“La società ha bisogno di Cassandre.” Nello scritto che apre questa raccolta di saggi, il Premio Nobel per la Letteratura del 1986 ritorna a uno dei suoi temi più cari: il mito e il suo “rapporto elastico con il presente”. La figura dello scrittore viene identificata con Cassandra perché annuncia notizie scomode quando la mente “preferisce limitarsi a quella confortevole routine che è il prodotto della passiva accettazione dell’inaccettabile”. L’autore punta il dito contro il sollevarsi dei fondamentalismi laici e religiosi che, nella loro “nuda ricerca del potere”, hanno martoriato l’ultimo ventennio, cioè proprio il periodo in cui questi saggi sono stati composti. Soyinka ha trascorso questi decenni costantemente in campo per i diritti umani e civili, ma anche scrivendo prosa, poesia, teatro e saggi di tagliente raffinatezza. Tutto ciò lo ha portato spesso a pagare di persona con l’esilio e a rischiare la vita in nome dell’ “umanesimo razionale” e delle sue conquiste, a fronte di innumerevoli degenerazioni che qui lui descrive come un orco pronto a decretare “la morte quale sorte immediata dell’umanità che si interroga.” Con quel lirismo vetriolico che caratterizza tutta la sua opera, i sette saggi di questo volume, composti in varie occasioni, gettano sguardi illuminanti su vari argomenti. Nel secondo contributo Soyinka si concentra sul concetto di ‘civiltà’ e ne smonta gli auto-proclamati criteri che dovrebbero caratterizzarla (monumenti, religione, scrittura) e che troppo spesso hanno decretato l’inciviltà di culture non-occidentali come quelle africane, disumanizzandole. Ci sono poi due saggi sulla schiavitù, che ne mettono a fuoco sia il passato sia il presente: la cattiva coscienza della Gran Bretagna, la tratta poco conosciuta che ha coinvolto l’Oceano Indiano, e infine nuove forme di schiavitù come i matrimoni forzati e “la pedofilia giustificata da argomentazioni teocratiche”. Senza mezzi termini, l’autore identifica nel fondamentalismo religioso il nuovo volto della tratta: “negare questa realtà equivale a un tradimento intellettuale.” Questa tragedia viene affrontata da Soyinka anche nel suo recente poema Ode laica per Chibok e Leah (Jaca 2019, a cura di Alessandra Di Maio, con testo a fronte). In quei versi come in questi saggi, Soyinka non teme di vestire i panni di Cassandra contro gli orrori dei nostri tempi e della Storia. Il suo lucido scherno è rivolto, ad esempio, contro gli intellettuali che, in nome di un certo nazionalismo (pan)africano, negano recisamente le complicità africane nella tratta transatlantica. E nell’ultimo saggio, “Il sogno del Rinascimento”, scruta nell’agghiacciante fenomeno dei bambini-soldato in Africa per esaminarne la genesi e mettere a confronto le terapie di recupero di matrice occidentale con quelle d’ispirazione locale. I vari temi toccati dal volume includono le vulcaniche e grandguignolesche vicende politiche della Nigeria. Qui purtroppo il lettore italiano viene un po’ abbandonato in un labirinto di riferimenti e mezze allusioni, con un’assenza di apparati che lascia perplessi. Jaca Book merita certamente un’ode soyinkiana per come sta coprendo la produzione incessante dell’autore, con ristampe di vecchie opere e nuove lodevoli traduzioni come questa. Per quale motivo, allora, fermarsi all’ultimo chilometro?
Umanesimo razionale
Deandrea Pietro
2020-01-01
Abstract
“La società ha bisogno di Cassandre.” Nello scritto che apre questa raccolta di saggi, il Premio Nobel per la Letteratura del 1986 ritorna a uno dei suoi temi più cari: il mito e il suo “rapporto elastico con il presente”. La figura dello scrittore viene identificata con Cassandra perché annuncia notizie scomode quando la mente “preferisce limitarsi a quella confortevole routine che è il prodotto della passiva accettazione dell’inaccettabile”. L’autore punta il dito contro il sollevarsi dei fondamentalismi laici e religiosi che, nella loro “nuda ricerca del potere”, hanno martoriato l’ultimo ventennio, cioè proprio il periodo in cui questi saggi sono stati composti. Soyinka ha trascorso questi decenni costantemente in campo per i diritti umani e civili, ma anche scrivendo prosa, poesia, teatro e saggi di tagliente raffinatezza. Tutto ciò lo ha portato spesso a pagare di persona con l’esilio e a rischiare la vita in nome dell’ “umanesimo razionale” e delle sue conquiste, a fronte di innumerevoli degenerazioni che qui lui descrive come un orco pronto a decretare “la morte quale sorte immediata dell’umanità che si interroga.” Con quel lirismo vetriolico che caratterizza tutta la sua opera, i sette saggi di questo volume, composti in varie occasioni, gettano sguardi illuminanti su vari argomenti. Nel secondo contributo Soyinka si concentra sul concetto di ‘civiltà’ e ne smonta gli auto-proclamati criteri che dovrebbero caratterizzarla (monumenti, religione, scrittura) e che troppo spesso hanno decretato l’inciviltà di culture non-occidentali come quelle africane, disumanizzandole. Ci sono poi due saggi sulla schiavitù, che ne mettono a fuoco sia il passato sia il presente: la cattiva coscienza della Gran Bretagna, la tratta poco conosciuta che ha coinvolto l’Oceano Indiano, e infine nuove forme di schiavitù come i matrimoni forzati e “la pedofilia giustificata da argomentazioni teocratiche”. Senza mezzi termini, l’autore identifica nel fondamentalismo religioso il nuovo volto della tratta: “negare questa realtà equivale a un tradimento intellettuale.” Questa tragedia viene affrontata da Soyinka anche nel suo recente poema Ode laica per Chibok e Leah (Jaca 2019, a cura di Alessandra Di Maio, con testo a fronte). In quei versi come in questi saggi, Soyinka non teme di vestire i panni di Cassandra contro gli orrori dei nostri tempi e della Storia. Il suo lucido scherno è rivolto, ad esempio, contro gli intellettuali che, in nome di un certo nazionalismo (pan)africano, negano recisamente le complicità africane nella tratta transatlantica. E nell’ultimo saggio, “Il sogno del Rinascimento”, scruta nell’agghiacciante fenomeno dei bambini-soldato in Africa per esaminarne la genesi e mettere a confronto le terapie di recupero di matrice occidentale con quelle d’ispirazione locale. I vari temi toccati dal volume includono le vulcaniche e grandguignolesche vicende politiche della Nigeria. Qui purtroppo il lettore italiano viene un po’ abbandonato in un labirinto di riferimenti e mezze allusioni, con un’assenza di apparati che lascia perplessi. Jaca Book merita certamente un’ode soyinkiana per come sta coprendo la produzione incessante dell’autore, con ristampe di vecchie opere e nuove lodevoli traduzioni come questa. Per quale motivo, allora, fermarsi all’ultimo chilometro?I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.