Il contributo analizza il tardivo intervento normativo (legge n. 3 del 2018) con il quale è stato introdotto il parametro “genere” nella medicina, declinandolo nella sperimentazione clinica dei farmaci, nella definizione di percorsi diagnostico-terapeutici e formativi per studenti e professionisti della salute e nella disseminazione alla popolazione. In attuazione di tale legge, il 13 giugno 2019 il Ministro della Salute ha approvato il Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere sul territorio nazionale. Si tratta di un atto amministrativo generale che deve garantire la tutela di un diritto fondamentale. Lo scritto si interroga sulla possibile violazione del principio di uguaglianza per la prestazione di un trattamento omogeneo e indistinto nella prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, laddove questo richiede per le donne valutazioni e risposte diverse. Nel caso in esame sembra che la questione non riguardi la classificazione del diritto alla salute in sé considerata, quanto piuttosto la relativa effettività, che impone una diversa organizzazione del servizio pubblico e delle misure serventi, che non possono mancare, pena vanificazione dello stesso diritto, come finalmente previsto dal legislatore. Il contributo inquadra infine la correlata pretesa come obbligo di servizio pubblico e delinea i possibili ambiti di tutela davanti al giudice amministrativo.
La Medicina genere-specifica come obbligo di servizio pubblico.
FOA' SERGIO
2020-01-01
Abstract
Il contributo analizza il tardivo intervento normativo (legge n. 3 del 2018) con il quale è stato introdotto il parametro “genere” nella medicina, declinandolo nella sperimentazione clinica dei farmaci, nella definizione di percorsi diagnostico-terapeutici e formativi per studenti e professionisti della salute e nella disseminazione alla popolazione. In attuazione di tale legge, il 13 giugno 2019 il Ministro della Salute ha approvato il Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere sul territorio nazionale. Si tratta di un atto amministrativo generale che deve garantire la tutela di un diritto fondamentale. Lo scritto si interroga sulla possibile violazione del principio di uguaglianza per la prestazione di un trattamento omogeneo e indistinto nella prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, laddove questo richiede per le donne valutazioni e risposte diverse. Nel caso in esame sembra che la questione non riguardi la classificazione del diritto alla salute in sé considerata, quanto piuttosto la relativa effettività, che impone una diversa organizzazione del servizio pubblico e delle misure serventi, che non possono mancare, pena vanificazione dello stesso diritto, come finalmente previsto dal legislatore. Il contributo inquadra infine la correlata pretesa come obbligo di servizio pubblico e delinea i possibili ambiti di tutela davanti al giudice amministrativo.File | Dimensione | Formato | |
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