Edizione critica di versi di Salvator Rosa (1615-1673) rinvenuti in un manoscritto autografo, che giace dal 1885 presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, finora ignorato dagli studiosi: si tratta di dieci canzonette per musica, di cui sette inedite, oltre che di venticinque testi inediti, costituiti per lo più da canzoni e sonetti (trascritti in Appendice al volume). Gli incroci di dati con la produzione di Salvator Rosa (sono stati collazionati manoscritti autografi e apografi, testi a stampa, testi d’arte conservati in biblioteche italiane e straniere) con i saggi dei critici che lo hanno studiato fino a oggi, permettono l’attribuzione certa del manoscritto al poeta napoletano, nonché di risalire, con discreto margine di certezza, al periodo e al luogo di composizione dei testi. La grafia a tratti frettolosa, il gioco delle rime (portato all’eccesso), la diversa lunghezza delle strofe, l’oscillazione nella misura dei versi, lascia supporre una mancata revisione autoriale, almeno per una parte di essi. Il manoscritto in questione è, per Salvator Rosa, un ‘quaderno di bella’ per le canzonette, ma, al contempo, un ‘quaderno di appunti’ per la maggior parte delle poesie trascritte in Appendice. Qualcuna di esse presenta più stesure, con scrittura che travalica i margini, molte cancellazioni, scassature, annotazioni di vario genere. In alcuni punti, le rime sono quasi illeggibili per via dell’usura e della lacerazione della carta; alcune macchie di inchiostro, che spesso traspaiono dal recto o dal verso, rendono ancora più difficile l’interpretazione. Salvator Rosa scrive malissimo. Se egli fosse vivo e chiamato a rileggersi, in qualche occasione non potrebbe che affidarsi all’interpretazione, in qualche altra non riuscirebbe più a comprendere il suo stesso tratto grafico! Tra i temi più ricorrenti nei testi rosiani si segnala il pathos, paragonato al fuoco eterno dell’inferno, da cui si evincono l’ardore e la vitalità di chi, nel pieno delle forze, cerca sempre di cogliere ‘l’attimo fuggente’. Questo tema lascia presto il posto a quello della fortuna, spesso «avara» e ostile, della mestizia, del continuo pensiero della morte, già ‘insita’ alla nascita (nella «cuna»), che sprofonda nel pulvis et umbra, con la perdita della speranza. Alcuni gangli delle rime sono già presenti nelle Satire. L’edizione critica, a cura di Paola Baioni, porta alla luce un prezioso manoscritto inedito, tassello utilissimo per una futura edizione dell’intero corpus poetico rosiano, di cui gli studiosi avvertono la necessità.

Canzonette per musica. Con appendice di inediti. SALVATOR ROSA Edizione critica a cura di Paola Baioni

Paola Baioni
2024-01-01

Abstract

Edizione critica di versi di Salvator Rosa (1615-1673) rinvenuti in un manoscritto autografo, che giace dal 1885 presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, finora ignorato dagli studiosi: si tratta di dieci canzonette per musica, di cui sette inedite, oltre che di venticinque testi inediti, costituiti per lo più da canzoni e sonetti (trascritti in Appendice al volume). Gli incroci di dati con la produzione di Salvator Rosa (sono stati collazionati manoscritti autografi e apografi, testi a stampa, testi d’arte conservati in biblioteche italiane e straniere) con i saggi dei critici che lo hanno studiato fino a oggi, permettono l’attribuzione certa del manoscritto al poeta napoletano, nonché di risalire, con discreto margine di certezza, al periodo e al luogo di composizione dei testi. La grafia a tratti frettolosa, il gioco delle rime (portato all’eccesso), la diversa lunghezza delle strofe, l’oscillazione nella misura dei versi, lascia supporre una mancata revisione autoriale, almeno per una parte di essi. Il manoscritto in questione è, per Salvator Rosa, un ‘quaderno di bella’ per le canzonette, ma, al contempo, un ‘quaderno di appunti’ per la maggior parte delle poesie trascritte in Appendice. Qualcuna di esse presenta più stesure, con scrittura che travalica i margini, molte cancellazioni, scassature, annotazioni di vario genere. In alcuni punti, le rime sono quasi illeggibili per via dell’usura e della lacerazione della carta; alcune macchie di inchiostro, che spesso traspaiono dal recto o dal verso, rendono ancora più difficile l’interpretazione. Salvator Rosa scrive malissimo. Se egli fosse vivo e chiamato a rileggersi, in qualche occasione non potrebbe che affidarsi all’interpretazione, in qualche altra non riuscirebbe più a comprendere il suo stesso tratto grafico! Tra i temi più ricorrenti nei testi rosiani si segnala il pathos, paragonato al fuoco eterno dell’inferno, da cui si evincono l’ardore e la vitalità di chi, nel pieno delle forze, cerca sempre di cogliere ‘l’attimo fuggente’. Questo tema lascia presto il posto a quello della fortuna, spesso «avara» e ostile, della mestizia, del continuo pensiero della morte, già ‘insita’ alla nascita (nella «cuna»), che sprofonda nel pulvis et umbra, con la perdita della speranza. Alcuni gangli delle rime sono già presenti nelle Satire. L’edizione critica, a cura di Paola Baioni, porta alla luce un prezioso manoscritto inedito, tassello utilissimo per una futura edizione dell’intero corpus poetico rosiano, di cui gli studiosi avvertono la necessità.
2024
FABRIZIO SERRA EDITORE
Biblioteca della Rivista di Letteratura Italiana
36
1
120
9788833155074
Salvator Rosa, canzonette per musica, inediti, poesie
Paola Baioni
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