Con la sentenza A. I. c. Italia del 1° aprile 2021 la Corte europea dei diritti umani condanna il nostro Paese per l’ingiustificata cesura dei rapporti tra una donna, di origine nigeriana e sopravvissuta alla tratta, e le sue due figlie. La pronuncia appare condivisibile per il monito sulla necessità di un approccio interdisciplinare e segnatamente antropologico culturale nei procedimenti che coinvolgano nuclei migranti. Non può invece essere condiviso il giudizio rigidamente e aprioristicamente negativo sul collocamento a rischio giuridico.

Da Strasburgo un giusto richiamo all’interdisciplinarità, ma un grave attacco al cuore del collocamento a rischio giuridico (nota a Corte eur. dir. umani, sentenza 1° aprile 2021, A. I. c. Italia)

J. LONG
2021-01-01

Abstract

Con la sentenza A. I. c. Italia del 1° aprile 2021 la Corte europea dei diritti umani condanna il nostro Paese per l’ingiustificata cesura dei rapporti tra una donna, di origine nigeriana e sopravvissuta alla tratta, e le sue due figlie. La pronuncia appare condivisibile per il monito sulla necessità di un approccio interdisciplinare e segnatamente antropologico culturale nei procedimenti che coinvolgano nuclei migranti. Non può invece essere condiviso il giudizio rigidamente e aprioristicamente negativo sul collocamento a rischio giuridico.
2021
1
208
214
Corte europea diritti umani , giustizia minorile , valutazione delle competenze genitoriali , madre migrante sopravvissuta alla tratta , collocamento a rischio giuridico
J. LONG
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