L'articolo si concentra sui dubbi espressi dalla più recente giurisprudenza amministrativa in tema di affidamenti "in house" di contratti e servizi pubblici. In particolare si chiede se il diritto europeo osti a una disciplina nazionale che colloca gli stessi affidamenti su un piano subordinato ed eccezionale rispetto agli affidamenti tramite gara e impedisce, in talune circostanze, a una pubblica amministrazione di acquisire una quota di partecipazione in un organismo pluripartecipato da altre amministrazioni. La questione è stata posta dal Consiglio di Stato in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ed è altresì pendente questione di legittimità costituzionale riferita all’obbligo motivazionale imposto alle amministrazioni aggiudicatrici riguardo al mancato ricorso al mercato. Mentre la giurisprudenza amministrativa persevera nell’orientamento rigoroso sulla verifica dei requisiti per l’affidamento diretto, come imposto dalla legislazione nazionale, la risposta delle supreme Corti alla riferita doppia pregiudizialità potrebbe riportare l’istituto alla sua ratio originaria. In questa direzione l'articolo esamina le letture europee del principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche e del principio di sostanziale equivalenza fra le diverse modalità di affidamento e di gestione dei servizi di interesse delle amministrazioni pubbliche. Rileva in chiave critica la diversa impostazione della normativa nazionale (come quella dell’art. 192, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, d.lgs. n. 50/2016) che colloca gli affidamenti in house su un piano subordinato ed eccezionale rispetto agli affidamenti tramite gara di appalto, consentendo tali affidamenti soltanto in caso di dimostrato fallimento del mercato rilevante, nonché imponendo comunque all’amministrazione che intenda operare un affidamento in regìme di delegazione interorganica di fornire una specifica motivazione circa i benefìci per la collettività connessi a tale forma di affidamento. Viene esaminata la disciplina dell'iscrizione all'elenco ANAC dei soggetti in house e delle responsabilità delle amministrazioni aggiudicatrici inadempienti agli obblighi correlati. L'articolo esamina infine il tema del controllo analogo congiunto, fornendo una lettura orientata al rispetto del diritto sovranazionale, in forza della quale non si può privare ab origine un ente pubblico della possibilità di partecipare ad un organismo destinato a svolgere funzioni serventi, ancorché siano successivamente soddisfatti i requisiti del controllo congiunto. Il Testo unico sulle società partecipate, nella disposizione di riferimento, non ha recepito i principi normativi del diritto sovranazionale.

L’ostilità italiana verso gli affidamenti in house (al vaglio della Corte di Giustizia UE e della Corte costituzionale)

Foà
2019-01-01

Abstract

L'articolo si concentra sui dubbi espressi dalla più recente giurisprudenza amministrativa in tema di affidamenti "in house" di contratti e servizi pubblici. In particolare si chiede se il diritto europeo osti a una disciplina nazionale che colloca gli stessi affidamenti su un piano subordinato ed eccezionale rispetto agli affidamenti tramite gara e impedisce, in talune circostanze, a una pubblica amministrazione di acquisire una quota di partecipazione in un organismo pluripartecipato da altre amministrazioni. La questione è stata posta dal Consiglio di Stato in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ed è altresì pendente questione di legittimità costituzionale riferita all’obbligo motivazionale imposto alle amministrazioni aggiudicatrici riguardo al mancato ricorso al mercato. Mentre la giurisprudenza amministrativa persevera nell’orientamento rigoroso sulla verifica dei requisiti per l’affidamento diretto, come imposto dalla legislazione nazionale, la risposta delle supreme Corti alla riferita doppia pregiudizialità potrebbe riportare l’istituto alla sua ratio originaria. In questa direzione l'articolo esamina le letture europee del principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche e del principio di sostanziale equivalenza fra le diverse modalità di affidamento e di gestione dei servizi di interesse delle amministrazioni pubbliche. Rileva in chiave critica la diversa impostazione della normativa nazionale (come quella dell’art. 192, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, d.lgs. n. 50/2016) che colloca gli affidamenti in house su un piano subordinato ed eccezionale rispetto agli affidamenti tramite gara di appalto, consentendo tali affidamenti soltanto in caso di dimostrato fallimento del mercato rilevante, nonché imponendo comunque all’amministrazione che intenda operare un affidamento in regìme di delegazione interorganica di fornire una specifica motivazione circa i benefìci per la collettività connessi a tale forma di affidamento. Viene esaminata la disciplina dell'iscrizione all'elenco ANAC dei soggetti in house e delle responsabilità delle amministrazioni aggiudicatrici inadempienti agli obblighi correlati. L'articolo esamina infine il tema del controllo analogo congiunto, fornendo una lettura orientata al rispetto del diritto sovranazionale, in forza della quale non si può privare ab origine un ente pubblico della possibilità di partecipare ad un organismo destinato a svolgere funzioni serventi, ancorché siano successivamente soddisfatti i requisiti del controllo congiunto. Il Testo unico sulle società partecipate, nella disposizione di riferimento, non ha recepito i principi normativi del diritto sovranazionale.
2019
1
9
26
Contratti della pubblica amministrazione, servizi pubblici, principio di concorrenza, affidamenti in house, rapporti con il diritto dell'Unione europea
Foà
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