Attraverso la lente della retorica accademica vengono osservate le posizioni assunte dai corpi dello Studium generale nei confronti dello spazio urbano e della società cittadina in cui si trovarono ad operare. La questione posta al centro del saggio è se gli universitari, categoria di intellettuali fortemente mobile, nei momenti di pubblica autorappresentazione espressi negli "actus publici" abbiano ritenuto importante edificare un'immagine di radicamento e di appartenenza o se piuttosto si siano orientati verso espressioni di apparentamento in corpi sociali distinti da quelli cittadini. Dinanzi a una dinamica e variegata prassi, l’oratoria universitaria non sembra avere rappresentato lo spazio in cui mettere a punto vere e proprie riflessioni sull’appartenenza dell’intellettuale alla civitas. Fu semmai un efficace strumento di definizione di un corpo sociale “altro” e di modelli identitari che differenziarono l’universitario da ulteriori gruppi della tradizionale tassonomia sociale, come quelli dei chierici o dei "nobiles". Il pensiero dell’intellettuale che affiora dai sermoni accademici illumina principalmente la sua condizione di “straniero”, insieme all’appartenenza a una "civilitas" di simili, fondata su comuni saperi e formalizzata da specifiche “patenti di appartenenza”, rappresentate dalla matricula.
Intellettuali e civitas nel cerimoniale universitario: spunti dall’oratoria accademica tre-quattrocentesca
paolo rosso
2017-01-01
Abstract
Attraverso la lente della retorica accademica vengono osservate le posizioni assunte dai corpi dello Studium generale nei confronti dello spazio urbano e della società cittadina in cui si trovarono ad operare. La questione posta al centro del saggio è se gli universitari, categoria di intellettuali fortemente mobile, nei momenti di pubblica autorappresentazione espressi negli "actus publici" abbiano ritenuto importante edificare un'immagine di radicamento e di appartenenza o se piuttosto si siano orientati verso espressioni di apparentamento in corpi sociali distinti da quelli cittadini. Dinanzi a una dinamica e variegata prassi, l’oratoria universitaria non sembra avere rappresentato lo spazio in cui mettere a punto vere e proprie riflessioni sull’appartenenza dell’intellettuale alla civitas. Fu semmai un efficace strumento di definizione di un corpo sociale “altro” e di modelli identitari che differenziarono l’universitario da ulteriori gruppi della tradizionale tassonomia sociale, come quelli dei chierici o dei "nobiles". Il pensiero dell’intellettuale che affiora dai sermoni accademici illumina principalmente la sua condizione di “straniero”, insieme all’appartenenza a una "civilitas" di simili, fondata su comuni saperi e formalizzata da specifiche “patenti di appartenenza”, rappresentate dalla matricula.File | Dimensione | Formato | |
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