Nella seconda metà del XVI secolo si passa dal fanciullo presentato come uomo bestiale e incompleto al fanciullo innocente e puro, potenziale ambasciatore del messaggio divino. L'impegno disciplinare della Chiesa tridentina si è svolto anche nell'ambito dell'infanzia. Allo stesso tempo, il culto dei giovani santi segnò la separazione tra la Chiesa della Controriforma e la Chiesa tardomedievale, i cui culti avevano come protagonisti principali monaci ed eremiti. Tra il XVII e il XVIII secolo si assiste a una progressiva diffusione del culto dell'infanzia, e in particolare dei santi bambini confessori, cioè di coloro che hanno professato per tutta la vita la fede in Cristo, testimoniandola non solo con una condotta impeccabile della vita, ma anche con l'esercizio eroico delle virtù teologali. Validi esempi ne sono le devozioni tipicamente gesuitiche di Luigi Gonzaga e Stanislao Kostka, canonizzati nel 1726. Tra Settecento e Ottocento si verificò un'altra trasformazione del culto dell'infanzia, che passò dalle biografie esemplari, cioè dai santi, a vite santificate dalla fede, ma non per questo troppo "eccezionali". Si diffusero così biografie di studenti morti nei collegi o nei seminari, soprattutto nell'ambito dei gesuiti. Successivamente, nel corso dell'Ottocento, si aggiunsero anche biografie di studentesse. Si è così passati da agiografie di santi o beati a storie realistiche di ragazzi e ragazze proposti come modelli esemplari, ma imitabili da tutti, proprio perché più vicini alla realtà. Sempre nel corso dell'Ottocento si registrò lo spostamento della devozione dei bambini a quella degli adolescenti e dei giovani. Da lì derivò l'idea implicita che la santità si potesse educare. Non a caso, la biografia degli studenti si è radicata come genere, soprattutto tra gli ordini dediti all'insegnamento, come i già citati Gesuiti e, successivamente, i Salesiani.
Educación a la santidad: los modelos de comportamiento para niños y jóvenes entre culto a la infancia y promoción de las escuelas de las órdenes religiosas
paolo bianchini
2022-01-01
Abstract
Nella seconda metà del XVI secolo si passa dal fanciullo presentato come uomo bestiale e incompleto al fanciullo innocente e puro, potenziale ambasciatore del messaggio divino. L'impegno disciplinare della Chiesa tridentina si è svolto anche nell'ambito dell'infanzia. Allo stesso tempo, il culto dei giovani santi segnò la separazione tra la Chiesa della Controriforma e la Chiesa tardomedievale, i cui culti avevano come protagonisti principali monaci ed eremiti. Tra il XVII e il XVIII secolo si assiste a una progressiva diffusione del culto dell'infanzia, e in particolare dei santi bambini confessori, cioè di coloro che hanno professato per tutta la vita la fede in Cristo, testimoniandola non solo con una condotta impeccabile della vita, ma anche con l'esercizio eroico delle virtù teologali. Validi esempi ne sono le devozioni tipicamente gesuitiche di Luigi Gonzaga e Stanislao Kostka, canonizzati nel 1726. Tra Settecento e Ottocento si verificò un'altra trasformazione del culto dell'infanzia, che passò dalle biografie esemplari, cioè dai santi, a vite santificate dalla fede, ma non per questo troppo "eccezionali". Si diffusero così biografie di studenti morti nei collegi o nei seminari, soprattutto nell'ambito dei gesuiti. Successivamente, nel corso dell'Ottocento, si aggiunsero anche biografie di studentesse. Si è così passati da agiografie di santi o beati a storie realistiche di ragazzi e ragazze proposti come modelli esemplari, ma imitabili da tutti, proprio perché più vicini alla realtà. Sempre nel corso dell'Ottocento si registrò lo spostamento della devozione dei bambini a quella degli adolescenti e dei giovani. Da lì derivò l'idea implicita che la santità si potesse educare. Non a caso, la biografia degli studenti si è radicata come genere, soprattutto tra gli ordini dediti all'insegnamento, come i già citati Gesuiti e, successivamente, i Salesiani.File | Dimensione | Formato | |
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