Che il sistema dei partiti sia elemento “costitutivo” ovvero soltanto “condizionante” della forma di governo è oggetto di acceso dibattito da almeno cinquant’anni, ossia dalla pubblicazione del celebre saggio di Leopoldo Elia che, rompendo con una tradizione classica degli studi in materia, sembrava attribuire un valore propriamente giuridico all’inserimento del sistema dei partiti tra gli elementi rilevanti nella classificazione delle forme di governo. È in ogni caso indubbio che ai fini di una corretta comprensione del modo di funzionamento della forma di governo è necessario tenere conto delle regolarità, espresse in termini di “convenzioni della Costituzione”, di cui i partiti politici si fanno portatori nel loro concreto operare dentro tale forma. Il ruolo delle convenzioni è reso evidente dalla scelta, non casuale, dei costituenti di affidare la disciplina costituzionale della forma di governo a poche e scarne disposizioni “a fattispecie aperta”, bisognose di integrazione mediante norme convenzionali, che gli stessi partiti, nelle loro reciproche relazioni progressivamente assestatesi in base ai rapporti di forza che di volta in volta emergevano, hanno provveduto a elaborare. Il perdurare nel tempo di convenzioni capaci di condizionare il funzionamento della forma di governo è possibile soltanto in contesti costituzionali stabili. Altrimenti non si formano convenzioni, tutt’al più si susseguono meri fatti politici. Un sistema stabile di convenzioni integratrici delle norme costituzionali sulla forma di governo ha funzionato in Italia fino alla fine degli anni ’80, ossia fino a quando è sopravvissuto il sistema dei partiti, storicamente determinato, presupposto dalla Costituzione: un modello di partito come soggetto collettivo impersonale, evocativo dell’idea dell’auto-organizzazione dal basso dei cittadini entro corpi intermedi rappresentativi delle diverse articolazioni del pluralismo. Quale impatto ha avuto sul funzionamento complessivo della forma di governo la profonda trasformazione storica che quel sistema ha subito a partire dalla fine degli anni ‘80? Il complesso delle regole costituzionali formali che definiscono la forma di governo sembra oggi incapace di offrire prestazioni efficienti perché soffre l’assenza di meccanismi di stabilizzazione attraverso convenzioni, ossia regolarità indotte dalla condivisione di un medesimo codice interpretativo del contesto politico, sociale e costituzionale di riferimento. Si tratta allora di scommettere sulla possibilità di ricostruire le condizioni per un sistema dei partiti che non c’è (più) ma che tuttavia è dalla Costituzione presupposto, attraverso la rilegittimazione di corpi intermedi rappresentativi capaci di riconoscersi e di operare nella reciproca accettazione del contesto pluralistico cui la Costituzione li costringe.

Partiti politici e regolazione della forma di governo

Enrico Grosso
2024-01-01

Abstract

Che il sistema dei partiti sia elemento “costitutivo” ovvero soltanto “condizionante” della forma di governo è oggetto di acceso dibattito da almeno cinquant’anni, ossia dalla pubblicazione del celebre saggio di Leopoldo Elia che, rompendo con una tradizione classica degli studi in materia, sembrava attribuire un valore propriamente giuridico all’inserimento del sistema dei partiti tra gli elementi rilevanti nella classificazione delle forme di governo. È in ogni caso indubbio che ai fini di una corretta comprensione del modo di funzionamento della forma di governo è necessario tenere conto delle regolarità, espresse in termini di “convenzioni della Costituzione”, di cui i partiti politici si fanno portatori nel loro concreto operare dentro tale forma. Il ruolo delle convenzioni è reso evidente dalla scelta, non casuale, dei costituenti di affidare la disciplina costituzionale della forma di governo a poche e scarne disposizioni “a fattispecie aperta”, bisognose di integrazione mediante norme convenzionali, che gli stessi partiti, nelle loro reciproche relazioni progressivamente assestatesi in base ai rapporti di forza che di volta in volta emergevano, hanno provveduto a elaborare. Il perdurare nel tempo di convenzioni capaci di condizionare il funzionamento della forma di governo è possibile soltanto in contesti costituzionali stabili. Altrimenti non si formano convenzioni, tutt’al più si susseguono meri fatti politici. Un sistema stabile di convenzioni integratrici delle norme costituzionali sulla forma di governo ha funzionato in Italia fino alla fine degli anni ’80, ossia fino a quando è sopravvissuto il sistema dei partiti, storicamente determinato, presupposto dalla Costituzione: un modello di partito come soggetto collettivo impersonale, evocativo dell’idea dell’auto-organizzazione dal basso dei cittadini entro corpi intermedi rappresentativi delle diverse articolazioni del pluralismo. Quale impatto ha avuto sul funzionamento complessivo della forma di governo la profonda trasformazione storica che quel sistema ha subito a partire dalla fine degli anni ‘80? Il complesso delle regole costituzionali formali che definiscono la forma di governo sembra oggi incapace di offrire prestazioni efficienti perché soffre l’assenza di meccanismi di stabilizzazione attraverso convenzioni, ossia regolarità indotte dalla condivisione di un medesimo codice interpretativo del contesto politico, sociale e costituzionale di riferimento. Si tratta allora di scommettere sulla possibilità di ricostruire le condizioni per un sistema dei partiti che non c’è (più) ma che tuttavia è dalla Costituzione presupposto, attraverso la rilegittimazione di corpi intermedi rappresentativi capaci di riconoscersi e di operare nella reciproca accettazione del contesto pluralistico cui la Costituzione li costringe.
2024
3
103
139
Forma di governo, sistema dei partiti, convenzioni costituzionali, parlamentarismo, pluralismo politico-sociale
Enrico Grosso
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