Per un lungo periodo gli studi di danza hanno costruito il proprio orizzonte di ricerca attraverso metodologie di stampo eminentemente storico e documentale: lo stesso termine ‘repertorio’ è comunemente associato ad una accezione museale e conservativa, mentre nella sua stessa radice, ‘reperio’, vi è inscritta la natura dinamica della scoperta, dell’invenzione e della natura prolifica dell’archivio. Il repertorio nella danza è costituito da quell’insieme di forme sceniche (dal Ballet d’action del Settecento e il balletto romantico ottocentesco, fino alle forme neoclassiche della prima metà del Novecento, oltre alla vasta produzione della Modern e Postmodern dance), che sono state formalizzate attraverso tecniche, stili, notazioni. Attraverso la loro conservazione e ricostruzione è stato possibile quindi non solo superare il paradigma dell’effimero - una danza che si realizza tramite la sparizione, problematizzata da Peggy Phelan - ma capire come il corpo si costituisca come archivio, «a seguito di un processo di sedimentazione di tracce costituito dall’iscrizione sul corpo stesso di tecniche e stili coreografici». Il concetto di corpo-archivio non riguarda solamente gli schêmata iconografici che si trasmettono attraverso le epoche nel dispositivo performativo, ma anche questioni che interessano l’ambito dei gender studies, dei cultural studies e degli studi postcoloniali: gran parte della creazione coreica contemporanea attinge a questi repertori, leggendoli attraverso le lenti del re-enactment. La ‘ri-messa-in-azione’, descritta da Lepecki, permette al documento di parlare nuovamente del presente: il corpo che danza non può fare altro che realizzarsi attraverso i segni del suo contesto e la sua condizione socioculturale. Nel presente contributo si vuole approfondire il rapporto tra danza e repertorio attraverso alcuni casi studio della recente produzione italiana: l’Excelsior di Salvo Lombardo, Sylphidarium di Collettivo Cinetico, ma con uno sguardo agli studi di Mark Franko, si vuole osservare in modo più ampio come il repertorio sia un organismo in divenire, utile ai processi di riscrittura e di memoria.
Cinetica di un archivio. La natura prolifica del repertorio nella danza del presente
Zardi Andrea
2025-01-01
Abstract
Per un lungo periodo gli studi di danza hanno costruito il proprio orizzonte di ricerca attraverso metodologie di stampo eminentemente storico e documentale: lo stesso termine ‘repertorio’ è comunemente associato ad una accezione museale e conservativa, mentre nella sua stessa radice, ‘reperio’, vi è inscritta la natura dinamica della scoperta, dell’invenzione e della natura prolifica dell’archivio. Il repertorio nella danza è costituito da quell’insieme di forme sceniche (dal Ballet d’action del Settecento e il balletto romantico ottocentesco, fino alle forme neoclassiche della prima metà del Novecento, oltre alla vasta produzione della Modern e Postmodern dance), che sono state formalizzate attraverso tecniche, stili, notazioni. Attraverso la loro conservazione e ricostruzione è stato possibile quindi non solo superare il paradigma dell’effimero - una danza che si realizza tramite la sparizione, problematizzata da Peggy Phelan - ma capire come il corpo si costituisca come archivio, «a seguito di un processo di sedimentazione di tracce costituito dall’iscrizione sul corpo stesso di tecniche e stili coreografici». Il concetto di corpo-archivio non riguarda solamente gli schêmata iconografici che si trasmettono attraverso le epoche nel dispositivo performativo, ma anche questioni che interessano l’ambito dei gender studies, dei cultural studies e degli studi postcoloniali: gran parte della creazione coreica contemporanea attinge a questi repertori, leggendoli attraverso le lenti del re-enactment. La ‘ri-messa-in-azione’, descritta da Lepecki, permette al documento di parlare nuovamente del presente: il corpo che danza non può fare altro che realizzarsi attraverso i segni del suo contesto e la sua condizione socioculturale. Nel presente contributo si vuole approfondire il rapporto tra danza e repertorio attraverso alcuni casi studio della recente produzione italiana: l’Excelsior di Salvo Lombardo, Sylphidarium di Collettivo Cinetico, ma con uno sguardo agli studi di Mark Franko, si vuole osservare in modo più ampio come il repertorio sia un organismo in divenire, utile ai processi di riscrittura e di memoria.| File | Dimensione | Formato | |
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Zardi, 2025, ISSN 2035-7680.pdf
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