Nella prospettiva di ricerca di intelligenze figurative in grado di configurare una immagine al passo con le ambizioni politiche della Dinastia sabauda, dagli anni settanta del Seicento Torino si offre come un luogo favorevole al confronto sperimentale che coinvolge artisti legati a ordini religiosi, Guarino Guarini e Andrea Pozzo, pittori di cultura genovese, lombarda e romana, Bartolomeo Guidobono, Stefano Maria Legnani, Daniel Syter. Nei cantieri decorativi della città, l’incontro degli stuccatori luganesi con pittori di varia geografia culturale favorisce una sensibile accelerazione di gusto: una dissoluzione metamorfica e corrosiva, suggestionata dalla malleabilità della materia, che avrà delle conseguenze decisive sul più autorevole interprete della rocaille, Juste-Aurèle Meissonier, allora giovane in formazione a Torino che lasciava nel 1715 per raggiungere Parigi. Quella non preordinata congiuntura di scambio e libertà interpretativa, con la nomina di Filippo Juvarra a primo architetto regio nel 1714 sarà in breve messa a regime attraverso il filtro dirimente del disegno, agente e il veicolo primario dell’operazione di travaso culturale Roma-Torino con cui l’architetto trasformò la Capitale sabauda nel cantiere della città moderna. Nei vent’anni di attività torinese (1714-1735), Juvarra utilizzò sapientemente le occasioni di intervento negli appartamenti regi e nei progetti degli altari per allestire una straordinaria esposizione di arte contemporanea. La scelta di mettere a confronto i dipinti dei più rilevanti maestri romani, veneziani, napoletani, bolognesi, fu pilotata dall’architetto sulla base di una consapevole nozione della realtà figurativa italiana che si riconosceva nelle esperienze delle “scuole pittoriche”. Il programma a lungo coltivato a Torino, espressione di una aggiornata coscienza critica dell’esperienza della storia dell’arte in Italia, sarà espressamente dichiarato nel 1735, al momento di progettare per Filippo V alla Granja di San Ildefonso una galleria «di tutte le scole d’Italia», o «delle maniere italiane».
Varia experimenta. L’immaginario visivo per la configurazione della Torino moderna
Giuseppe Dardanello
2020-01-01
Abstract
Nella prospettiva di ricerca di intelligenze figurative in grado di configurare una immagine al passo con le ambizioni politiche della Dinastia sabauda, dagli anni settanta del Seicento Torino si offre come un luogo favorevole al confronto sperimentale che coinvolge artisti legati a ordini religiosi, Guarino Guarini e Andrea Pozzo, pittori di cultura genovese, lombarda e romana, Bartolomeo Guidobono, Stefano Maria Legnani, Daniel Syter. Nei cantieri decorativi della città, l’incontro degli stuccatori luganesi con pittori di varia geografia culturale favorisce una sensibile accelerazione di gusto: una dissoluzione metamorfica e corrosiva, suggestionata dalla malleabilità della materia, che avrà delle conseguenze decisive sul più autorevole interprete della rocaille, Juste-Aurèle Meissonier, allora giovane in formazione a Torino che lasciava nel 1715 per raggiungere Parigi. Quella non preordinata congiuntura di scambio e libertà interpretativa, con la nomina di Filippo Juvarra a primo architetto regio nel 1714 sarà in breve messa a regime attraverso il filtro dirimente del disegno, agente e il veicolo primario dell’operazione di travaso culturale Roma-Torino con cui l’architetto trasformò la Capitale sabauda nel cantiere della città moderna. Nei vent’anni di attività torinese (1714-1735), Juvarra utilizzò sapientemente le occasioni di intervento negli appartamenti regi e nei progetti degli altari per allestire una straordinaria esposizione di arte contemporanea. La scelta di mettere a confronto i dipinti dei più rilevanti maestri romani, veneziani, napoletani, bolognesi, fu pilotata dall’architetto sulla base di una consapevole nozione della realtà figurativa italiana che si riconosceva nelle esperienze delle “scuole pittoriche”. Il programma a lungo coltivato a Torino, espressione di una aggiornata coscienza critica dell’esperienza della storia dell’arte in Italia, sarà espressamente dichiarato nel 1735, al momento di progettare per Filippo V alla Granja di San Ildefonso una galleria «di tutte le scole d’Italia», o «delle maniere italiane».File | Dimensione | Formato | |
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