Ciò che scompare, ciò che rimane, ciò che riemerge: sono queste le categorie del divenire in relazione alla morte individuate trent’anni fa da Remotti (1993) e trattate in diversi saggi pubblicati successivamente (Remotti 2006; 2008; 2014; 2018; 2022). Nel mio lavoro etnografico nella valle del Vajont – teatro della catastrofe che ha portato alla morte di 1917 persone nel 1963 – ho osservato come la morte conseguente a eventi catastrofici possa sovvertire radicalmente le pratiche culturali che accompagnano i morti in questo divenire, facendo sì che essi scompaiano, rimangano e riemergano fuori dal controllo che permette la gestione dei corpi e delle anime in situazioni di morti “ordinarie”. Nei giorni e negli anni successivi al disastro, i morti hanno variamente affrontato diversi processi di tanatometamorfosi (Remotti 2006). Dopo l’impatto dell’onda del Vajont, i cadaveri erano ovunque, sia nella loro presenza sia nella loro assenza: mentre alcuni riemergevano dalle acque deformati e trasformati, altri erano scomparsi per sempre. Perché dei morti rimanga qualcosa, la scomparsa dei corpi e degli oggetti appartenuti ai defunti sono oggi compensate dalla cura dei luoghi preposti al loro culto. La sovversione delle pratiche, e in particolare l’assenza di corpi da seppellire e l’impossibilità di portare avanti una ritualità funebre tradizionale, hanno portato i vivi a fare i conti con la costante riemersione dei morti, che ancora tornano nei sogni per chiedere di essere ritrovati.
Scomparire, rimanere, riemergere. I morti del Vajont, soggetti in divenire
Calzana Chiara
2024-01-01
Abstract
Ciò che scompare, ciò che rimane, ciò che riemerge: sono queste le categorie del divenire in relazione alla morte individuate trent’anni fa da Remotti (1993) e trattate in diversi saggi pubblicati successivamente (Remotti 2006; 2008; 2014; 2018; 2022). Nel mio lavoro etnografico nella valle del Vajont – teatro della catastrofe che ha portato alla morte di 1917 persone nel 1963 – ho osservato come la morte conseguente a eventi catastrofici possa sovvertire radicalmente le pratiche culturali che accompagnano i morti in questo divenire, facendo sì che essi scompaiano, rimangano e riemergano fuori dal controllo che permette la gestione dei corpi e delle anime in situazioni di morti “ordinarie”. Nei giorni e negli anni successivi al disastro, i morti hanno variamente affrontato diversi processi di tanatometamorfosi (Remotti 2006). Dopo l’impatto dell’onda del Vajont, i cadaveri erano ovunque, sia nella loro presenza sia nella loro assenza: mentre alcuni riemergevano dalle acque deformati e trasformati, altri erano scomparsi per sempre. Perché dei morti rimanga qualcosa, la scomparsa dei corpi e degli oggetti appartenuti ai defunti sono oggi compensate dalla cura dei luoghi preposti al loro culto. La sovversione delle pratiche, e in particolare l’assenza di corpi da seppellire e l’impossibilità di portare avanti una ritualità funebre tradizionale, hanno portato i vivi a fare i conti con la costante riemersione dei morti, che ancora tornano nei sogni per chiedere di essere ritrovati.| File | Dimensione | Formato | |
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