L’inerbimento controllato del suolo, nonostante il suo riconosciuto valore ecologico, incontra scarsa diffusione nelle regioni a clima caldo-arido a causa della competizione idrico-nutrizionale nei riguardi della coltura. Questa tecnica può tuttavia risultare utile a contenere l’eccesso vegetoproduttivo che caratterizza numerosi vitigni, benchè l’influenza sulla qualità del prodotto possa variare con le condizioni colturali. Nella pianura di Capitanata, il vitigno Sangiovese è stato allevato con interfilare lavorato (L), seminato con graminacee (G) o con trifoglio sotterraneo (T). All’epoca della fioritura, la biomassa erbosa secca presente al centro ell’interfilare delle tesi G e T è risultata rispettivamente doppia e quintupla rispetto alla tesi L. Nelle tesi inerbite la competizione idrica ha ridotto al 50 % l’intensità degli scambi gassosi in T e rispettivamente all’80 % e al 70 % lo stato idrico, ed al 60 % e al 40 % l’area fogliare dei ceppi in G e T. All’invaiatura, il completo disseccamento del trifoglio sotterraneo, a stasi estiva, insieme all’esigua superficie fogliare delle viti, ha favorito il onseguimento del miglior livello di stato idrico del ceppo, attività fotosintetica ed efficienza fotosintetica dell’uso dell’acqua nella tesi T. Il più intenso livello di stress idrico si è invece manifestato nelle viti allevate su suolo con miscuglio di graminacee. L’entità delle ifferenze d’area fogliare si è riflessa sulla produttività; in senso opposto sono risultati variare l’illuminazione e la temperatura fogliare a livello dei grappoli, il rapporto superficie/volume della bacca e il potenziale polifenolico e antocianico delle bucce. Nel vino, il contenuto fenolico è invece risultato maggiore nelle uve rodotte su suolo lavorato che in quelle prodotte su suolo inerbito, indicando una diminuzione d’estraibilità fenolica in queste ultime tesi. In particolare, il contenuto antocianico delle bucce è risultato positivamente correlato con lo stato idrico all’invaiatura in G, con lo stato idrico all’allegagione in T e, sempre in T, negativamente con la temperatura dell’aria a livello dei grappoli. In questa stessa tesi, il contenuto antocianico del vino è risultato negativamente orrelato con il rapporto R:Fr della luce intercettabile dai grappoli.
Qualità del prodotto e protezione agronomica dell’ambiente edafico in un sistema vitivinicolo dell’Italia meridionale
NOVELLO, Vittorino;
2007-01-01
Abstract
L’inerbimento controllato del suolo, nonostante il suo riconosciuto valore ecologico, incontra scarsa diffusione nelle regioni a clima caldo-arido a causa della competizione idrico-nutrizionale nei riguardi della coltura. Questa tecnica può tuttavia risultare utile a contenere l’eccesso vegetoproduttivo che caratterizza numerosi vitigni, benchè l’influenza sulla qualità del prodotto possa variare con le condizioni colturali. Nella pianura di Capitanata, il vitigno Sangiovese è stato allevato con interfilare lavorato (L), seminato con graminacee (G) o con trifoglio sotterraneo (T). All’epoca della fioritura, la biomassa erbosa secca presente al centro ell’interfilare delle tesi G e T è risultata rispettivamente doppia e quintupla rispetto alla tesi L. Nelle tesi inerbite la competizione idrica ha ridotto al 50 % l’intensità degli scambi gassosi in T e rispettivamente all’80 % e al 70 % lo stato idrico, ed al 60 % e al 40 % l’area fogliare dei ceppi in G e T. All’invaiatura, il completo disseccamento del trifoglio sotterraneo, a stasi estiva, insieme all’esigua superficie fogliare delle viti, ha favorito il onseguimento del miglior livello di stato idrico del ceppo, attività fotosintetica ed efficienza fotosintetica dell’uso dell’acqua nella tesi T. Il più intenso livello di stress idrico si è invece manifestato nelle viti allevate su suolo con miscuglio di graminacee. L’entità delle ifferenze d’area fogliare si è riflessa sulla produttività; in senso opposto sono risultati variare l’illuminazione e la temperatura fogliare a livello dei grappoli, il rapporto superficie/volume della bacca e il potenziale polifenolico e antocianico delle bucce. Nel vino, il contenuto fenolico è invece risultato maggiore nelle uve rodotte su suolo lavorato che in quelle prodotte su suolo inerbito, indicando una diminuzione d’estraibilità fenolica in queste ultime tesi. In particolare, il contenuto antocianico delle bucce è risultato positivamente correlato con lo stato idrico all’invaiatura in G, con lo stato idrico all’allegagione in T e, sempre in T, negativamente con la temperatura dell’aria a livello dei grappoli. In questa stessa tesi, il contenuto antocianico del vino è risultato negativamente orrelato con il rapporto R:Fr della luce intercettabile dai grappoli.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.