Il ritrovamento di un Cristo portacroce di Niccolò Musso, verosimilmente documentato tra i suoi beni dopo la morte, permette, grazie alla stretta relazione con il celebre dipinto di analogo soggetto conservato alla Galleria Sabauda di Torino, di verificare le scelte del pittore di Casale in due momenti diversi della sua carriera artistica: l’adesione caravaggesca più sentita nel dipinto della Sabauda (1610-1615) lascia campo, nel nuovo esemplare eseguito negli anni dell’estrema maturità del pittore (1620-1625), a una prova di devozione pacata, meno drammatica, perfettamente in linea con la cultura piemontese e lombarda di quegli anni, segnata dagli esempi di Moncalvo e di Daniele Crespi.

Un Cristo portacroce di Nicolò Musso

Morandotti, Alessandro
2020-01-01

Abstract

Il ritrovamento di un Cristo portacroce di Niccolò Musso, verosimilmente documentato tra i suoi beni dopo la morte, permette, grazie alla stretta relazione con il celebre dipinto di analogo soggetto conservato alla Galleria Sabauda di Torino, di verificare le scelte del pittore di Casale in due momenti diversi della sua carriera artistica: l’adesione caravaggesca più sentita nel dipinto della Sabauda (1610-1615) lascia campo, nel nuovo esemplare eseguito negli anni dell’estrema maturità del pittore (1620-1625), a una prova di devozione pacata, meno drammatica, perfettamente in linea con la cultura piemontese e lombarda di quegli anni, segnata dagli esempi di Moncalvo e di Daniele Crespi.
2020
71
73
Caravaggio, Tanzio da Varallo, Bartolomeo Manfredi, Orazio Gentileschi, Giuseppe Vermiglio, Jusepe de Ribera, Daniele Crespi, Bernardino Luini, Torino, Galleria Sabauda, Casale Monferrato, Valsesia, Pier Francesco Gianoli, Evangelista Martinotti
Morandotti, Alessandro
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