Alcuni anni orsono – in coincidenza con l’approvazione del d.l. n. 92/2008 (c.d. “pacchetto sicurezza”), che aveva ampliato notevolmente, in particolare, i presupposti per l’esercizio del potere di ordinanza dei Sindaci di cui all’art. 54 t.u.e.l. – si è assistito ad un fenomeno significativo: la ripetuta violazione del principio di uguaglianza formale da parte di fonti emanate dagli enti territoriali nell’esercizio della potestà normativa loro riconosciuta dalla Costituzione. Oltre alle ordinanze dei Sindaci, ai regolamenti e alle delibere comunali, anche molte leggi regionali – in particolare nelle Regioni del Nord – hanno introdotto delle discriminazioni rilevanti specialmente nei confronti dei “non cittadini” (stranieri extracomunitari, e non solo) residenti nei rispettivi territori, ledendone diritti fondamentali come, per esempio, quello alla salute, all’assistenza sociale, all’istruzione o all’abitazione. Il presente articolo si propone di descrivere questo fenomeno, e le leggi regionali che lo hanno determinato, nei suoi aspetti salienti e a dare conto della – altrettanto significativa – “reazione” della giurisprudenza, che – su iniziativa spesso di associazioni e di altri soggetti collettivi finalizzata specificamente alla tutela dei diritti degli stranieri – ha “sanzionato” le discriminazioni in parola in modi diversi. L’analisi della giurisprudenza costituzionale, in particolare, consente di svolgere alcune riflessioni sul rapporto tra legge regionale, da un lato, e principio di uguaglianza e diritti fondamentali, dall’altro lato, nonché di evidenziare alcune carenze dell’approccio dei legislatori regionali alla problematica dei diritti, anche in chiave di possibile riforma dell’assetto costituzionale.

Leggi regionali e violazione del principio di uguaglianza. Le discriminazioni verso i non cittadini operate dalle leggi regionali.

G. SOBRINO
2019-01-01

Abstract

Alcuni anni orsono – in coincidenza con l’approvazione del d.l. n. 92/2008 (c.d. “pacchetto sicurezza”), che aveva ampliato notevolmente, in particolare, i presupposti per l’esercizio del potere di ordinanza dei Sindaci di cui all’art. 54 t.u.e.l. – si è assistito ad un fenomeno significativo: la ripetuta violazione del principio di uguaglianza formale da parte di fonti emanate dagli enti territoriali nell’esercizio della potestà normativa loro riconosciuta dalla Costituzione. Oltre alle ordinanze dei Sindaci, ai regolamenti e alle delibere comunali, anche molte leggi regionali – in particolare nelle Regioni del Nord – hanno introdotto delle discriminazioni rilevanti specialmente nei confronti dei “non cittadini” (stranieri extracomunitari, e non solo) residenti nei rispettivi territori, ledendone diritti fondamentali come, per esempio, quello alla salute, all’assistenza sociale, all’istruzione o all’abitazione. Il presente articolo si propone di descrivere questo fenomeno, e le leggi regionali che lo hanno determinato, nei suoi aspetti salienti e a dare conto della – altrettanto significativa – “reazione” della giurisprudenza, che – su iniziativa spesso di associazioni e di altri soggetti collettivi finalizzata specificamente alla tutela dei diritti degli stranieri – ha “sanzionato” le discriminazioni in parola in modi diversi. L’analisi della giurisprudenza costituzionale, in particolare, consente di svolgere alcune riflessioni sul rapporto tra legge regionale, da un lato, e principio di uguaglianza e diritti fondamentali, dall’altro lato, nonché di evidenziare alcune carenze dell’approccio dei legislatori regionali alla problematica dei diritti, anche in chiave di possibile riforma dell’assetto costituzionale.
2019
1/2019
2
47
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Costituzione, uguaglianza, legge regionale, giudici, Corte Costituzionale
G. SOBRINO
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