L’istitutrice Clémentine De Como, nata a Bonnieux, in Provenza, nel 1803 e morta a Torino nel 1871, ci presenta, attraverso la sua autobiografia originale e pressoché sconosciuta, il suo percorso, prima come religiosa presso una Congregazione in Francia, poi come donna libera in Italia. I due volumi, intitolati Émancipation de la femme, pubblicati in lingua francese a Torino, nel 1853, e ripubblicati in stampa anastatica nel 2009-2010, raccontano con molta chiarezza gli eccessi che caratterizzeranno un periodo della sua vita che la porteranno ad avere degli strascichi per lungo tempo. Diversi sono gli elementi che ci permettono di definire quest’opera eccessiva: innanzitutto la mole dei volumi, con più di mille e duecento pagine, e uno stile di scrittura che mescola diversi registri e lingue, rendendo difficile, insieme ad altri fattori, la lettura dell’opera in Italia. Il secondo volume racconta in particolare la relazione tossica e pericolosa iniziata con il poeta casalese Pietro Corelli (1815-1867), fino al tentativo di suicidio di Clémentine De Como, che la scrittrice riesce a superare scrivendo la sua autobiografia. L’autrice manifesta l’eccesso toccando e affrontando molti temi scottanti per il periodo nel quale sono pubblicate le sue memorie, come quello dell’assenza di diritti per le donne in Italia nell’‘800 e quello molto attuale della manipolazione psicologica per mano di un uomo presuntamente affetto da patologia perverso narcisistica. Nell’opera, l’autrice manifesta il dispendio di sé descrivendo accuratamente le tappe e le tecniche di manipolazione usate dal seduttore per sfruttarla finanziariamente sotto promessa di matrimonio, e le sue proprie sofferenze. Tuttavia, la trattazione di temi troppo avanguardistici per l’epoca, portarono l’autobiografia di Clémentine De Como ad essere giudicata troppo eccessiva, e questo diventò un motivo determinante per non farla conoscere e dimenticarla.

L’autobiografia di Clémentine De Como: scrittura femminile ‘eccessiva’ o condanna all’emancipazione femminile?

Monica Salvetti
2022-01-01

Abstract

L’istitutrice Clémentine De Como, nata a Bonnieux, in Provenza, nel 1803 e morta a Torino nel 1871, ci presenta, attraverso la sua autobiografia originale e pressoché sconosciuta, il suo percorso, prima come religiosa presso una Congregazione in Francia, poi come donna libera in Italia. I due volumi, intitolati Émancipation de la femme, pubblicati in lingua francese a Torino, nel 1853, e ripubblicati in stampa anastatica nel 2009-2010, raccontano con molta chiarezza gli eccessi che caratterizzeranno un periodo della sua vita che la porteranno ad avere degli strascichi per lungo tempo. Diversi sono gli elementi che ci permettono di definire quest’opera eccessiva: innanzitutto la mole dei volumi, con più di mille e duecento pagine, e uno stile di scrittura che mescola diversi registri e lingue, rendendo difficile, insieme ad altri fattori, la lettura dell’opera in Italia. Il secondo volume racconta in particolare la relazione tossica e pericolosa iniziata con il poeta casalese Pietro Corelli (1815-1867), fino al tentativo di suicidio di Clémentine De Como, che la scrittrice riesce a superare scrivendo la sua autobiografia. L’autrice manifesta l’eccesso toccando e affrontando molti temi scottanti per il periodo nel quale sono pubblicate le sue memorie, come quello dell’assenza di diritti per le donne in Italia nell’‘800 e quello molto attuale della manipolazione psicologica per mano di un uomo presuntamente affetto da patologia perverso narcisistica. Nell’opera, l’autrice manifesta il dispendio di sé descrivendo accuratamente le tappe e le tecniche di manipolazione usate dal seduttore per sfruttarla finanziariamente sotto promessa di matrimonio, e le sue proprie sofferenze. Tuttavia, la trattazione di temi troppo avanguardistici per l’epoca, portarono l’autobiografia di Clémentine De Como ad essere giudicata troppo eccessiva, e questo diventò un motivo determinante per non farla conoscere e dimenticarla.
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