Il saggio propone un approfondimento intorno alla critica teatrale esercitata da Edoardo Sanguineti, nella veste di recensore, nella seconda metà degli anni Settanta. Nell’articolato contesto del teatro italiano del secondo Novecento, in continuità con la predilezione dell’autore per una concezione musicale della parola teatrale, la prospettiva sanguinetiana, fondata sulla centralità della voce, assunse nuova importanza anche ai fini di un ripensamento radicale dell’atto teatrale sin dalla sua genesi, oltre la dimensione meramente consumistica della spettacolarità e della fruizione scenica. Conseguentemente, Sanguineti rigettò il ruolo dominante della “regia critica” contemporanea e istituì intorno alle nozioni dell’“antitestualità” e dell’“antiletterarietà” un’affiliazione fertile con alcuni espo- nenti di spicco del teatro italiano del secondo Novecento, con specifico riferimento a Luca Ronconi, a Leo De Berardinis e a Perla Peragallo, e a Carmelo Bene. Nei confronti della poetica teatrale di quest’ultimo, in particolare, Sanguineti espresse un apprezzamento trasversale proprio intorno alla concezione del “canto” dell’attore, entro una dimensione che non appare priva di antecedenti nella storia del teatro. Senza stabilire rapporti di mera causalità, il saggio mette infine in evidenza una risonanza fra la prospettiva critica sanguinetiana con alcuni tentativi precedenti maturati nel teatro italiano verso un approccio musicale alla parola declamata.
«A teatro si “canta”, e non si parla»: alcuni aspetti della critica teatrale di Edoardo Sanguineti
Mancini, Leonardo
2025-01-01
Abstract
Il saggio propone un approfondimento intorno alla critica teatrale esercitata da Edoardo Sanguineti, nella veste di recensore, nella seconda metà degli anni Settanta. Nell’articolato contesto del teatro italiano del secondo Novecento, in continuità con la predilezione dell’autore per una concezione musicale della parola teatrale, la prospettiva sanguinetiana, fondata sulla centralità della voce, assunse nuova importanza anche ai fini di un ripensamento radicale dell’atto teatrale sin dalla sua genesi, oltre la dimensione meramente consumistica della spettacolarità e della fruizione scenica. Conseguentemente, Sanguineti rigettò il ruolo dominante della “regia critica” contemporanea e istituì intorno alle nozioni dell’“antitestualità” e dell’“antiletterarietà” un’affiliazione fertile con alcuni espo- nenti di spicco del teatro italiano del secondo Novecento, con specifico riferimento a Luca Ronconi, a Leo De Berardinis e a Perla Peragallo, e a Carmelo Bene. Nei confronti della poetica teatrale di quest’ultimo, in particolare, Sanguineti espresse un apprezzamento trasversale proprio intorno alla concezione del “canto” dell’attore, entro una dimensione che non appare priva di antecedenti nella storia del teatro. Senza stabilire rapporti di mera causalità, il saggio mette infine in evidenza una risonanza fra la prospettiva critica sanguinetiana con alcuni tentativi precedenti maturati nel teatro italiano verso un approccio musicale alla parola declamata.| File | Dimensione | Formato | |
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