è comunque possibile prescindere - dell’imputato. Si potrebbe dire, tra la «ragion di Stato» e la «ragione di Costituzione».
Il dilemma della materia penale: di alcune tensioni costituzionali attraverso lo studio di un suo specifico istituto, la confisca
Marceno
2018-01-01
Abstract
La cultura giuridica penale e i suoi istituti sono sempre più di frequente al centro di un vivace dibattito dottrinale. Tale dibattito attiene a molti dei profili a lungo ritenuti consolidati nella materia penale e che investono necessariamente i principi costituzionali: il riferimento è al principio di legalità, al principio di irretroattività, alla presunzione di non colpevolezza, fino al concetto stesso di pena e di giustizia penale. Ciò che lo studio della dottrina impegnata su questi temi e della giurisprudenza coinvolta (particolarmente di quella costituzionale e sovranazionale) consente di rilevare la tensione tra due esigenze, tra loro difficilmente conciliabili: da un lato, sotto la pressione delle corti e della giurisprudenza sovranazionali, quella dell’armonizzazione di un diritto penale a livello europeo; dall’altro – e, sembrerebbe, in opposizione -, quella dell’attaccamento a paradigmi penalistici espressivi di particolari (nel senso del particolarismo giuridico secondo l’uso fattone da Paolo Grossi) sistemi interni. Alla contrapposizione, per paradigmi, nazionale/sovranazionale, si aggiunge una lotta - tutta interna – per la determinazione della politica criminale e della sua effettività. Le valutazioni su che cosa sia giusto e opportuno punire, e come punire, spettano certamente al legislatore, trattandosi di scelte eminentemente politiche e perlopiù condizionate da situazioni storiche contingenti. Ma, come è stato detto, «[l]a politica del diritto penale non è mera “politica criminale”, di prevenzione e di controllo della criminalità: è anche politica delle garanzie. Ha a che fare con equilibri fondamentali fra autorità dello Stato e diritti e libertà delle persone: fra individuo e Stato, autorità e libertà». In tali interstizi si inserisce la dimensione sempre più giudiziale del diritto. Gli strumenti della giurisprudenza in generale, e di quella costituzionale in particolare, ruotano perlopiù intorno alla peculiarità del caso, alla ragionevolezza della soluzione, al bilanciamento tra principi, alla proporzionalità tra ciò che è posto e ciò che si intende perseguire, all’equità, enfatizzando una visione del diritto improntata alla razionalità pratica (il diritto è pur sempre una scienza pratica), ma contemporaneamente svuotando (o comunque affievolendo) il ruolo del legislatore nazionale come soggetto incaricato di operare le scelte di politica criminale.Lo studio dell’istituto della confisca penale consiste di affrontare questi temi: per quanto si tratti di una misura specifica ed eminentemente tecnica, essa si pone a cavallo di due esigenze potenzialmente contraddittorie (nel senso della loro reciproca esclusione), ma tra le quali è invece necessario trovare un contemperamento: le esigenze di effettività del sistema penale dinanzi a fenomeni criminali di rilevante intensità, e le esigenze di legalità e di garanzia – dalle quali non è comunque possibile prescindere - dell’imputato. Si potrebbe dire, tra la «ragion di Stato» e la «ragione di Costituzione».File | Dimensione | Formato | |
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