Ragionare come se la digitalizzazione fosse data è un approccio che permette di guardare all’innovazione tecnologica, cogliendo il rapporto di reciproco complemento tra diritto e scienza. L’atto amministrativo algoritmico è un punto di vista di questa complementarietà, che obbliga i teorici ad una rivisitazione delle tradizionali categorie giuridiche e a una lettura “tecnologicamente orientata” della normativa esistente, senza perciò negare che una cultura amministrativa si rivela imprescindibile nel definire i limiti di validità che l’algoritmo deve rispettare nell’elaborazione della decisione. La tesi di fondo è che una lettura congiunta della disciplina italiana sul procedimento amministrativo e di quella europea sul trattamento dei dati impone che, ove lo richieda anche un solo interessato, l’esito della decisione dell’algoritmo debba essere rivisitata in contraddittorio tra tutti i partecipi al procedimento, confermando la decisione automatica, oppure decidendo diversamente ma al tempo stesso disponendo la correzione dell’algoritmo: modificandone la casistica o i pesi assegnati ad essi. Ciò consente di superare le critiche sull’opacità e sull’assenza di motivazione degli algoritmi, valorizzando la partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo. L’aumentata prevedibilità delle decisioni e l’agevole identificazione di “ingiustizie gravi e manifeste” di un simile modo di amministrare a carattere sistemico, garantirebbero un positivo effetto sia in termini di aumentata capacità d’amministrazione, sia di maggior capacità valutativa della legittimità dell’azione amministrativa.

Ragionando come se la digitalizzazione fosse data

cavallo perin
2020-01-01

Abstract

Ragionare come se la digitalizzazione fosse data è un approccio che permette di guardare all’innovazione tecnologica, cogliendo il rapporto di reciproco complemento tra diritto e scienza. L’atto amministrativo algoritmico è un punto di vista di questa complementarietà, che obbliga i teorici ad una rivisitazione delle tradizionali categorie giuridiche e a una lettura “tecnologicamente orientata” della normativa esistente, senza perciò negare che una cultura amministrativa si rivela imprescindibile nel definire i limiti di validità che l’algoritmo deve rispettare nell’elaborazione della decisione. La tesi di fondo è che una lettura congiunta della disciplina italiana sul procedimento amministrativo e di quella europea sul trattamento dei dati impone che, ove lo richieda anche un solo interessato, l’esito della decisione dell’algoritmo debba essere rivisitata in contraddittorio tra tutti i partecipi al procedimento, confermando la decisione automatica, oppure decidendo diversamente ma al tempo stesso disponendo la correzione dell’algoritmo: modificandone la casistica o i pesi assegnati ad essi. Ciò consente di superare le critiche sull’opacità e sull’assenza di motivazione degli algoritmi, valorizzando la partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo. L’aumentata prevedibilità delle decisioni e l’agevole identificazione di “ingiustizie gravi e manifeste” di un simile modo di amministrare a carattere sistemico, garantirebbero un positivo effetto sia in termini di aumentata capacità d’amministrazione, sia di maggior capacità valutativa della legittimità dell’azione amministrativa.
2020
2/2020
305
328
digitalizzazione, atti amministrativi, algoritmo
cavallo perin
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