I rari ma qualificati studiosi della servitù volontaria non si sono interessati ad Aldous Huxley. Forse perché c’è ben poco di volontario nella sottomissione degli Epsilon, procreati in provetta per essere il gradino più basso della scala produttiva e sociale di Brave New World, condizionati per aborrire i fiori e la natura, lo svago e i libri, geneticamente e psicologicamente manipolati per essere schiavi subumani contenti. Così come c’è assai poco di volontario nelle sale di “predestinazione sociale”, “di condizionamento neo-pavloviano”, nel “collegio di ingegneria emotiva” e nel processo ipnopedico a cui ognuno degli abitanti del mondo nuovo viene sistematicamente sottoposto. L’aspetto più paradossale della nozione di servitù volontaria, quello che fa appunto perno sull’idea della volontarietà nell’atto della sottomissione, pare insomma assente dalla società di Brave New World. Eppure, in un’ipotetica galleria dei pensatori della servitù volontaria, a fianco dei ritratti di Etienne de la Boétie e di Fedor Dostoevskij, quello di Aldous Huxley non sarebbe certamente mal collocato. Se è vero che al cuore della paradossale nozione di servitù volontaria sta il nesso fra potere e sottomissione, gli arcana del dominio ma anche il ruolo attivo dei servi volontari, allora Huxley rientra a buon diritto fra quegli autori che hanno fatto propria la nozione di servitù volontaria (con il suo inevitabile carico di pessimismo) “per descrivere fenomeni reali”. La multiforme riflessione di Huxley resta, infatti, sospesa tra l’indagine sulle leve del dominio e l’esplorazione della fatica della libertà, tra la denuncia dei pericoli dell’asservimento (in forme sempre nuove e sfuggenti) e la consapevolezza della tentazione della servitù, di cui la desolante vicenda evolutiva del dodo rappresenta, come si vedrà, la suggestiva metafora.
Aimhé ci siamo dimenticati del Dodo. Asservimento e servitù volontaria in Aldous Huxley
M. Ceretta
2019-01-01
Abstract
I rari ma qualificati studiosi della servitù volontaria non si sono interessati ad Aldous Huxley. Forse perché c’è ben poco di volontario nella sottomissione degli Epsilon, procreati in provetta per essere il gradino più basso della scala produttiva e sociale di Brave New World, condizionati per aborrire i fiori e la natura, lo svago e i libri, geneticamente e psicologicamente manipolati per essere schiavi subumani contenti. Così come c’è assai poco di volontario nelle sale di “predestinazione sociale”, “di condizionamento neo-pavloviano”, nel “collegio di ingegneria emotiva” e nel processo ipnopedico a cui ognuno degli abitanti del mondo nuovo viene sistematicamente sottoposto. L’aspetto più paradossale della nozione di servitù volontaria, quello che fa appunto perno sull’idea della volontarietà nell’atto della sottomissione, pare insomma assente dalla società di Brave New World. Eppure, in un’ipotetica galleria dei pensatori della servitù volontaria, a fianco dei ritratti di Etienne de la Boétie e di Fedor Dostoevskij, quello di Aldous Huxley non sarebbe certamente mal collocato. Se è vero che al cuore della paradossale nozione di servitù volontaria sta il nesso fra potere e sottomissione, gli arcana del dominio ma anche il ruolo attivo dei servi volontari, allora Huxley rientra a buon diritto fra quegli autori che hanno fatto propria la nozione di servitù volontaria (con il suo inevitabile carico di pessimismo) “per descrivere fenomeni reali”. La multiforme riflessione di Huxley resta, infatti, sospesa tra l’indagine sulle leve del dominio e l’esplorazione della fatica della libertà, tra la denuncia dei pericoli dell’asservimento (in forme sempre nuove e sfuggenti) e la consapevolezza della tentazione della servitù, di cui la desolante vicenda evolutiva del dodo rappresenta, come si vedrà, la suggestiva metafora.File | Dimensione | Formato | |
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