Per i tanti estimatori della narrativa di H.G. Wells, dieci racconti finora inediti in Italia sono davvero una tentazione irresistibile: pubblicati nell’arco di cinquant’anni (1887-1937), rappresentano molte sfaccettature della sua preziosa produzione: questa raccolta ne arricchisce meritoriamente la complessità per il pubblico italiano. Va detto subito cosa non contengono, e cioè scientific romances come La macchina del tempo (1895) o L’isola del dottor Moreau (1896), quei capostipiti della fantascienza che hanno reso Wells così popolare. Metà dei racconti di Cronache dall’altrove rivelano il Wells studioso di scienza, dove fenomeni apparentemente fantastici vengono smascherati come eventi razionalmente spiegabili: la casa infestata (“La cosa al numero 7”), la persona presente in due luoghi diversi (“Il doppelgänger di Mr Marshall”) oppure la defunta che ricompare (“La presenza accanto al caminetto”). Sono gli scritti che forse colpiscono di meno, ma talvolta con risvolti psicologici interessanti (nella loro Postfazione, Cosi e Repossi notano giustamente quanto sia difficile categorizzare in generi l’opera di Wells). In “L’essenza di Wayde”, ad esempio, l’elisir fortunato che assicura al protagonista una brillante carriera politica si rivela un trucco per dargli quella sicurezza caratteriale che non possiede, e la rivelazione rigetta Wayde nello sconforto: “Mi sento come un sonnambulo che viene svegliato all’improvviso mentre si trova sulla guglia più alta di un edificio mostruoso.” C’è inoltre il genere della crime story, come il giallo/horror di “Walcote”, accostato dalle curatrici a Poe, e il giallo-politico “L’impronta digitale”, dove un docente di chimica smaschera, grazie alle sue conoscenze scientifiche, l’autore di un attentato anarchico. Datato 1894, questo racconto non solo appartiene a un decennio di numerosi eventi simili a Londra, ma è contemporaneo del noto attentato all’Osservatorio di Greenwich e della famosa novella di Wells “Il bacillo rubato”, dove il pericolo terrorista viene dalla microbiologia, piuttosto che dalla chimica; la figura del terrorista-rivoluzionario, in quel periodo, ha ispirato autori come Stevenson, Wallace, Conrad e Chesterton. Il professore del racconto precedente rimane stupito di fronte alla reazione violenta del colpevole smascherato: “davvero sleale da parte sua. Queste cose tolgono al lavoro dell’investigatore tutto il suo fascino razionale.” L’irrazionale ha un fascino ancor più forte, sembra però suggerire l’autore. Se le storie menzionate sopra sono legate al periodo di Wells studente, quelle dei primi decenni del ’900 sono forse le più affascinanti proprio perché appartengono al Wells fantastico – all’immaginazione di vari “altrove”, appunto, da associare ad altre perle della narrativa breve wellsiana come “La porta nel muro” o “La bottega magica”: “Tutte le cose meravigliose accadono all’improvviso, senza sottolineare alcun modo il fatto di esserlo, e quella non fece certo eccezione alla regola” : ne “Gli asini selvatici del diavolo”, uno scrittore si imbatte in un diavoletto scacciato dall’inferno per essersi lasciato sfuggire gli asini del titolo, e per questo “infelice” e dal “cuore spezzato. Il fantastico lascia spazio alla satira politica quando il diavoletto racconta dell’arrivo di Gladstone all’inferno, e a una misantropia dal sapore swiftiano quando rivela che sulla terra gli asini infernali assumono sembianze umane. “La strana storia del giornale di Brownlow” è un’altra storia che lascia il segno: forse è per questo che le curatrici ignorano la scansione cronologica e lo mettono a inizio raccolta, pur essendo datato 1932. Brownlow sostiene di aver ricevuto e letto un quotidiano del 1971: nel credergli, il narratore-scrittore descrive proprio il fascino del fantastico: “Mi sconvolge la mente. Mi rende febbricitante, e non infettandomi come un microbo, ma con punti interrogativi e curiosità insoddisfatte.” In questa trama del ‘giornale del giorno dopo’, che verrà ripresa più volte a partire dal film Avvenne domani (René Char, 1944), Wells immagina il mondo del futuro come un quasi-utopico stato mondiale basato su scienza e ambientalismo. Attraverso gli articoli ricordati da Brownlow dopo che il giornale è andato perso, quindi, si può ritrovare la vena di Wells come acuto osservatore della società umana. Le concezioni utopiche del futuro, però, si mescolano a visioni ben più fosche, presenti sin dai suoi esordi letterari. Cronache dall’altrove include quello che Cosi e Repossi definiscono il primo racconto pubblicato da Wells (secondo altre fonti, il terzo), “Visioni del passato” (1887), dove il protagonista narra di un suo sogno ambientato nel lontanissimo passato del nostro pianeta, popolato da grandi rettili con tre occhi convinti di essere “l’apice della vita, gli esseri più nobili che siano mai esistiti o che mai esisteranno […] mentre gli esseri inferiori scompaiono e vengono sostituiti.” Anche il protagonista sostiene la stessa cosa, però, riguardo al futuro da cui proviene, quando l’essere umano trionferà. Fra le righe si può già leggere, in questo racconto giovanile, la critica relativistica che emergerà in maniera esplicita ne La guerra dei mondi (1898), dove l’invasione dei marziani mette a nudo l’assurda pretesa di superiorità dei britannici nei confronti delle popolazioni colonizzate. Questo scetticismo di fondo sul reale valore della civiltà occidentale riemergerà poi anche in opere più tarde come Il giocatore di croquet (1936), romanzo di un’amarezza apocalittica. Cronache dall’altrove si chiude con “Risposta a una preghiera” (1937), ultimo racconto pubblicato in vita. Un arcivescovo in crisi decide di ricominciare a pregare davvero, e inaspettatamente Dio gli risponde con voce “né amichevole né ostile; era quasi brusca.” Lo ritrovano morto il giorno dopo: “invece della serenità, la serenità quasi fatua che esprimeva di solito, il suo volto, per uno strano scherzo della natura, mostrava un terrore e uno sgomento immensi.”

Il fascino dell'irrazionale

Deandrea, Pietro
2024-01-01

Abstract

Per i tanti estimatori della narrativa di H.G. Wells, dieci racconti finora inediti in Italia sono davvero una tentazione irresistibile: pubblicati nell’arco di cinquant’anni (1887-1937), rappresentano molte sfaccettature della sua preziosa produzione: questa raccolta ne arricchisce meritoriamente la complessità per il pubblico italiano. Va detto subito cosa non contengono, e cioè scientific romances come La macchina del tempo (1895) o L’isola del dottor Moreau (1896), quei capostipiti della fantascienza che hanno reso Wells così popolare. Metà dei racconti di Cronache dall’altrove rivelano il Wells studioso di scienza, dove fenomeni apparentemente fantastici vengono smascherati come eventi razionalmente spiegabili: la casa infestata (“La cosa al numero 7”), la persona presente in due luoghi diversi (“Il doppelgänger di Mr Marshall”) oppure la defunta che ricompare (“La presenza accanto al caminetto”). Sono gli scritti che forse colpiscono di meno, ma talvolta con risvolti psicologici interessanti (nella loro Postfazione, Cosi e Repossi notano giustamente quanto sia difficile categorizzare in generi l’opera di Wells). In “L’essenza di Wayde”, ad esempio, l’elisir fortunato che assicura al protagonista una brillante carriera politica si rivela un trucco per dargli quella sicurezza caratteriale che non possiede, e la rivelazione rigetta Wayde nello sconforto: “Mi sento come un sonnambulo che viene svegliato all’improvviso mentre si trova sulla guglia più alta di un edificio mostruoso.” C’è inoltre il genere della crime story, come il giallo/horror di “Walcote”, accostato dalle curatrici a Poe, e il giallo-politico “L’impronta digitale”, dove un docente di chimica smaschera, grazie alle sue conoscenze scientifiche, l’autore di un attentato anarchico. Datato 1894, questo racconto non solo appartiene a un decennio di numerosi eventi simili a Londra, ma è contemporaneo del noto attentato all’Osservatorio di Greenwich e della famosa novella di Wells “Il bacillo rubato”, dove il pericolo terrorista viene dalla microbiologia, piuttosto che dalla chimica; la figura del terrorista-rivoluzionario, in quel periodo, ha ispirato autori come Stevenson, Wallace, Conrad e Chesterton. Il professore del racconto precedente rimane stupito di fronte alla reazione violenta del colpevole smascherato: “davvero sleale da parte sua. Queste cose tolgono al lavoro dell’investigatore tutto il suo fascino razionale.” L’irrazionale ha un fascino ancor più forte, sembra però suggerire l’autore. Se le storie menzionate sopra sono legate al periodo di Wells studente, quelle dei primi decenni del ’900 sono forse le più affascinanti proprio perché appartengono al Wells fantastico – all’immaginazione di vari “altrove”, appunto, da associare ad altre perle della narrativa breve wellsiana come “La porta nel muro” o “La bottega magica”: “Tutte le cose meravigliose accadono all’improvviso, senza sottolineare alcun modo il fatto di esserlo, e quella non fece certo eccezione alla regola” : ne “Gli asini selvatici del diavolo”, uno scrittore si imbatte in un diavoletto scacciato dall’inferno per essersi lasciato sfuggire gli asini del titolo, e per questo “infelice” e dal “cuore spezzato. Il fantastico lascia spazio alla satira politica quando il diavoletto racconta dell’arrivo di Gladstone all’inferno, e a una misantropia dal sapore swiftiano quando rivela che sulla terra gli asini infernali assumono sembianze umane. “La strana storia del giornale di Brownlow” è un’altra storia che lascia il segno: forse è per questo che le curatrici ignorano la scansione cronologica e lo mettono a inizio raccolta, pur essendo datato 1932. Brownlow sostiene di aver ricevuto e letto un quotidiano del 1971: nel credergli, il narratore-scrittore descrive proprio il fascino del fantastico: “Mi sconvolge la mente. Mi rende febbricitante, e non infettandomi come un microbo, ma con punti interrogativi e curiosità insoddisfatte.” In questa trama del ‘giornale del giorno dopo’, che verrà ripresa più volte a partire dal film Avvenne domani (René Char, 1944), Wells immagina il mondo del futuro come un quasi-utopico stato mondiale basato su scienza e ambientalismo. Attraverso gli articoli ricordati da Brownlow dopo che il giornale è andato perso, quindi, si può ritrovare la vena di Wells come acuto osservatore della società umana. Le concezioni utopiche del futuro, però, si mescolano a visioni ben più fosche, presenti sin dai suoi esordi letterari. Cronache dall’altrove include quello che Cosi e Repossi definiscono il primo racconto pubblicato da Wells (secondo altre fonti, il terzo), “Visioni del passato” (1887), dove il protagonista narra di un suo sogno ambientato nel lontanissimo passato del nostro pianeta, popolato da grandi rettili con tre occhi convinti di essere “l’apice della vita, gli esseri più nobili che siano mai esistiti o che mai esisteranno […] mentre gli esseri inferiori scompaiono e vengono sostituiti.” Anche il protagonista sostiene la stessa cosa, però, riguardo al futuro da cui proviene, quando l’essere umano trionferà. Fra le righe si può già leggere, in questo racconto giovanile, la critica relativistica che emergerà in maniera esplicita ne La guerra dei mondi (1898), dove l’invasione dei marziani mette a nudo l’assurda pretesa di superiorità dei britannici nei confronti delle popolazioni colonizzate. Questo scetticismo di fondo sul reale valore della civiltà occidentale riemergerà poi anche in opere più tarde come Il giocatore di croquet (1936), romanzo di un’amarezza apocalittica. Cronache dall’altrove si chiude con “Risposta a una preghiera” (1937), ultimo racconto pubblicato in vita. Un arcivescovo in crisi decide di ricominciare a pregare davvero, e inaspettatamente Dio gli risponde con voce “né amichevole né ostile; era quasi brusca.” Lo ritrovano morto il giorno dopo: “invece della serenità, la serenità quasi fatua che esprimeva di solito, il suo volto, per uno strano scherzo della natura, mostrava un terrore e uno sgomento immensi.”
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Wells, letteratura fantastica, letteratura inglese
Deandrea, Pietro
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/1983890
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