Il progetto Arcturus nasce con l’obiettivo di sperimentare un modello di sistema-rete integrato, capace di rispondere in modo personalizzato ed efficace ai bisogni complessi di persone in condizione di marginalità. All’interno del quadro promosso dal PNRR e dalla riforma del welfare territoriale (DM 77), il progetto raccoglie la sfida di superare una logica di erogazione standardizzata, trasformando i servizi territoriali in infrastrutture sociali capaci di costruire fiducia, generare salute e sostenere percorsi di autonomia. Il fulcro del modello è l’integrazione operativa tra professionalità e organizzazioni differenti, pubbliche e del privato sociale, che collaborano in modo strutturato per costruire, insieme alla persona, percorsi condivisi. L’approccio è profondamente olistico: mette al centro la relazione, l’ascolto, la continuità del tempo e il riconoscimento del contesto di vita come spazio fondamentale per la promozione della salute. La sperimentazione ha mostrato che è proprio questa prossimità, intesa anche come prossimità cognitiva, relazionale ed emotiva, a rendere possibile l’attivazione di processi di capacitazione nei contesti più fragili, dove i dispositivi tradizionali faticano a produrre risultati. Le azioni tecnico professionali di cura e prevenzione sanitaria, di supporto sociale e giuridico si sviluppano in modo coerente all’interno di questa relazione attiva con le persone. La valutazione della sperimentazione è stata condotta con la partecipazione attiva e riflessiva delle operatrici e degli operatori, che hanno elaborato con il gruppo di ricerca ipotesi e strumenti di monitoraggio per verificare l’impatto delle pratiche professionali e del lavoro di rete, al fine di individuare i tratti qualificanti del modello operativo e i modi per migliorarne ed estenderne l’impatto. L’analisi si è concentrata su 161 casi complessi, selezionati non per rappresentare statisticamente l’intera popolazione in carico (quasi 10.000 persone), ma per verificare la capacità del modello di operare in condizioni critiche: situazioni con bisogni multipli e intrecciati, assenza di documentazione sanitaria, fragilità legali, linguistiche e abitative, assenza di riferimenti sanitari continuativi, isolamento sociale e, in molti casi, condizioni di senza dimora. I risultati della sperimentazione sono rilevanti sotto più profili. La diagnosi sanitaria e sociale iniziale parte, come ci si attendeva, da una conoscenza scarsa e insufficiente delle persone (una media di appena 3 su 10), tuttavia migliora in modo significativo nello sviluppo intenzionale della relazione, fino a conoscere risorse e criticità della persona stessa (superando i 6 punti sull’indicatore di conoscenza) al termine del percorso. Questo indica un cambiamento sostanziale nella capacità degli operatori di comprendere le situazioni in modo approfondito e orientare interventi e percorsi adeguati. Il miglioramento riguarda anche la qualità della risposta socio-sanitaria, la strutturazione di piani personalizzati e il livello di coordinamento tra operatori, con un netto superamento degli obiettivi iniziali. Alla fine del periodo di sperimentazione, secondo i medici e gli operatori sociali del gruppo multiprofessionale, il miglioramento della salute delle persone in carico è stato molto ampio: per il 11% dei casi il miglioramento è stato molto importante, per quasi il 30% vengono indicati netti miglioramenti, per un altro 23% i miglioramenti sono stati soddisfacenti. Pari o sotto il valore intermedio di 5 si colloca il 15% dei casi su cui vengono indicati miglioramenti contenuti e il 15% per cui si registrano miglioramenti marginali. I casi in cui il miglioramento è assente o si registra un peggioramento sono circa il 7%. Consideriamo che il 47% dei casi sono affetti da patologie croniche, che vi sono molti casi complessi sotto il profilo sociale e che l’arco di tempo considerato è modesto e variabile, perché i casi sono stati presi in carico progressivamente ma lo stato finale è stato compilato quando il progetto ha chiuso l’annualità. Il giudizio sul miglioramento del benessere percepito dalla persona, registrato nei colloqui in modo diretto o indiretto e nei comportamenti, è ancora più generalizzato, ed evidenzia la possibilità di accrescere attraverso l’intervento il benessere della persona e la qualità delle sue relazioni, anche se non fosse possibile date le patologie migliorare l’effettivo stato di salute. Solo il 4,1% dei casi non mostra miglioramenti di benessere, mentre nella quasi totalità emerge da colloqui e comportamenti un miglioramento tangibile, che nel 10% circa dei casi è molto forte e che in quasi la metà dei casi è abbastanza forte. Sono le condizioni culturali e organizzative del sistema-rete integrato che sostengono questi effetti sulle persone. Il dialogo multiprofessionale si rafforza in modo evidente: nel 75% dei casi il progetto personalizzato è stato elaborato attraverso un confronto sistematico tra più operatori, mentre la condivisione informale ma funzionale delle informazioni cresce in modo trasversale e arriva a coinvolgere un numero assai ampio di riferimenti nei servizi pubblici e privati sul territorio. Limitandosi ai soli enti che hanno condotto la sperimentazione, l’attivazione della rete territoriale allargata registra incrementi significativi: in oltre il 40% dei casi sono stati coinvolti più enti sul progetto di presa in carico. L’impatto più rilevante si osserva nelle relazioni tra persona e operatori. Crescono la fiducia, la partecipazione attiva, la capacità della persona di accedere ai servizi, di farlo in modo appropriato, di gestire la propria autonomia e di sviluppare relazioni significative. La capacità di agire autonomamente sui problemi rilevanti è passata dal 18% iniziale al 57%. Il senso di isolamento si riduce sensibilmente, e l’accesso a luoghi sociali, che inizialmente riguardava appena il 22% dei casi, supera il 47% al termine dell’intervento. Più contenuto, ma comunque significativo, il miglioramento delle relazioni familiari, che si confermano ambiti rigidi e poco modificabili nel breve periodo. L’analisi evidenzia anche un’importante correlazione tra le diverse dimensioni: una maggiore comprensione della persona si accompagna quasi sempre a una migliore integrazione della rete, a un maggiore coinvolgimento della persona stessa sul percorso e a una più efficace attivazione del capitale sociale. I processi di empowerment degli operatori e di cooperazione nel gruppo sono alla base di questi effetti. Emerge un modello organizzativo e culturale coerente, in cui le diverse componenti – dalla relazione di cura all’organizzazione interprofessionale – si sostengono e si potenziano reciprocamente. Un ulteriore elemento strategico è la capacità del modello Arcturus di generare valore pubblico, ambito assai promettente di sviluppo, facendo crescere la collaborazione sul sistema-rete integrato tra Pubbliche amministrazioni, sanità pubblica ed enti del terzo settore. L’investimento in prossimità, relazione, mediazione e integrazione migliora non solo l’efficacia degli interventi, ma riduce nel medio-lungo periodo le disfunzioni sistemiche più note: accessi impropri, cronicizzazioni, drop-out, ritardi e duplicazioni. Il sistema-rete integrato, infatti, non si limita a gestire i singoli casi, ma produce infrastrutture sociali durature: costruisce fiducia nei servizi e collaborazione tra operatori, accresce la coesione delle comunità e riattiva capacità e risorse delle persone, contribuendo alla sostenibilità del sistema di welfare. Nonostante le difficoltà affrontate – tra cui la frammentazione degli archivi, l’assenza di interoperabilità tra sistemi informativi, i limiti temporali e organizzativi – la sperimentazione ha dimostrato che il modello è realizzabile, genera apprendimento organizzativo, ha effetti osservabili e replicabili sulla salute e sul benessere delle persone come sulla qualità del lavoro degli operatori e rappresenta una buona pratica. La sua estensione, in particolare all’interno delle Case della Comunità, appare non solo auspicabile, ma necessaria per rendere concretamente operativi i principi della sanità territoriale delineati a livello nazionale. Arcturus dimostra che innovare il welfare territoriale non significa solo introdurre nuove strutture o tecnologie, né semplicemente misurare la riduzione di eventi indesiderati. Innovare significa costruire le condizioni per trasformare le capacità delle persone e degli operatori, creare fiducia, riconoscere i contesti e favorire relazioni che generano salute, equità e dignità, anche nei margini più fragili della società. In conclusione, la sperimentazione di Arcturus consente di formulare delle raccomandazioni per il rafforzamento degli interventi territoriali per la salute e per lo sviluppo del nuovo modello di welfare territoriale nell’ambito delle Case della Comunità, orientato a promuovere la salute delle persone e particolarmente necessario per le persone che si trovano in una situazione di grave marginalità. - Assumere la centralità della persona, traducendola concretamente in processi di accoglienza e servizio, in ascolto, comprensione (cioè comprendere i bisogni dal punto di vista di chi li esprime) e capacitazione della persona, in modo che possa avere il più possibile il controllo sulla propria salute. Da questa azione dovrebbero derivare tutte le altre iniziative di relazione e di servizio e i loro tempi. - Adottare la prospettiva della ricerca-azione e valorizzare il gruppo multiprofessionale come unità operativa. Questo approccio consente di sviluppare l’accompagnamento nei percorsi personali, effettuare verifiche, promuovere l’apprendimento e contribuire, con altri gruppi multiprofessionali pubblici e privati, a un sistema-rete integrato attivo sul territorio. - Assicurarsi della presenza nei gruppi multiprofessionali e nelle reti delle competenze per la costruzione di prossimità e mediazione, necessarie al lavoro territoriale integrato e personalizzato, sia trasversali a tutte le figure sociali e sanitarie, sia attraverso figure specializzate (ad esempio, Arcturus ha introdotto l’agente di prossimità). - Creare le condizioni istituzionali per consentire e facilitare il funzionamento stabile e collaborativo di questi gruppi multiprofessionali sul territorio. Ciò avviene attraverso la co-programmazione e la co-progettazione di politiche e servizi specifici, coinvolgendo gli enti del terzo settore e i servizi pubblici nella definizione di strumenti e modelli operativi. Dalle strutture pubbliche ci si aspetterebbe quindi 1) regolazione diretta e facilitazione per il rispetto delle regole sovra-ordinate, 2) supporto di risorse economiche per l’operatività strutturale continua nel tempo del sistema-rete degli ETS, 3) cooperazione operativa con il sistema-rete ETS delle strutture pubbliche nella gestione integrata di servizi e percorsi delle persone, 4) condivisione di strumenti e risorse informative per la gestione strategica dei casi, delle tipologie di bisogni, dei servizi e per la loro valutazione e affinamento. - Creare le condizioni tecnologiche e informative per la gestione di servizi territoriali centrati sulla persona e quindi capaci di accompagnare la persona ad affrontare i diversi bisogni – giuridico formali, sanitari, sociali, ecc. – in modo coordinato e integrato. L’accesso e la gestione dei dati, almeno in parte comuni, rappresentano elementi chiave per rendere questo approccio operativo.

COSTRUIRE RETI, GENERARE IMPATTO L’esperienza della rete Arcturus: innovazione, cooperazione e welfare territoriale efficace

Silvia Pilutti;Roberto Di Monaco;Giuseppe Costa
2025-01-01

Abstract

Il progetto Arcturus nasce con l’obiettivo di sperimentare un modello di sistema-rete integrato, capace di rispondere in modo personalizzato ed efficace ai bisogni complessi di persone in condizione di marginalità. All’interno del quadro promosso dal PNRR e dalla riforma del welfare territoriale (DM 77), il progetto raccoglie la sfida di superare una logica di erogazione standardizzata, trasformando i servizi territoriali in infrastrutture sociali capaci di costruire fiducia, generare salute e sostenere percorsi di autonomia. Il fulcro del modello è l’integrazione operativa tra professionalità e organizzazioni differenti, pubbliche e del privato sociale, che collaborano in modo strutturato per costruire, insieme alla persona, percorsi condivisi. L’approccio è profondamente olistico: mette al centro la relazione, l’ascolto, la continuità del tempo e il riconoscimento del contesto di vita come spazio fondamentale per la promozione della salute. La sperimentazione ha mostrato che è proprio questa prossimità, intesa anche come prossimità cognitiva, relazionale ed emotiva, a rendere possibile l’attivazione di processi di capacitazione nei contesti più fragili, dove i dispositivi tradizionali faticano a produrre risultati. Le azioni tecnico professionali di cura e prevenzione sanitaria, di supporto sociale e giuridico si sviluppano in modo coerente all’interno di questa relazione attiva con le persone. La valutazione della sperimentazione è stata condotta con la partecipazione attiva e riflessiva delle operatrici e degli operatori, che hanno elaborato con il gruppo di ricerca ipotesi e strumenti di monitoraggio per verificare l’impatto delle pratiche professionali e del lavoro di rete, al fine di individuare i tratti qualificanti del modello operativo e i modi per migliorarne ed estenderne l’impatto. L’analisi si è concentrata su 161 casi complessi, selezionati non per rappresentare statisticamente l’intera popolazione in carico (quasi 10.000 persone), ma per verificare la capacità del modello di operare in condizioni critiche: situazioni con bisogni multipli e intrecciati, assenza di documentazione sanitaria, fragilità legali, linguistiche e abitative, assenza di riferimenti sanitari continuativi, isolamento sociale e, in molti casi, condizioni di senza dimora. I risultati della sperimentazione sono rilevanti sotto più profili. La diagnosi sanitaria e sociale iniziale parte, come ci si attendeva, da una conoscenza scarsa e insufficiente delle persone (una media di appena 3 su 10), tuttavia migliora in modo significativo nello sviluppo intenzionale della relazione, fino a conoscere risorse e criticità della persona stessa (superando i 6 punti sull’indicatore di conoscenza) al termine del percorso. Questo indica un cambiamento sostanziale nella capacità degli operatori di comprendere le situazioni in modo approfondito e orientare interventi e percorsi adeguati. Il miglioramento riguarda anche la qualità della risposta socio-sanitaria, la strutturazione di piani personalizzati e il livello di coordinamento tra operatori, con un netto superamento degli obiettivi iniziali. Alla fine del periodo di sperimentazione, secondo i medici e gli operatori sociali del gruppo multiprofessionale, il miglioramento della salute delle persone in carico è stato molto ampio: per il 11% dei casi il miglioramento è stato molto importante, per quasi il 30% vengono indicati netti miglioramenti, per un altro 23% i miglioramenti sono stati soddisfacenti. Pari o sotto il valore intermedio di 5 si colloca il 15% dei casi su cui vengono indicati miglioramenti contenuti e il 15% per cui si registrano miglioramenti marginali. I casi in cui il miglioramento è assente o si registra un peggioramento sono circa il 7%. Consideriamo che il 47% dei casi sono affetti da patologie croniche, che vi sono molti casi complessi sotto il profilo sociale e che l’arco di tempo considerato è modesto e variabile, perché i casi sono stati presi in carico progressivamente ma lo stato finale è stato compilato quando il progetto ha chiuso l’annualità. Il giudizio sul miglioramento del benessere percepito dalla persona, registrato nei colloqui in modo diretto o indiretto e nei comportamenti, è ancora più generalizzato, ed evidenzia la possibilità di accrescere attraverso l’intervento il benessere della persona e la qualità delle sue relazioni, anche se non fosse possibile date le patologie migliorare l’effettivo stato di salute. Solo il 4,1% dei casi non mostra miglioramenti di benessere, mentre nella quasi totalità emerge da colloqui e comportamenti un miglioramento tangibile, che nel 10% circa dei casi è molto forte e che in quasi la metà dei casi è abbastanza forte. Sono le condizioni culturali e organizzative del sistema-rete integrato che sostengono questi effetti sulle persone. Il dialogo multiprofessionale si rafforza in modo evidente: nel 75% dei casi il progetto personalizzato è stato elaborato attraverso un confronto sistematico tra più operatori, mentre la condivisione informale ma funzionale delle informazioni cresce in modo trasversale e arriva a coinvolgere un numero assai ampio di riferimenti nei servizi pubblici e privati sul territorio. Limitandosi ai soli enti che hanno condotto la sperimentazione, l’attivazione della rete territoriale allargata registra incrementi significativi: in oltre il 40% dei casi sono stati coinvolti più enti sul progetto di presa in carico. L’impatto più rilevante si osserva nelle relazioni tra persona e operatori. Crescono la fiducia, la partecipazione attiva, la capacità della persona di accedere ai servizi, di farlo in modo appropriato, di gestire la propria autonomia e di sviluppare relazioni significative. La capacità di agire autonomamente sui problemi rilevanti è passata dal 18% iniziale al 57%. Il senso di isolamento si riduce sensibilmente, e l’accesso a luoghi sociali, che inizialmente riguardava appena il 22% dei casi, supera il 47% al termine dell’intervento. Più contenuto, ma comunque significativo, il miglioramento delle relazioni familiari, che si confermano ambiti rigidi e poco modificabili nel breve periodo. L’analisi evidenzia anche un’importante correlazione tra le diverse dimensioni: una maggiore comprensione della persona si accompagna quasi sempre a una migliore integrazione della rete, a un maggiore coinvolgimento della persona stessa sul percorso e a una più efficace attivazione del capitale sociale. I processi di empowerment degli operatori e di cooperazione nel gruppo sono alla base di questi effetti. Emerge un modello organizzativo e culturale coerente, in cui le diverse componenti – dalla relazione di cura all’organizzazione interprofessionale – si sostengono e si potenziano reciprocamente. Un ulteriore elemento strategico è la capacità del modello Arcturus di generare valore pubblico, ambito assai promettente di sviluppo, facendo crescere la collaborazione sul sistema-rete integrato tra Pubbliche amministrazioni, sanità pubblica ed enti del terzo settore. L’investimento in prossimità, relazione, mediazione e integrazione migliora non solo l’efficacia degli interventi, ma riduce nel medio-lungo periodo le disfunzioni sistemiche più note: accessi impropri, cronicizzazioni, drop-out, ritardi e duplicazioni. Il sistema-rete integrato, infatti, non si limita a gestire i singoli casi, ma produce infrastrutture sociali durature: costruisce fiducia nei servizi e collaborazione tra operatori, accresce la coesione delle comunità e riattiva capacità e risorse delle persone, contribuendo alla sostenibilità del sistema di welfare. Nonostante le difficoltà affrontate – tra cui la frammentazione degli archivi, l’assenza di interoperabilità tra sistemi informativi, i limiti temporali e organizzativi – la sperimentazione ha dimostrato che il modello è realizzabile, genera apprendimento organizzativo, ha effetti osservabili e replicabili sulla salute e sul benessere delle persone come sulla qualità del lavoro degli operatori e rappresenta una buona pratica. La sua estensione, in particolare all’interno delle Case della Comunità, appare non solo auspicabile, ma necessaria per rendere concretamente operativi i principi della sanità territoriale delineati a livello nazionale. Arcturus dimostra che innovare il welfare territoriale non significa solo introdurre nuove strutture o tecnologie, né semplicemente misurare la riduzione di eventi indesiderati. Innovare significa costruire le condizioni per trasformare le capacità delle persone e degli operatori, creare fiducia, riconoscere i contesti e favorire relazioni che generano salute, equità e dignità, anche nei margini più fragili della società. In conclusione, la sperimentazione di Arcturus consente di formulare delle raccomandazioni per il rafforzamento degli interventi territoriali per la salute e per lo sviluppo del nuovo modello di welfare territoriale nell’ambito delle Case della Comunità, orientato a promuovere la salute delle persone e particolarmente necessario per le persone che si trovano in una situazione di grave marginalità. - Assumere la centralità della persona, traducendola concretamente in processi di accoglienza e servizio, in ascolto, comprensione (cioè comprendere i bisogni dal punto di vista di chi li esprime) e capacitazione della persona, in modo che possa avere il più possibile il controllo sulla propria salute. Da questa azione dovrebbero derivare tutte le altre iniziative di relazione e di servizio e i loro tempi. - Adottare la prospettiva della ricerca-azione e valorizzare il gruppo multiprofessionale come unità operativa. Questo approccio consente di sviluppare l’accompagnamento nei percorsi personali, effettuare verifiche, promuovere l’apprendimento e contribuire, con altri gruppi multiprofessionali pubblici e privati, a un sistema-rete integrato attivo sul territorio. - Assicurarsi della presenza nei gruppi multiprofessionali e nelle reti delle competenze per la costruzione di prossimità e mediazione, necessarie al lavoro territoriale integrato e personalizzato, sia trasversali a tutte le figure sociali e sanitarie, sia attraverso figure specializzate (ad esempio, Arcturus ha introdotto l’agente di prossimità). - Creare le condizioni istituzionali per consentire e facilitare il funzionamento stabile e collaborativo di questi gruppi multiprofessionali sul territorio. Ciò avviene attraverso la co-programmazione e la co-progettazione di politiche e servizi specifici, coinvolgendo gli enti del terzo settore e i servizi pubblici nella definizione di strumenti e modelli operativi. Dalle strutture pubbliche ci si aspetterebbe quindi 1) regolazione diretta e facilitazione per il rispetto delle regole sovra-ordinate, 2) supporto di risorse economiche per l’operatività strutturale continua nel tempo del sistema-rete degli ETS, 3) cooperazione operativa con il sistema-rete ETS delle strutture pubbliche nella gestione integrata di servizi e percorsi delle persone, 4) condivisione di strumenti e risorse informative per la gestione strategica dei casi, delle tipologie di bisogni, dei servizi e per la loro valutazione e affinamento. - Creare le condizioni tecnologiche e informative per la gestione di servizi territoriali centrati sulla persona e quindi capaci di accompagnare la persona ad affrontare i diversi bisogni – giuridico formali, sanitari, sociali, ecc. – in modo coordinato e integrato. L’accesso e la gestione dei dati, almeno in parte comuni, rappresentano elementi chiave per rendere questo approccio operativo.
2025
Prospettive ricerca socio-economica editrice
Ricerche
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201
978-88-907930-8-0
Case della Comunità, valutazione di impatto, salute, welfare territoriale, innovazione, modello Integrated Community Care
Silvia Pilutti, Roberto Di Monaco, Giuseppe Costa
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