L’articolo prende in esame gli argomenti addotti per legittimare la morte procurata: il presunto diritto di morire, la cosiddetta libertà per liberare la vita e per una morte autentica, cioè scelta; l’insensatezza della sofferenza in un contesto in cui sono fragili i legami. Viene ribadito che la morte è un fatto e non un diritto cui corrisponde il dovere di eseguirla, invece c’è in diritto di morire in un contesto solidale e aperto alla speranza, in forza della natura relazionale ed amicale dell’essere umano la cui autonomia si basa sulla reciprocità. Del resto la libertà non è scelta vuota, ma autorealizzazione nel bene. La sofferenza è rivelativa della nostra fragilità, ma anche della nostra capacità di solidarietà con gli altri e, nell’ambito dell’esperienza religiosa, con l’Altro. Lo sguardo metafisico offre ulteriori ragioni di speranza, ma è una prospettiva spesso rifiutata dalla cultura contemporanea che tende a vedervi motivazioni astratte, autoritarie e lontane dall’esperienza viva. Per questo è importante testimoniare il senso della realtà concepita come ordo amoris e questo è possibile recuperando il senso della verticalità metafisica che passa interiore homine, cioè porre l’attenzione su ciò che di noi è più intimo e profondo, ma che nello stesso tempo ci apre agli altri. In quest’ottica ognuno percepisce se stesso e gli altri come prospettiva di senso e di speranza.
Riflessioni filosofiche sulla morte procurata
Sgreccia P
2007-01-01
Abstract
L’articolo prende in esame gli argomenti addotti per legittimare la morte procurata: il presunto diritto di morire, la cosiddetta libertà per liberare la vita e per una morte autentica, cioè scelta; l’insensatezza della sofferenza in un contesto in cui sono fragili i legami. Viene ribadito che la morte è un fatto e non un diritto cui corrisponde il dovere di eseguirla, invece c’è in diritto di morire in un contesto solidale e aperto alla speranza, in forza della natura relazionale ed amicale dell’essere umano la cui autonomia si basa sulla reciprocità. Del resto la libertà non è scelta vuota, ma autorealizzazione nel bene. La sofferenza è rivelativa della nostra fragilità, ma anche della nostra capacità di solidarietà con gli altri e, nell’ambito dell’esperienza religiosa, con l’Altro. Lo sguardo metafisico offre ulteriori ragioni di speranza, ma è una prospettiva spesso rifiutata dalla cultura contemporanea che tende a vedervi motivazioni astratte, autoritarie e lontane dall’esperienza viva. Per questo è importante testimoniare il senso della realtà concepita come ordo amoris e questo è possibile recuperando il senso della verticalità metafisica che passa interiore homine, cioè porre l’attenzione su ciò che di noi è più intimo e profondo, ma che nello stesso tempo ci apre agli altri. In quest’ottica ognuno percepisce se stesso e gli altri come prospettiva di senso e di speranza.File | Dimensione | Formato | |
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Riflessioni filosofiche sulla morte 19 (2007) 13-37.pdf
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