La storiografia ha esperito nel corso di un ventennio un “visual” o “iconic turn” che ha riconosciuto l’importanza delle immagini nella ricerca storica come fonti e come strumenti di interpretazione del passato, sviluppando un ambito di ricerca innovativo. La cosiddetta “Visual History” è un approccio storiografico che ha reso possibile indagare eventi e processi storici dal punto di vista dei media visivi e della loro percezione (opere pittoriche e scultoree, illustrazioni, manifesti propagandistici o pubblicitari, fotografie, filmati, fino ad arrivare alle immagini digitali). La specificità di questa disciplina è considerare le immagini sia come fonte documentaria integrativa (ossia testimonianze del passato pari alle fonti scritte e orali), sia come oggetti di studio in sé, per conoscerne la funzione, le tipologie d’uso, le modalità di produzione, le condizioni di ricezione e appropriazione (ad esempio nell’ambito della comunicazione politica). In questa prospettiva le immagini sono considerate artefatti artistici o tecnici dal legame specifico con un contesto culturale, sociale, politico). Poiché le immagini spesso pongono sotto nuova luce molteplici aspetti del passato, la Visual History stimola nuove domande di ricerca, pone in discussione narrazioni consuete, rovescia conoscenze che si ritenevano acquisite definitivamente o, ancora, genera nuove conoscenze che non erano contenute nelle fonti scritte. Questo studio delle testimonianze visive è giunto alla consapevolezza che i media visivi non sono semplicemente specchi che riflettono passivamente il mondo circostante o quanto accaduto, ma contribuiscono essi stessi a dare forma alla storia, perché oltre alla loro capacità di rappresentazione sono atti performativi in grado di influenzare o determinare il corso degli eventi. I media audiovisivi soprattutto nella società di massa dalla fine del XIX secolo hanno esercitato un influsso sempre crescente sull’opinione pubblica e sugli stili di vita individuali e collettivi poiché le pratiche visive sono particolarmente efficaci nel veicolare valori, ideali, interpretazioni del mondo alla base di progetti politici e sociali, sono efficaci nel motivare alla mobilitazione di massa, nel diffondere conoscenze (anche tecnico-scientifiche), come tali i media visivi condizionano il modo in cui percepiamo e comunichiamo la realtà. Le immagini possono assumere ad esempio la funzione di “macchine del mito”, ovvero strumenti di propaganda politica per la legittimazione di un dominio; inoltre svolgono un ruolo importante nei processi di formazione di identità collettive come l’identità nazionale, l’identità di ceto o classe sociale, l’identità etnica o di genere, che si costituiscono anche attraverso la rappresentazione di sé e la percezione visiva. Il Risorgimento è stato un periodo cruciale nella fusione tra media visivi e cultura di massa, perciò le ricerche storiografiche hanno sviluppato un’attenzione particolare per il linguaggio figurativo e le pratiche visive durante l’epoca risorgimentale. Opere come dipinti, sculture, stampe, incisioni e fotografie, anche decorazioni di oggetti d’uso quotidiano, non solo documentano eventi storici, ma ebbero un ruolo chiave nella costruzione del mito del Risorgimento, contribuendo alla diffusione dell’idea di nazione e promuovendo sentimenti di appartenenza alla comunità nazionale. Nelle pratiche comunicative, le rappresentazioni visive avevano una funzione prescrittiva, assai più che descrittiva, dovendo spingere gli individui all’impegno civile, fino al sacrificio per la patria. Queste immagini trasmettevano ideali e valori morali, rivestendo anche un’importante funzione educativa. Le pratiche visive vanno quindi considerate come «campi d’azione autonomi della politica». Le immagini sono chiamate soprattutto a dare visibilità a concetti astratti. La rappresentazione visiva di idee come popolo e nazione (ad esempio attraverso la loro personificazione) conferisce loro efficacia discorsiva, trasformando astrazioni in immagini concrete. La rappresentazione visiva ha la capacità di dare apparenza di realtà all’immaginario, ed è una modalità comunicativa estremamente efficace per coinvolgere le masse, incluse persone analfabete o poco istruite, creando un forte senso di appartenenza a una “comunità immaginata” (Benedict Anderson) come era quella nazionale prima dell’Unità. Le immagini hanno il potere di rappresentare simbolicamente la nazione e trasmettere un repertorio normativo di valori, contribuendo alla formazione dell'identità collettiva.
Immagini della storia e storicità delle immagini: le pratiche visive del discorso nazionale
Marzia Ponso
2022-01-01
Abstract
La storiografia ha esperito nel corso di un ventennio un “visual” o “iconic turn” che ha riconosciuto l’importanza delle immagini nella ricerca storica come fonti e come strumenti di interpretazione del passato, sviluppando un ambito di ricerca innovativo. La cosiddetta “Visual History” è un approccio storiografico che ha reso possibile indagare eventi e processi storici dal punto di vista dei media visivi e della loro percezione (opere pittoriche e scultoree, illustrazioni, manifesti propagandistici o pubblicitari, fotografie, filmati, fino ad arrivare alle immagini digitali). La specificità di questa disciplina è considerare le immagini sia come fonte documentaria integrativa (ossia testimonianze del passato pari alle fonti scritte e orali), sia come oggetti di studio in sé, per conoscerne la funzione, le tipologie d’uso, le modalità di produzione, le condizioni di ricezione e appropriazione (ad esempio nell’ambito della comunicazione politica). In questa prospettiva le immagini sono considerate artefatti artistici o tecnici dal legame specifico con un contesto culturale, sociale, politico). Poiché le immagini spesso pongono sotto nuova luce molteplici aspetti del passato, la Visual History stimola nuove domande di ricerca, pone in discussione narrazioni consuete, rovescia conoscenze che si ritenevano acquisite definitivamente o, ancora, genera nuove conoscenze che non erano contenute nelle fonti scritte. Questo studio delle testimonianze visive è giunto alla consapevolezza che i media visivi non sono semplicemente specchi che riflettono passivamente il mondo circostante o quanto accaduto, ma contribuiscono essi stessi a dare forma alla storia, perché oltre alla loro capacità di rappresentazione sono atti performativi in grado di influenzare o determinare il corso degli eventi. I media audiovisivi soprattutto nella società di massa dalla fine del XIX secolo hanno esercitato un influsso sempre crescente sull’opinione pubblica e sugli stili di vita individuali e collettivi poiché le pratiche visive sono particolarmente efficaci nel veicolare valori, ideali, interpretazioni del mondo alla base di progetti politici e sociali, sono efficaci nel motivare alla mobilitazione di massa, nel diffondere conoscenze (anche tecnico-scientifiche), come tali i media visivi condizionano il modo in cui percepiamo e comunichiamo la realtà. Le immagini possono assumere ad esempio la funzione di “macchine del mito”, ovvero strumenti di propaganda politica per la legittimazione di un dominio; inoltre svolgono un ruolo importante nei processi di formazione di identità collettive come l’identità nazionale, l’identità di ceto o classe sociale, l’identità etnica o di genere, che si costituiscono anche attraverso la rappresentazione di sé e la percezione visiva. Il Risorgimento è stato un periodo cruciale nella fusione tra media visivi e cultura di massa, perciò le ricerche storiografiche hanno sviluppato un’attenzione particolare per il linguaggio figurativo e le pratiche visive durante l’epoca risorgimentale. Opere come dipinti, sculture, stampe, incisioni e fotografie, anche decorazioni di oggetti d’uso quotidiano, non solo documentano eventi storici, ma ebbero un ruolo chiave nella costruzione del mito del Risorgimento, contribuendo alla diffusione dell’idea di nazione e promuovendo sentimenti di appartenenza alla comunità nazionale. Nelle pratiche comunicative, le rappresentazioni visive avevano una funzione prescrittiva, assai più che descrittiva, dovendo spingere gli individui all’impegno civile, fino al sacrificio per la patria. Queste immagini trasmettevano ideali e valori morali, rivestendo anche un’importante funzione educativa. Le pratiche visive vanno quindi considerate come «campi d’azione autonomi della politica». Le immagini sono chiamate soprattutto a dare visibilità a concetti astratti. La rappresentazione visiva di idee come popolo e nazione (ad esempio attraverso la loro personificazione) conferisce loro efficacia discorsiva, trasformando astrazioni in immagini concrete. La rappresentazione visiva ha la capacità di dare apparenza di realtà all’immaginario, ed è una modalità comunicativa estremamente efficace per coinvolgere le masse, incluse persone analfabete o poco istruite, creando un forte senso di appartenenza a una “comunità immaginata” (Benedict Anderson) come era quella nazionale prima dell’Unità. Le immagini hanno il potere di rappresentare simbolicamente la nazione e trasmettere un repertorio normativo di valori, contribuendo alla formazione dell'identità collettiva.| File | Dimensione | Formato | |
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