La tecnologia sta cambiando le modalità con cui le imprese gestiscono il proprio personale. Numerosi datori di lavoro hanno infatti iniziato a spogliarsi dell’esercizio completamente umano dei propri poteri, demandandolo, in tutto o in parte, a macchine più o meno intelligenti. Dati raccolti tramite pratiche di workforce analytics fungono da carburante per rifornire il serbatoio di strumenti di algorithmic management, capaci di assumere decisioni automatizzate che impattano sulla forza lavoro. Fermi i vantaggi in termini di maggiore produttività del lavoro, il ricorso alla tecnologia non è però sempre esente da rischi. Tant’è che è già accaduto, anche nel campo della gestione delle risorse umane, che gli algoritmi si siano dimostrati decisori tutt’altro che imparziali. Questo problema è spesso esacerbato dalla scarsa trasparenza che contraddistingue larga parte dei processi decisionali automatizzati. Anche per questa ragione, è stato sottolineato come le pratiche di workforce analytics e algorithmic management possano comportare un’estensione delle prerogative datoriali senza precedenti. È stato altresì sostenuto, soprattutto nella discussione sul tema a livello internazionale, che ciò richiederebbe un aggiornamento, se non un ripensamento, della disciplina giuslavoristica che, allo stato, potrebbe rivelarsi inadeguata a far fronte alla rivoluzione tecnologica in atto. Lo scopo di questo elaborato è dunque quello di comprendere se il diritto del lavoro italiano possegga già anticorpi regolativi idonei a impedire indebiti abusi dei poteri datoriali potenzialmente derivanti dal sempre più ampio ricorso all’algorithmic management. Più nello specifico, si cercherà di dimostrare come le regole in materia di onere della prova e quelle che attribuiscono ampi poteri istruttori al giudice del lavoro, soprattutto se combinate con i diritti di informazione e accesso contenuti nel GDPR, siano idonee ad alleviare i problemi di trasparenza decisionale e i rischi di indebite estensioni dei poteri datoriali connessi all’uso sempre più massiccio delle pratiche di algorithmic management. Infine, si sottolineerà come vi siano plurime ragioni per argomentare a favore di un esercizio più incisivo dei poteri istruttori del giudice del lavoro, guidato e allo stesso tempo limitato dal criterio di prossimità alla fonte di prova. Ciò favorirebbe infatti la ricerca della verità materiale che si cela dietro l’algoritmo, così rendendo il diritto del lavoro italiano ancor meglio equipaggiato per far fronte alle sfide lanciate dalla rivoluzione tecnologica in atto.
Algorithmic management, poteri datoriali e oneri della prova: alla ricerca della verità materiale che si cela dietro l’algoritmo
Giovanni Gaudio
2020-01-01
Abstract
La tecnologia sta cambiando le modalità con cui le imprese gestiscono il proprio personale. Numerosi datori di lavoro hanno infatti iniziato a spogliarsi dell’esercizio completamente umano dei propri poteri, demandandolo, in tutto o in parte, a macchine più o meno intelligenti. Dati raccolti tramite pratiche di workforce analytics fungono da carburante per rifornire il serbatoio di strumenti di algorithmic management, capaci di assumere decisioni automatizzate che impattano sulla forza lavoro. Fermi i vantaggi in termini di maggiore produttività del lavoro, il ricorso alla tecnologia non è però sempre esente da rischi. Tant’è che è già accaduto, anche nel campo della gestione delle risorse umane, che gli algoritmi si siano dimostrati decisori tutt’altro che imparziali. Questo problema è spesso esacerbato dalla scarsa trasparenza che contraddistingue larga parte dei processi decisionali automatizzati. Anche per questa ragione, è stato sottolineato come le pratiche di workforce analytics e algorithmic management possano comportare un’estensione delle prerogative datoriali senza precedenti. È stato altresì sostenuto, soprattutto nella discussione sul tema a livello internazionale, che ciò richiederebbe un aggiornamento, se non un ripensamento, della disciplina giuslavoristica che, allo stato, potrebbe rivelarsi inadeguata a far fronte alla rivoluzione tecnologica in atto. Lo scopo di questo elaborato è dunque quello di comprendere se il diritto del lavoro italiano possegga già anticorpi regolativi idonei a impedire indebiti abusi dei poteri datoriali potenzialmente derivanti dal sempre più ampio ricorso all’algorithmic management. Più nello specifico, si cercherà di dimostrare come le regole in materia di onere della prova e quelle che attribuiscono ampi poteri istruttori al giudice del lavoro, soprattutto se combinate con i diritti di informazione e accesso contenuti nel GDPR, siano idonee ad alleviare i problemi di trasparenza decisionale e i rischi di indebite estensioni dei poteri datoriali connessi all’uso sempre più massiccio delle pratiche di algorithmic management. Infine, si sottolineerà come vi siano plurime ragioni per argomentare a favore di un esercizio più incisivo dei poteri istruttori del giudice del lavoro, guidato e allo stesso tempo limitato dal criterio di prossimità alla fonte di prova. Ciò favorirebbe infatti la ricerca della verità materiale che si cela dietro l’algoritmo, così rendendo il diritto del lavoro italiano ancor meglio equipaggiato per far fronte alle sfide lanciate dalla rivoluzione tecnologica in atto.File | Dimensione | Formato | |
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