La rapida istituzionalizzazione delle Comunità Energetiche (CE), in particolare a seguito della direttiva UE REDII, ha portato a un numero crescente di progetti di energia rinnovabile guidati dalla comunità. Il ruolo potenziale svolto dalle CE è spesso riconosciuto in termini di raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e di realizzazione di una transizione più equa. Dal nostro punto di vista, il riconoscimento ampiamente accettato di questo potenziale appare eccessivamente idealizzato e il loro potenziale trasformativo rimane sempre più minacciato dall’apparato energetico dominante. Questo apparato può imporre un approccio tecnocratico e dall’alto verso il basso, diluendo potenzialmente le richieste della società di sovvertire i paradigmi socio-tecnici dominanti. In risposta a queste sfide, questo documento esamina criticamente come le comunità energetiche possano funzionare come beni comuni, sottolineando le dimensioni relazionali e politiche del commoning al di là della semplice gestione delle risorse. Attingendo alle tradizioni sociologiche e filosofiche della comunità e dei beni comuni, proponiamo una riconcettualizzazione delle EC come energia in comune. Questo quadro, ispirato alla nozione di Gemeinwesen di Marx, alla comunità relazionale di Jean-Luc Nancy, al munus di Esposito, alla prassi di Dardot e Laval e alla dépense di Bataille, sposta l’attenzione dalla governance tecnica alla trasformazione sociale e politica. Sosteniamo che l’energy commoning richiede un ripensamento della proprietà, della governance e delle pratiche sociali al di là del disegno istituzionale, come articolato da Ostrom. Attraverso un confronto con la teoria critica dei beni comuni e l’analisi dell’apparato sociotecnico, identifichiamo quattro ontologie chiave del paradigma dell’energia in comune: relazione (cum), non proprietà (munus), commoning come prassi e spesa collettiva (dépense). Integrando queste prospettive, questo articolo sviluppa una lente critica per valutare il potenziale delle EC di promuovere la trasformazione sociale. Esaminiamo le contraddizioni che emergono dall’inquadramento tecno-manageriale delle comunità energetiche, dimostrando come spesso queste si integrino in soluzioni basate sul mercato piuttosto che consentire una governance democratica radicale. Concludiamo sostenendo che, affinché le EC possano realizzare il loro potenziale trasformativo, devono andare oltre l’attuale quadro istituzionale e rivendicare l’energia come bene comune sociale e politico, resistendo attivamente alla sua mercificazione e promuovendo nuove soggettività ecologiche. Questo approccio teorico getta le basi per future ricerche empiriche su come le pratiche di commoning possano essere rese operative all’interno delle comunità energetiche, garantendo il loro allineamento con più ampie transizioni socio-ecologiche.
Azione collettiva e rivoluzione ecologica. Dalle comunità energetiche all’energia-in-comune
Dario Padovan;Andrea Taffuri;Alessandro Sciullo
2025-01-01
Abstract
La rapida istituzionalizzazione delle Comunità Energetiche (CE), in particolare a seguito della direttiva UE REDII, ha portato a un numero crescente di progetti di energia rinnovabile guidati dalla comunità. Il ruolo potenziale svolto dalle CE è spesso riconosciuto in termini di raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e di realizzazione di una transizione più equa. Dal nostro punto di vista, il riconoscimento ampiamente accettato di questo potenziale appare eccessivamente idealizzato e il loro potenziale trasformativo rimane sempre più minacciato dall’apparato energetico dominante. Questo apparato può imporre un approccio tecnocratico e dall’alto verso il basso, diluendo potenzialmente le richieste della società di sovvertire i paradigmi socio-tecnici dominanti. In risposta a queste sfide, questo documento esamina criticamente come le comunità energetiche possano funzionare come beni comuni, sottolineando le dimensioni relazionali e politiche del commoning al di là della semplice gestione delle risorse. Attingendo alle tradizioni sociologiche e filosofiche della comunità e dei beni comuni, proponiamo una riconcettualizzazione delle EC come energia in comune. Questo quadro, ispirato alla nozione di Gemeinwesen di Marx, alla comunità relazionale di Jean-Luc Nancy, al munus di Esposito, alla prassi di Dardot e Laval e alla dépense di Bataille, sposta l’attenzione dalla governance tecnica alla trasformazione sociale e politica. Sosteniamo che l’energy commoning richiede un ripensamento della proprietà, della governance e delle pratiche sociali al di là del disegno istituzionale, come articolato da Ostrom. Attraverso un confronto con la teoria critica dei beni comuni e l’analisi dell’apparato sociotecnico, identifichiamo quattro ontologie chiave del paradigma dell’energia in comune: relazione (cum), non proprietà (munus), commoning come prassi e spesa collettiva (dépense). Integrando queste prospettive, questo articolo sviluppa una lente critica per valutare il potenziale delle EC di promuovere la trasformazione sociale. Esaminiamo le contraddizioni che emergono dall’inquadramento tecno-manageriale delle comunità energetiche, dimostrando come spesso queste si integrino in soluzioni basate sul mercato piuttosto che consentire una governance democratica radicale. Concludiamo sostenendo che, affinché le EC possano realizzare il loro potenziale trasformativo, devono andare oltre l’attuale quadro istituzionale e rivendicare l’energia come bene comune sociale e politico, resistendo attivamente alla sua mercificazione e promuovendo nuove soggettività ecologiche. Questo approccio teorico getta le basi per future ricerche empiriche su come le pratiche di commoning possano essere rese operative all’interno delle comunità energetiche, garantendo il loro allineamento con più ampie transizioni socio-ecologiche.| File | Dimensione | Formato | |
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