«Quel cavalier ch’ardirà di affrontare gl’animali più fieri ne’ boschi non temerà nei campi di battaglia l’incontro de’ più feroci nemici, sicché possiam concludere che la guerra sia veramente l’arte de’ principi e che la caccia al cervo ne sia la maestra». Le parole di Amedeo di Castellamonte scritte nel 1672 nel trattato dedicato a Venaria Reale, «palazzo di piacere e di caccia», evidenziano il ruolo riconosciuto all’arte venatoria nella cultura d’antico regime. Non è casuale che in uno Stato come quello sabaudo la dinastia abbia costruito sul binomio caccia-guerra tanta parte della rappresentazione del proprio potere. Il volume ricostruisce alcuni dei tratti più caratteristici delle espressioni letterarie, artistiche, musicali, architettoniche di un lessico dinastico e politico che era costituito da elementi peculiari, ma che era anche legato a esperienze europee diffuse, come dimostrano in particolare i contributi dedicati alla vénerie e alla chasse royale. La caccia come metafora della guerra, dunque, come esercizio propedeutico per i ceti dirigenti e per i principi, ma anche come criterio di organizzazione dei ranghi di corte e come espressione di un loisir che riservava alla componente equestre un’attenzione non priva di echi sul piano degli scambi commerciali e diplomatici. Sono tutti aspetti affrontati nei saggi contenuti nel volume, che sposano due intenti essenziali di questa collana: sfruttare l’interdisciplinarietà degli approcci e offrire una prospettiva di lungo periodo, necessaria per misurarsi con le dinamiche complesse della società di corte. Intorno alla caccia, che sotto il ducato di Carlo Emanuele II diventò emblema totalizzante dell'apparato iconografico e iconologico concepito per la Reggia di Venaria, fiorirono un codice retorico e un dispiegarsi di cerimoniali, declinati nelle varie residenze, che consentono di seguire lo svolgersi dell’intero antico regime. Nell’Ottocento il declino dell’apparato delle chasses royales e il tramonto della caccia al cervo come momento celebrativo di eventi pubblici avrebbero lasciato il posto a figure di «re cacciatori» ormai lontane dai rituali dei secoli precedenti, segno di una trasformazione dei gusti e della cultura che erano anche frutto di mutate condizioni sociali e di una diversa gestione del territorio.

La caccia nell'educazione del gentiluomo. Il caso sabaudo (sec. XVI-XVIII)

BIANCHI P
2010-01-01

Abstract

«Quel cavalier ch’ardirà di affrontare gl’animali più fieri ne’ boschi non temerà nei campi di battaglia l’incontro de’ più feroci nemici, sicché possiam concludere che la guerra sia veramente l’arte de’ principi e che la caccia al cervo ne sia la maestra». Le parole di Amedeo di Castellamonte scritte nel 1672 nel trattato dedicato a Venaria Reale, «palazzo di piacere e di caccia», evidenziano il ruolo riconosciuto all’arte venatoria nella cultura d’antico regime. Non è casuale che in uno Stato come quello sabaudo la dinastia abbia costruito sul binomio caccia-guerra tanta parte della rappresentazione del proprio potere. Il volume ricostruisce alcuni dei tratti più caratteristici delle espressioni letterarie, artistiche, musicali, architettoniche di un lessico dinastico e politico che era costituito da elementi peculiari, ma che era anche legato a esperienze europee diffuse, come dimostrano in particolare i contributi dedicati alla vénerie e alla chasse royale. La caccia come metafora della guerra, dunque, come esercizio propedeutico per i ceti dirigenti e per i principi, ma anche come criterio di organizzazione dei ranghi di corte e come espressione di un loisir che riservava alla componente equestre un’attenzione non priva di echi sul piano degli scambi commerciali e diplomatici. Sono tutti aspetti affrontati nei saggi contenuti nel volume, che sposano due intenti essenziali di questa collana: sfruttare l’interdisciplinarietà degli approcci e offrire una prospettiva di lungo periodo, necessaria per misurarsi con le dinamiche complesse della società di corte. Intorno alla caccia, che sotto il ducato di Carlo Emanuele II diventò emblema totalizzante dell'apparato iconografico e iconologico concepito per la Reggia di Venaria, fiorirono un codice retorico e un dispiegarsi di cerimoniali, declinati nelle varie residenze, che consentono di seguire lo svolgersi dell’intero antico regime. Nell’Ottocento il declino dell’apparato delle chasses royales e il tramonto della caccia al cervo come momento celebrativo di eventi pubblici avrebbero lasciato il posto a figure di «re cacciatori» ormai lontane dai rituali dei secoli precedenti, segno di una trasformazione dei gusti e della cultura che erano anche frutto di mutate condizioni sociali e di una diversa gestione del territorio.
2010
La caccia nello Stato sabaudo, I, Caccia e cultura (secc. XVI-XVIII)
Silvio Zamorani
19
37
9788871581842
caccia; cerimoniali di corte; storia dei ceti dirigenti
BIANCHI P
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