La conoscenza della produzione romana di Francesco Natale Juvarra è rimasta circoscritta al preziosissimo ostensorio realizzato nel 1745 per Sant’Agnese in Agone in collaborazione con l’incastonatore di gemme Gaetano Gelpi su incarico del principe Camillo Pamphilj. A partire dalla base dell’ostensorio, sopravvissuta alle dispersioni napoleoniche, ho rintracciato un nucleo di prestigiose opere di oreficeria qui riferite all’attività dell’argentieri messinese. Si tratta di placche in argento, bronzo dorato e lapislazzuli – i tre materiali identificativi dell’oreficeria romana – incornicianti bassorilievi figurati in argento. Un genere esclusivo di dono diplomatico cui fanno infatti riferimento testimonianze documentarie relative a prestigiose commissioni di sovrani e principi d’Europa, mentre le fonti notarili descrivono nella eredità dell’argentiere “Quattro quadri d’argento con basso rilievo rapp.ti uno l’Immacolata Concezione, altro S. Gio: B.a, altro la gloria di alcuni Putti, e l’altro la Fuga d’Egitto”. Tali soggetti si ritrovano nelle placche identificate rispettivamente al Getty Museum, Metropolitan Museum of Art, Anglesey Abbey e nelle collezioni dei Savoia, cui è stata accostata, per affinità stilistica, una coppia di cornici in argento e bronzo dorato in una collezione parigina. La serie delle oreficerie qui radunate si colloca ai vertici della produzione nella scultura decorativa poco prima della metà del Settecento, portando allo scoperto l’autorevolezza di gusto di una personalità rappresentativa della generazione dei maestri dell’oreficeria romana tra Giardini e Valadier.
Filippo e Francesco Juvarra: disegni per argenti e oreficerie romane (II)
Giuseppe Dardanello
2019-01-01
Abstract
La conoscenza della produzione romana di Francesco Natale Juvarra è rimasta circoscritta al preziosissimo ostensorio realizzato nel 1745 per Sant’Agnese in Agone in collaborazione con l’incastonatore di gemme Gaetano Gelpi su incarico del principe Camillo Pamphilj. A partire dalla base dell’ostensorio, sopravvissuta alle dispersioni napoleoniche, ho rintracciato un nucleo di prestigiose opere di oreficeria qui riferite all’attività dell’argentieri messinese. Si tratta di placche in argento, bronzo dorato e lapislazzuli – i tre materiali identificativi dell’oreficeria romana – incornicianti bassorilievi figurati in argento. Un genere esclusivo di dono diplomatico cui fanno infatti riferimento testimonianze documentarie relative a prestigiose commissioni di sovrani e principi d’Europa, mentre le fonti notarili descrivono nella eredità dell’argentiere “Quattro quadri d’argento con basso rilievo rapp.ti uno l’Immacolata Concezione, altro S. Gio: B.a, altro la gloria di alcuni Putti, e l’altro la Fuga d’Egitto”. Tali soggetti si ritrovano nelle placche identificate rispettivamente al Getty Museum, Metropolitan Museum of Art, Anglesey Abbey e nelle collezioni dei Savoia, cui è stata accostata, per affinità stilistica, una coppia di cornici in argento e bronzo dorato in una collezione parigina. La serie delle oreficerie qui radunate si colloca ai vertici della produzione nella scultura decorativa poco prima della metà del Settecento, portando allo scoperto l’autorevolezza di gusto di una personalità rappresentativa della generazione dei maestri dell’oreficeria romana tra Giardini e Valadier.File | Dimensione | Formato | |
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