La storia della società civile e quella dell'economia industriale ci inducono a vedere il rapporto tra capitale e lavoro venato da un incomponibile conflitto, e a guardare al comportamento dei banchieri con circospezione. A questi luoghi comuni si oppone, dalla fine dell'Ottocento, il movimento delle banche popolari, fondato sull'idea che sia possibile favorire un'integrazione tra banca e comunità civile associando quest'ultima all'impresa bancaria, e smussare la tensione tra capitale e lavoro indirizzando il risparmio alla piccola e media impresa. La storia della Banca Popolare di Modena, così come quella del gruppo Banca Popolare dell'Emilia Romagna che da essa ha preso origine, è un caso esemplare di evoluzione di questa realizzazione. Queste pagine rievocano un secolo di gestione prudente, sempre attenta a non cedere alle tentazioni di impiegare la liquidità in modo speculativo, legata a una città e a un territorio che, nel secondo dopoguerra, diventano tra i poli più dinamici dell'Italia del "miracolo"; e che alla fine degli anni Ottanta del Novecento consegna a chi gestisce la banca uno strumento ricco di relazioni e di cospicuo capitale libero, pronto a un salto di dimensione. La fine della "foresta pietrificata" propiziata dalla legislazione dei primi anni Novanta, l'affermarsi dei criteri di efficienza e concorrenza sul mercato dei capitali, consentono alla Bper di dare una nuova forma, quella del "gruppo bancario federale", al modo di essere di sempre. Il volume si inserisce in un filone di analisi sulla formazione delle banche regionali in Italia che mira a stabilire quali specifiche relazioni tra istituzioni e credito abbiano selezionato gli intermediari durante il Novecento, con riferimento a cicli regolamentari e a scelte di politica del credito.
Credito e cooperazione. La singolare storia della Banca Popolare dell'Emilia Romagna
PILUSO, GIANDOMENICO
;
2009-01-01
Abstract
La storia della società civile e quella dell'economia industriale ci inducono a vedere il rapporto tra capitale e lavoro venato da un incomponibile conflitto, e a guardare al comportamento dei banchieri con circospezione. A questi luoghi comuni si oppone, dalla fine dell'Ottocento, il movimento delle banche popolari, fondato sull'idea che sia possibile favorire un'integrazione tra banca e comunità civile associando quest'ultima all'impresa bancaria, e smussare la tensione tra capitale e lavoro indirizzando il risparmio alla piccola e media impresa. La storia della Banca Popolare di Modena, così come quella del gruppo Banca Popolare dell'Emilia Romagna che da essa ha preso origine, è un caso esemplare di evoluzione di questa realizzazione. Queste pagine rievocano un secolo di gestione prudente, sempre attenta a non cedere alle tentazioni di impiegare la liquidità in modo speculativo, legata a una città e a un territorio che, nel secondo dopoguerra, diventano tra i poli più dinamici dell'Italia del "miracolo"; e che alla fine degli anni Ottanta del Novecento consegna a chi gestisce la banca uno strumento ricco di relazioni e di cospicuo capitale libero, pronto a un salto di dimensione. La fine della "foresta pietrificata" propiziata dalla legislazione dei primi anni Novanta, l'affermarsi dei criteri di efficienza e concorrenza sul mercato dei capitali, consentono alla Bper di dare una nuova forma, quella del "gruppo bancario federale", al modo di essere di sempre. Il volume si inserisce in un filone di analisi sulla formazione delle banche regionali in Italia che mira a stabilire quali specifiche relazioni tra istituzioni e credito abbiano selezionato gli intermediari durante il Novecento, con riferimento a cicli regolamentari e a scelte di politica del credito.File | Dimensione | Formato | |
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