Dopo la seconda guerra mondiale il sistema bancario italiano venne messo alla prova nei suoi assetti regolamentari e funzionali, così come erano stati definiti negli anni della grande depressione, in un contesto macroeconomico nuovo, segnato, dopo la ricostruzione, da alti tassi di crescita del reddito. La legge bancaria del 1936 rappresentava un quadro normativo concepito con l’obiettivo di ridurre l’instabilità del sistema finanziario e assicurare crescita in condizioni di stabilità. I principi fondamentali, peraltro comuni ad altri sistemi, prevedevano la specializzazione del credito, per scadenze tem-porali, così da superare i classici problemi di maturity mismatch, la segmentazione funzionale del sistema, la separazione delle banche dalle imprese industriali in termini di partecipazione azionaria, la creazione di un mercato obbligazionario parapubblico. Quel quadro normativo si prestava a interventi di correzione e integrazione che ne consentissero un adattamento alle condizioni macroeconomiche di un’economia che si riapriva alle relazioni internazionali. La stagflazione, con il deterioramento dei conti delle imprese, mise in difficoltà l’architettura costruita sino a quel momento, come fu posto in evidenza dal governatore della Banca d’Italia Guido Carli. Emersero le inefficienze allocative che si erano cumulate all’interno della struttura dell’intermediazione creditizia, riassunte nella “doppia intermediazione” affermatasi nella prima metà degli anni settanta. Il modello di intermediazione, definitosi negli anni sessanta e rapidamente degenerato in presenza di calo della crescita e variazioni dei prezzi e dei tassi, non si prestava a finanziare un’economia relativamente matura, bisognosa di un sistema bancario capace di selezionare efficientemente imprese e progetti di investimento. Le pressioni interne e i “vincoli esterni” che si riaffacciarono negli anni settanta posero perciò in moto un pro-cesso di riforme graduali, riorientando gli obiettivi delle autorità centrali sino alla riforma maggiore dei primi anni novanta e alle successive privatizzazioni. Le fonti di mutamento nella struttura del sistema bancario si possono analiticamente individuare in tre aree: i) la normativa fu ampiamente integrata, dai primissimi anni cinquanta, da ripetuti interventi legislativi che allargarono l’area degli istituti di credito speciale e introdussero forme di credito agevolato, innescandosi dalla fine degli anni settanta fattori di inversione della tendenza; ii) l’azione regolativa della Banca d’Italia tese a promuovere, soprattutto negli anni del governatorato di Donato Menichella (1947-1960), il riequilibrio del sistema bancario favorendo la crescita delle componenti locali (le banche popolari e le casse di risparmio) e degli istituti di diritto pubblici a discapito delle grandi banche di interesse nazionale; quell’orientamento fu rivisto durante gli anni ottanta, quando una maggiore concorrenza del sistema fu gradualmente as-sunto quale obiettivo e strumento dell’azione dell’autorità monetaria; iii) le dinamiche interne al sistema rafforzarono alcune tendenze sostenute dalle autorità centrali, concor-rendo a ridurre il tasso di concentrazione, sino all’avvio della stagione delle riforme degli anni ottanta. La struttura bancaria appare quindi procedere, in termini di evoluzione, lungo tre ampie campate, in cui i mutamenti inizialmente soprattutto di origine interna sono progressivamente sostituiti da fattori esterni di cambiamento, in progressione con la riconfigurazione dell’economia e delle istituzioni formali italiani all’interno del sistema regionale europeo di appartenenza. La prima campata, coincidente con il governatorato Menichella, appare segnata da un livello relativamente discreto di coerenza del modello emergenze dopo la ricostruzione con quello originariamente disegnato negli anni trenta, in cui gli obiettivi di crescita mediante accumulazione di risparmio e investimenti in condizioni di stabilità sono accompagnati da interventi micro di valorizzazione delle componenti locali del sistema. La seconda campata, sostanzialmente coincidente con il governatorato Carli, si apre con l’avvio di politiche economiche di intervento pubblico, temperate dalla decisione della Banca d’Italia di adottare una politica monetaria espansiva, compatibile con lo sviluppo del credito in termini quantitativi, meno in termini di qualità della selezione del merito, da cui derivò l’espansione del mercato delle obbligazioni pubbliche e la caduta funzionale del mercato azionario. La terza campata, tratteggiata dal governatore Paolo Baffi alla fine degli anni settanta e compiuta dal governatore Carlo Azeglio Ciampi nel seguente decennio, è marcata dalle progressive riforme del sistema, in cui una politica monetaria rigorosa tende a ridefinire i vincoli operativi per gli intermediari e per la stessa domanda. Il saggio pone in evidenza non solo la ratio degli interventi regolativi della Banca d’Italia e dell’azione normativa del legislatore, quali fattori istituzionali di dinamica del sistema, ma anche le spinte provenienti dal sistema bancario stesso, attraverso l’individuazione di soggetti giuridici, banche, e fisici, banchieri, che appaiono rappresentativi di tendenze e stili di lavoro.
Banche, regolamentazione e politiche economiche (1946-1990)
Piluso G.
2011-01-01
Abstract
Dopo la seconda guerra mondiale il sistema bancario italiano venne messo alla prova nei suoi assetti regolamentari e funzionali, così come erano stati definiti negli anni della grande depressione, in un contesto macroeconomico nuovo, segnato, dopo la ricostruzione, da alti tassi di crescita del reddito. La legge bancaria del 1936 rappresentava un quadro normativo concepito con l’obiettivo di ridurre l’instabilità del sistema finanziario e assicurare crescita in condizioni di stabilità. I principi fondamentali, peraltro comuni ad altri sistemi, prevedevano la specializzazione del credito, per scadenze tem-porali, così da superare i classici problemi di maturity mismatch, la segmentazione funzionale del sistema, la separazione delle banche dalle imprese industriali in termini di partecipazione azionaria, la creazione di un mercato obbligazionario parapubblico. Quel quadro normativo si prestava a interventi di correzione e integrazione che ne consentissero un adattamento alle condizioni macroeconomiche di un’economia che si riapriva alle relazioni internazionali. La stagflazione, con il deterioramento dei conti delle imprese, mise in difficoltà l’architettura costruita sino a quel momento, come fu posto in evidenza dal governatore della Banca d’Italia Guido Carli. Emersero le inefficienze allocative che si erano cumulate all’interno della struttura dell’intermediazione creditizia, riassunte nella “doppia intermediazione” affermatasi nella prima metà degli anni settanta. Il modello di intermediazione, definitosi negli anni sessanta e rapidamente degenerato in presenza di calo della crescita e variazioni dei prezzi e dei tassi, non si prestava a finanziare un’economia relativamente matura, bisognosa di un sistema bancario capace di selezionare efficientemente imprese e progetti di investimento. Le pressioni interne e i “vincoli esterni” che si riaffacciarono negli anni settanta posero perciò in moto un pro-cesso di riforme graduali, riorientando gli obiettivi delle autorità centrali sino alla riforma maggiore dei primi anni novanta e alle successive privatizzazioni. Le fonti di mutamento nella struttura del sistema bancario si possono analiticamente individuare in tre aree: i) la normativa fu ampiamente integrata, dai primissimi anni cinquanta, da ripetuti interventi legislativi che allargarono l’area degli istituti di credito speciale e introdussero forme di credito agevolato, innescandosi dalla fine degli anni settanta fattori di inversione della tendenza; ii) l’azione regolativa della Banca d’Italia tese a promuovere, soprattutto negli anni del governatorato di Donato Menichella (1947-1960), il riequilibrio del sistema bancario favorendo la crescita delle componenti locali (le banche popolari e le casse di risparmio) e degli istituti di diritto pubblici a discapito delle grandi banche di interesse nazionale; quell’orientamento fu rivisto durante gli anni ottanta, quando una maggiore concorrenza del sistema fu gradualmente as-sunto quale obiettivo e strumento dell’azione dell’autorità monetaria; iii) le dinamiche interne al sistema rafforzarono alcune tendenze sostenute dalle autorità centrali, concor-rendo a ridurre il tasso di concentrazione, sino all’avvio della stagione delle riforme degli anni ottanta. La struttura bancaria appare quindi procedere, in termini di evoluzione, lungo tre ampie campate, in cui i mutamenti inizialmente soprattutto di origine interna sono progressivamente sostituiti da fattori esterni di cambiamento, in progressione con la riconfigurazione dell’economia e delle istituzioni formali italiani all’interno del sistema regionale europeo di appartenenza. La prima campata, coincidente con il governatorato Menichella, appare segnata da un livello relativamente discreto di coerenza del modello emergenze dopo la ricostruzione con quello originariamente disegnato negli anni trenta, in cui gli obiettivi di crescita mediante accumulazione di risparmio e investimenti in condizioni di stabilità sono accompagnati da interventi micro di valorizzazione delle componenti locali del sistema. La seconda campata, sostanzialmente coincidente con il governatorato Carli, si apre con l’avvio di politiche economiche di intervento pubblico, temperate dalla decisione della Banca d’Italia di adottare una politica monetaria espansiva, compatibile con lo sviluppo del credito in termini quantitativi, meno in termini di qualità della selezione del merito, da cui derivò l’espansione del mercato delle obbligazioni pubbliche e la caduta funzionale del mercato azionario. La terza campata, tratteggiata dal governatore Paolo Baffi alla fine degli anni settanta e compiuta dal governatore Carlo Azeglio Ciampi nel seguente decennio, è marcata dalle progressive riforme del sistema, in cui una politica monetaria rigorosa tende a ridefinire i vincoli operativi per gli intermediari e per la stessa domanda. Il saggio pone in evidenza non solo la ratio degli interventi regolativi della Banca d’Italia e dell’azione normativa del legislatore, quali fattori istituzionali di dinamica del sistema, ma anche le spinte provenienti dal sistema bancario stesso, attraverso l’individuazione di soggetti giuridici, banche, e fisici, banchieri, che appaiono rappresentativi di tendenze e stili di lavoro.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Piluso, ABI, 2011 (estratto).pdf
Accesso riservato
Tipo di file:
PDF EDITORIALE
Dimensione
1.96 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.96 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.