Una «poetica isperica», come la definì Eco, connota le opere di Joyce, su tutte il Finnegans Wake, creando un modello di (anti)romanzo che, oltre il Modernismo in cui si produsse, prosegue negli esperimenti delle neo-avanguardie. Tale isperismo – dai caratteri bizzarri, stravaganti, eccessivi e improntato ad un uso associativo, libero e scardinante di lingue e registri – vive in forma di capriccio. Si vorrebbe, prima, discutere di come si possa parlare per Joyce e per il Finnegans di un ritorno espressivo tanto della capricciosità del Barocco, quanto delle fantasie linguistiche dell’arte medievale. In secondo luogo, si crede di poter seguire un’eco di tale ritorno, sempre sotto l’egida joyciana, nel Capriccio italiano (1963) di Sanguineti e nel Portrait de l’artiste en jeune singe (1967) di Butor. Il motivo per cui si legano questi romanzi all’opera più indefinibile fra quelle dello scrittore irlandese è la tematizzazione del mondo onirico: le possibilità del sogno, a livello compositivo, immaginifico e mitologico, hanno per Sanguineti e Butor l’impianto del capriccio, ossia di un’opera anomala seppur ironica, vezzeggiante la sua stessa anomalia. Ciò a riprova non semplicemente di un esercizio meta-narrativo, ma di una sperimentazione improntata alla creazione di un laboratorio della e nella lingua, alla maniera del Finnegans. Accanto all’onirico, la lezione di Joyce si ritrova in Sanguineti e Butor nella postura, da entrambi assunta, di trasformatori della forma romanzesca, avvertita ancora troppo imbrigliata nelle maglie del realismo. Si vedrà come essi, nel tentativo di rinnovare la struttura del romanzo, si approprino, giungendo a soluzioni diverse, di strategie narrative e discorsive tipicamente joyciane: l’abbassamento linguistico con un contrappunto enciclopedico; la pluralità dei codici e dei livelli di lettura, con conseguente effetto labirintico; il gioco, e quindi il capriccio, come componenti essenziali della scrittura e della trama, specie nello sforzo di rendere lo straniamento del sogno e la sua compressione di tempo e spazio.

L’isperico onirico: Joyce e la forma del capriccio in Sanguineti e Butor

Niccolo' Monti
First
2022-01-01

Abstract

Una «poetica isperica», come la definì Eco, connota le opere di Joyce, su tutte il Finnegans Wake, creando un modello di (anti)romanzo che, oltre il Modernismo in cui si produsse, prosegue negli esperimenti delle neo-avanguardie. Tale isperismo – dai caratteri bizzarri, stravaganti, eccessivi e improntato ad un uso associativo, libero e scardinante di lingue e registri – vive in forma di capriccio. Si vorrebbe, prima, discutere di come si possa parlare per Joyce e per il Finnegans di un ritorno espressivo tanto della capricciosità del Barocco, quanto delle fantasie linguistiche dell’arte medievale. In secondo luogo, si crede di poter seguire un’eco di tale ritorno, sempre sotto l’egida joyciana, nel Capriccio italiano (1963) di Sanguineti e nel Portrait de l’artiste en jeune singe (1967) di Butor. Il motivo per cui si legano questi romanzi all’opera più indefinibile fra quelle dello scrittore irlandese è la tematizzazione del mondo onirico: le possibilità del sogno, a livello compositivo, immaginifico e mitologico, hanno per Sanguineti e Butor l’impianto del capriccio, ossia di un’opera anomala seppur ironica, vezzeggiante la sua stessa anomalia. Ciò a riprova non semplicemente di un esercizio meta-narrativo, ma di una sperimentazione improntata alla creazione di un laboratorio della e nella lingua, alla maniera del Finnegans. Accanto all’onirico, la lezione di Joyce si ritrova in Sanguineti e Butor nella postura, da entrambi assunta, di trasformatori della forma romanzesca, avvertita ancora troppo imbrigliata nelle maglie del realismo. Si vedrà come essi, nel tentativo di rinnovare la struttura del romanzo, si approprino, giungendo a soluzioni diverse, di strategie narrative e discorsive tipicamente joyciane: l’abbassamento linguistico con un contrappunto enciclopedico; la pluralità dei codici e dei livelli di lettura, con conseguente effetto labirintico; il gioco, e quindi il capriccio, come componenti essenziali della scrittura e della trama, specie nello sforzo di rendere lo straniamento del sogno e la sua compressione di tempo e spazio.
2022
La funzione Joyce nel romanzo occidentale
Ledizioni
169
188
9788855267489
Niccolo' Monti
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