Da sinonimo di libertà assoluta ed emblema dell’individualismo giuridico quale era intesa all’epoca della codificazione napoleonica, la proprietà è progressivamente divenuta uno strumento per attuare quella solidarietà riconosciuta dalla Costituzione e dalla Carta Fondamentale dell’Unione Europea come dovere inderogabile. Quale che sia la proprietà, il proprietario non ne è più il protagonista esclusivo: la prospettiva si allarga agli “altri”, cioè a tutti coloro che vantano nei confronti del proprietario interessi specifici o semplicemente l’interesse al rispetto del vincolo di destinazione alla funzione sociale impresso dall’art. 42 Cost., vincolo in origine rivolto al legislatore, ma ormai applicato dalla giurisprudenza anche ai rapporti tra privati per imporre al proprietario doveri integrativi rispetto a quelli previsti dalla legge. Come aveva intuito Pietro Perlingieri nel volume di cui si celebra l’anniversario, in questa dialettica tra il proprietario e una collettività più o meno determinata si esprime la dimensione relazionale della proprietà e nel bilanciamento attuato dal legislatore o dal giudice si svela il suo carattere di situazione soggettiva complessa, cui sono connaturati non solo poteri e facoltà, ma anche doveri e soggezioni. Anzi, in casi estremi ma sempre più diffusi nella prassi soprattutto in periodi di crisi come l’attuale, la proprietà (immobiliare) si riduce di fatto a quest’ultima componente, ad un fascio di posizioni passive. Allora può capitare che il proprietario non riesca (o non sia disposto) a sostenere i costi della proprietà né a trasferirla, financo a titolo gratuito o con una “vendita” a prezzo negativo, e sia indotto ad abdicarvi, con conseguente acquisto del bene derelitto in capo allo Stato ex art. 827 c.c. Si genera così sul «campo di battaglia della proprietà» un conflitto nuovo: da un lato l’autonomia negoziale del proprietario e il suo diritto di disporre del bene; dall’altro l’interesse della collettività che gli immobili abbiano un titolare determinato e capace di gestirne le esternalità negative. La rinuncia unilaterale è un atto dispositivo di un diritto; dunque, purché il diritto sia disponibile, è senz’altro consentita; ma se è vero che la proprietà non è soltanto un diritto, allora sarà difficile ammetterla, per lo meno ogniqualvolta pregiudichi gli interessi dell’altra parte del rapporto, come nel caso in cui il bene sia un terreno con manifesti problemi di dissesto idrogeologico a rischio di franamento su condomini e strade pubbliche sottostanti. Ed infatti alcune pronunce recenti hanno sancito l’invalidità della rinuncia, inserendo però il profilo della funzione sociale nell’ambito del giudizio di meritevolezza sulla causa dell’atto. La questione di stabilire quando la rinuncia alla proprietà sia contraria alla funzione sociale, se tale contrarietà possa costituire un limite al potere di disposizione del diritto, e come questo incida sulla validità dell’atto di rinuncia, offrirà al presente contributo uno spunto per aggiungere “A 50 anni dall’Introduzione alla problematica della proprietà” qualche tassello alla riflessione del Maestro sulla proprietà come rapporto e sul concetto di funzione sociale come posizione passiva autonoma in capo al proprietario.
Il diritto a non essere proprietario secondo la teoria relazionale della proprietà
Letizia Coppo
2021-01-01
Abstract
Da sinonimo di libertà assoluta ed emblema dell’individualismo giuridico quale era intesa all’epoca della codificazione napoleonica, la proprietà è progressivamente divenuta uno strumento per attuare quella solidarietà riconosciuta dalla Costituzione e dalla Carta Fondamentale dell’Unione Europea come dovere inderogabile. Quale che sia la proprietà, il proprietario non ne è più il protagonista esclusivo: la prospettiva si allarga agli “altri”, cioè a tutti coloro che vantano nei confronti del proprietario interessi specifici o semplicemente l’interesse al rispetto del vincolo di destinazione alla funzione sociale impresso dall’art. 42 Cost., vincolo in origine rivolto al legislatore, ma ormai applicato dalla giurisprudenza anche ai rapporti tra privati per imporre al proprietario doveri integrativi rispetto a quelli previsti dalla legge. Come aveva intuito Pietro Perlingieri nel volume di cui si celebra l’anniversario, in questa dialettica tra il proprietario e una collettività più o meno determinata si esprime la dimensione relazionale della proprietà e nel bilanciamento attuato dal legislatore o dal giudice si svela il suo carattere di situazione soggettiva complessa, cui sono connaturati non solo poteri e facoltà, ma anche doveri e soggezioni. Anzi, in casi estremi ma sempre più diffusi nella prassi soprattutto in periodi di crisi come l’attuale, la proprietà (immobiliare) si riduce di fatto a quest’ultima componente, ad un fascio di posizioni passive. Allora può capitare che il proprietario non riesca (o non sia disposto) a sostenere i costi della proprietà né a trasferirla, financo a titolo gratuito o con una “vendita” a prezzo negativo, e sia indotto ad abdicarvi, con conseguente acquisto del bene derelitto in capo allo Stato ex art. 827 c.c. Si genera così sul «campo di battaglia della proprietà» un conflitto nuovo: da un lato l’autonomia negoziale del proprietario e il suo diritto di disporre del bene; dall’altro l’interesse della collettività che gli immobili abbiano un titolare determinato e capace di gestirne le esternalità negative. La rinuncia unilaterale è un atto dispositivo di un diritto; dunque, purché il diritto sia disponibile, è senz’altro consentita; ma se è vero che la proprietà non è soltanto un diritto, allora sarà difficile ammetterla, per lo meno ogniqualvolta pregiudichi gli interessi dell’altra parte del rapporto, come nel caso in cui il bene sia un terreno con manifesti problemi di dissesto idrogeologico a rischio di franamento su condomini e strade pubbliche sottostanti. Ed infatti alcune pronunce recenti hanno sancito l’invalidità della rinuncia, inserendo però il profilo della funzione sociale nell’ambito del giudizio di meritevolezza sulla causa dell’atto. La questione di stabilire quando la rinuncia alla proprietà sia contraria alla funzione sociale, se tale contrarietà possa costituire un limite al potere di disposizione del diritto, e come questo incida sulla validità dell’atto di rinuncia, offrirà al presente contributo uno spunto per aggiungere “A 50 anni dall’Introduzione alla problematica della proprietà” qualche tassello alla riflessione del Maestro sulla proprietà come rapporto e sul concetto di funzione sociale come posizione passiva autonoma in capo al proprietario.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.