È dell’anno scorso il lancio su alcuni mercati dell’Unicornetto Algida, seducente cono glitterato che si promette, in qualche misura, al sapore di unicorno. Pare che, nonostante le aspettative aperte dal rassicurante sito www.bigodino.it, il gelato sinestesico (più che di unicorno saprebbe infatti della magia di cui esso è portatore) sino ad adesso non sia sbarcato sul suolo italiano. Non di molto tempo prima sono le notizie inquietanti di un sadico gioco online, la cosiddetta Blue Whale, narrata con fare catastrofico da molti media come una specie di versione reale, eppure espletata nel presunto dominio del virtuale (Internet? Il pc? Lo schermo?), di Saw – L’enigmista o simili film. Oggi l’emergenza, da REDCON-1 quale appariva, sembra rientrata. Nemmeno poi così datato è il visionario esperimento Second Livestock (https://www.secondlivestock.com/), secondo il quale è possibile sopperire ai supplizi degli allevamenti intensivi equipaggiando i polli da batteria con visori in stile Oculus Rift, cosicché si pensino (e quindi siano?) razzolanti all’aria aperta. Fino ad ora tuttavia il progetto sembra restare niente più che una goliardata accademica. Cosa hanno in comune questi fenomeni? In primis, condizione accessoria (varrebbe lo stesso, ma non possiamo dilungarci, per il fiorente mercato delle bacchette magiche a caro prezzo che ci “trasportano” da o verso l’universo di Harry Potter, o per l’utilizzo di Game of Thrones per un manifesto propagandistico di Giorgia Meloni), hanno a che fare con un universo che se non è esplicitamente animalesco rimane senz’altro “animaloide”, e cioè parassita dal mondo animale naturale alcuni tratti distintivi per farli propri; secondariamente, condizione necessaria, sono tutti fenomeni che mettono in crisi l’idea stessa del virtuale come ontologia in opposizione al reale; infine, condizione suppletiva ma assai frequente, sono casi di interpolazione fra immaginario, spesso cinematografico, e mondo “vero”. La cifra della contemporaneità postmediale è difatti l’assottigliamento progressivo del confine fra i due orizzonti epistemici. La coppia reale/virtuale si configura come la degenerazione totalitaria del binomio osservatore-rappresentazione, il quale è oggi programmaticamente smantellato in forza della sempre più consistente e inarrestabile incursione dell’immaginario nel quotidiano. In un mondo di cacciatori di Pokémon con uno smartphone, così entusiasti alle volte da lasciarci la vita, di investigatori dell’occulto, teorici e ideologi del complotto, e persone sbranate da leoni “domestici”, convinti forse che questi – come il bimbo di cui parla Eco divorato da un orso a Central Park perché vi vedeva Teddy Bear – abbraccino comunemente le persone (YouTube ne è pieno), c’è da ipotizzare che la sovrapposizione sia ormai definitiva, e che forse, nell’era in cui il vero e il falso sono stati scalzati dal verosimile, il tema sia che è il reale a non esistere.
Unicorni, unicornetti e altre obiezioni alla mitopoiesi della realtà virtuale
Bruno Surace
2020-01-01
Abstract
È dell’anno scorso il lancio su alcuni mercati dell’Unicornetto Algida, seducente cono glitterato che si promette, in qualche misura, al sapore di unicorno. Pare che, nonostante le aspettative aperte dal rassicurante sito www.bigodino.it, il gelato sinestesico (più che di unicorno saprebbe infatti della magia di cui esso è portatore) sino ad adesso non sia sbarcato sul suolo italiano. Non di molto tempo prima sono le notizie inquietanti di un sadico gioco online, la cosiddetta Blue Whale, narrata con fare catastrofico da molti media come una specie di versione reale, eppure espletata nel presunto dominio del virtuale (Internet? Il pc? Lo schermo?), di Saw – L’enigmista o simili film. Oggi l’emergenza, da REDCON-1 quale appariva, sembra rientrata. Nemmeno poi così datato è il visionario esperimento Second Livestock (https://www.secondlivestock.com/), secondo il quale è possibile sopperire ai supplizi degli allevamenti intensivi equipaggiando i polli da batteria con visori in stile Oculus Rift, cosicché si pensino (e quindi siano?) razzolanti all’aria aperta. Fino ad ora tuttavia il progetto sembra restare niente più che una goliardata accademica. Cosa hanno in comune questi fenomeni? In primis, condizione accessoria (varrebbe lo stesso, ma non possiamo dilungarci, per il fiorente mercato delle bacchette magiche a caro prezzo che ci “trasportano” da o verso l’universo di Harry Potter, o per l’utilizzo di Game of Thrones per un manifesto propagandistico di Giorgia Meloni), hanno a che fare con un universo che se non è esplicitamente animalesco rimane senz’altro “animaloide”, e cioè parassita dal mondo animale naturale alcuni tratti distintivi per farli propri; secondariamente, condizione necessaria, sono tutti fenomeni che mettono in crisi l’idea stessa del virtuale come ontologia in opposizione al reale; infine, condizione suppletiva ma assai frequente, sono casi di interpolazione fra immaginario, spesso cinematografico, e mondo “vero”. La cifra della contemporaneità postmediale è difatti l’assottigliamento progressivo del confine fra i due orizzonti epistemici. La coppia reale/virtuale si configura come la degenerazione totalitaria del binomio osservatore-rappresentazione, il quale è oggi programmaticamente smantellato in forza della sempre più consistente e inarrestabile incursione dell’immaginario nel quotidiano. In un mondo di cacciatori di Pokémon con uno smartphone, così entusiasti alle volte da lasciarci la vita, di investigatori dell’occulto, teorici e ideologi del complotto, e persone sbranate da leoni “domestici”, convinti forse che questi – come il bimbo di cui parla Eco divorato da un orso a Central Park perché vi vedeva Teddy Bear – abbraccino comunemente le persone (YouTube ne è pieno), c’è da ipotizzare che la sovrapposizione sia ormai definitiva, e che forse, nell’era in cui il vero e il falso sono stati scalzati dal verosimile, il tema sia che è il reale a non esistere.File | Dimensione | Formato | |
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