Con l’odierna pronuncia la Consulta sembra proseguire in una sorta di “braccio di ferro” con la Corte europea dei diritti dell’uomo, che dura almeno dal notissimo caso Varvara e che, di fatto, si sta risolvendo nell’esclusione dal novero dei principi sovraordinati al sistema punitivo (formalmente) amministrativo nazionale di talune di quelle che, allo specchio della Cedu, appaiono invece garanzie fondamentali, come appunto il principio della retroattività in mitius. La Corte costituzionale, infatti, ha rigettato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 L. n. 689/1981 nella parte in cui non prevede l’applicazione all’autore dell’illecito amministrativo della legge successiva più favorevole, ritenendo che la denunciata lacuna normativa non contrasti né con l’art. 117 Cost. (in relazione agli artt. 6 e 7 Cedu) né con l’art. 3 Cost., non rinvenendosi né nella giurisprudenza convenzionale né nella trama della Carta costituzionale nessun obbligo per il legislatore di applicare “indiscriminatamente” siffatta regola intertemporale all’intero comparto delle sanzioni amministrative. La norma sanzionatoria amministrativa integrata nel caso di specie (prevista all’art. 3.3, D.L. n.12/2002), tuttavia, presentava natura indiscutibilmente “penale” secondo i parametri convenzionali e, per altro verso, risulta abbastanza pacifico che la norma impugnata dal giudice a quo (l’art. 1, L. n. 689 cit.) non stabilisca regole valide per l’intera branca del diritto amministrativo ma piuttosto veda il suo raggio applicativo circoscritto proprio al settore degli illeciti e delle sanzioni punitivi (formalmente) amministrativi.

Resta la frattura categoriale: il principio di retroattività in mitius non penetra nel diritto punitivo amministrativo

BIANCHI D
2017-01-01

Abstract

Con l’odierna pronuncia la Consulta sembra proseguire in una sorta di “braccio di ferro” con la Corte europea dei diritti dell’uomo, che dura almeno dal notissimo caso Varvara e che, di fatto, si sta risolvendo nell’esclusione dal novero dei principi sovraordinati al sistema punitivo (formalmente) amministrativo nazionale di talune di quelle che, allo specchio della Cedu, appaiono invece garanzie fondamentali, come appunto il principio della retroattività in mitius. La Corte costituzionale, infatti, ha rigettato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 L. n. 689/1981 nella parte in cui non prevede l’applicazione all’autore dell’illecito amministrativo della legge successiva più favorevole, ritenendo che la denunciata lacuna normativa non contrasti né con l’art. 117 Cost. (in relazione agli artt. 6 e 7 Cedu) né con l’art. 3 Cost., non rinvenendosi né nella giurisprudenza convenzionale né nella trama della Carta costituzionale nessun obbligo per il legislatore di applicare “indiscriminatamente” siffatta regola intertemporale all’intero comparto delle sanzioni amministrative. La norma sanzionatoria amministrativa integrata nel caso di specie (prevista all’art. 3.3, D.L. n.12/2002), tuttavia, presentava natura indiscutibilmente “penale” secondo i parametri convenzionali e, per altro verso, risulta abbastanza pacifico che la norma impugnata dal giudice a quo (l’art. 1, L. n. 689 cit.) non stabilisca regole valide per l’intera branca del diritto amministrativo ma piuttosto veda il suo raggio applicativo circoscritto proprio al settore degli illeciti e delle sanzioni punitivi (formalmente) amministrativi.
2017
3
316
324
retroattività favorevole; corte costituzionale; materia penale
BIANCHI D
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