Il saggio ha ad oggetto il tema delle massime di esperienza e soprattutto quello della prova scientifica nel processo civile. Dopo aver inquadrato l’argomento nella dimensione storica e comparatistica, nonché averlo posto in relazione allo scopo che si attribuisce al processo, l’a. affronta una serie di problemi posti dal ricorso alla prova scientifica. Tra di essi si annovera quello della collaborazione tra il giudice, il consulente e le parti nell’espletamento della perizia, quello del ricorso al consulente non solo per la valutazione ma anche per la ricerca della prova, quello dell’attuazione della garanzia del contraddittorio tecnico. Ulteriori questioni ineriscono poi alla selezione dei saperi specialistici di cui può essere chiesto l’apporto in giudizio e ai limiti del controllo giudiziario sulla decisione che recepisca o si discosti dal risultato di una consulenza tecnica. Su questo ultimo punto l’a. registra una scarsa capacità di incidere da parte del giudice dell’impugnazione, che, per quanto riguarda il giudizio di cassazione, pare essersi accentuata a seguito della modifica da parte del D.L. 83 del 2012 dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., sull’impugnazione per vizio di motivazione. SOMMARIO: 1. Premessa. – 1.1. I fatti e le massime di esperienza. – 1.2. La conoscenza scientifica. – 2. Processo civile e prova scientifica. – 2.1. L’evoluzione storica. – 2.2. Gli ordinamenti continentali. – 2.3. Gli ordinamenti anglosassoni. – 2.4. L’influenza dello scopo del processo. – 3. Talune questioni interessanti. – 3.1. Una carrellata di problemi. – 3.2. Il consulente e i quesiti peritali. – 3.3. La consulenza anche percipiente. – 3.4. Il contraddittorio tecnico. – 3.5. Il sapere utilizzabile. – 3.5.1. Le scienze affidabili. – 3.5.2. La scienza non ufficiale. – 3.5.3. La scienza statistica. – 3.6. La motivazione. – 3.7. Le impugnazioni. – 4. Nota bibliografica.
Le massime d'esperienza e la prova scientifica nel giudizio civile
Eugenio Dalmotto
2018-01-01
Abstract
Il saggio ha ad oggetto il tema delle massime di esperienza e soprattutto quello della prova scientifica nel processo civile. Dopo aver inquadrato l’argomento nella dimensione storica e comparatistica, nonché averlo posto in relazione allo scopo che si attribuisce al processo, l’a. affronta una serie di problemi posti dal ricorso alla prova scientifica. Tra di essi si annovera quello della collaborazione tra il giudice, il consulente e le parti nell’espletamento della perizia, quello del ricorso al consulente non solo per la valutazione ma anche per la ricerca della prova, quello dell’attuazione della garanzia del contraddittorio tecnico. Ulteriori questioni ineriscono poi alla selezione dei saperi specialistici di cui può essere chiesto l’apporto in giudizio e ai limiti del controllo giudiziario sulla decisione che recepisca o si discosti dal risultato di una consulenza tecnica. Su questo ultimo punto l’a. registra una scarsa capacità di incidere da parte del giudice dell’impugnazione, che, per quanto riguarda il giudizio di cassazione, pare essersi accentuata a seguito della modifica da parte del D.L. 83 del 2012 dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., sull’impugnazione per vizio di motivazione. SOMMARIO: 1. Premessa. – 1.1. I fatti e le massime di esperienza. – 1.2. La conoscenza scientifica. – 2. Processo civile e prova scientifica. – 2.1. L’evoluzione storica. – 2.2. Gli ordinamenti continentali. – 2.3. Gli ordinamenti anglosassoni. – 2.4. L’influenza dello scopo del processo. – 3. Talune questioni interessanti. – 3.1. Una carrellata di problemi. – 3.2. Il consulente e i quesiti peritali. – 3.3. La consulenza anche percipiente. – 3.4. Il contraddittorio tecnico. – 3.5. Il sapere utilizzabile. – 3.5.1. Le scienze affidabili. – 3.5.2. La scienza non ufficiale. – 3.5.3. La scienza statistica. – 3.6. La motivazione. – 3.7. Le impugnazioni. – 4. Nota bibliografica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.