Il cancro polmonare in fase avanzata, non ha visto, per lungo tempo, significativi progressi in termini di classificazione morfologica e molecolare, inquadramento diagnostico e approccio terapeutico. Questoè sicuramente affermabile fino all’inizio degli anni 2000, quando l’unica differenza ritenuta utile e significativa era quella tra microcitoma (SCLC) e non microcitoma (NSCLC) e poche altre caratteristiche (per lo più cliniche) risultavano dirimenti nella scelta di cura. Una svolta importante si è sicuramente avuta grazie ai risultati ottenuti con gli studi che prevedevano l’impiego di cisplatino in combinazione pemetrexed (nuovo antimetabolita) confrontato con il classico regime cisplatino e gemcitabina e con i dati derivanti dall’impiego di un farmaco antiangiogenetico (bevacizumab) associato in prima linea alle classiche doppiette contenenti platino, sempre confrontate con terapie citostatiche convenzionali. Entrambi questi cambiamenti sono stati rivoluzionari in primis perché hanno “sfondatola barriera” della sopravvivenza mediana per questa patologia nello stadio avanzato, garantendo ai pazienti una overall survival superiore all’anno, ma anche perché hanno introdotto la assoluta necessità di avere una migliore definizione dell’istotipo, che diventa dirimente nella scelta, essendo questi regimi terapeutici specificatamente registrati e rimborsati per i pazienti con istologia non squamosa.
Trattamento del carcinoma polmonare in stadio avanzato. Dall’approccio classico alla medicina di precisione e prospettive future.
Silvia Novello
First
;
2018-01-01
Abstract
Il cancro polmonare in fase avanzata, non ha visto, per lungo tempo, significativi progressi in termini di classificazione morfologica e molecolare, inquadramento diagnostico e approccio terapeutico. Questoè sicuramente affermabile fino all’inizio degli anni 2000, quando l’unica differenza ritenuta utile e significativa era quella tra microcitoma (SCLC) e non microcitoma (NSCLC) e poche altre caratteristiche (per lo più cliniche) risultavano dirimenti nella scelta di cura. Una svolta importante si è sicuramente avuta grazie ai risultati ottenuti con gli studi che prevedevano l’impiego di cisplatino in combinazione pemetrexed (nuovo antimetabolita) confrontato con il classico regime cisplatino e gemcitabina e con i dati derivanti dall’impiego di un farmaco antiangiogenetico (bevacizumab) associato in prima linea alle classiche doppiette contenenti platino, sempre confrontate con terapie citostatiche convenzionali. Entrambi questi cambiamenti sono stati rivoluzionari in primis perché hanno “sfondatola barriera” della sopravvivenza mediana per questa patologia nello stadio avanzato, garantendo ai pazienti una overall survival superiore all’anno, ma anche perché hanno introdotto la assoluta necessità di avere una migliore definizione dell’istotipo, che diventa dirimente nella scelta, essendo questi regimi terapeutici specificatamente registrati e rimborsati per i pazienti con istologia non squamosa.File | Dimensione | Formato | |
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