La monografia nella sua interezza si propone di far dialogare l’antropologia, la psicologia e la psicopatologia relativamente al tema della sofferenza umana. L’integrazione di queste discipline crea un dialogo costruttivo. In questo capitolo si analizza il rapporto delicato che il bambino sofferente sul piano fisico stabilisce con la spiritualità. In situazioni di malattia grave, in genere il bambino conserva un profondo desiderio di partecipazione ad una vita piena, che comporta la realizzazione di nuove esperienze ed acquisizioni; d’altra parte consentire e sostenere lo svolgimento di un percorso vitale in fase avanzata richiede ai genitori un grande sforzo, che possono compiere meglio con l’aiuto dei curanti. Allo stesso tempo il bambino sperimenta la solitudine esistenziale e affronta la gravità della propria situazione: nella sua piccola mente si aprono grandi domane e si attiva una ricerca di significati. E’ allora fondamentale che come adulti possiamo riconoscere che egli è in grado di dialogare sugli aspetti fondamentali della vita, con semplicità ed acutezza, andando dritto al punto. Anche i genitori possono essere accompagnati ad avvicinarsi a questi aspetti, in modo da rinsaldare ed approfondire il loro incontro con il figlio, che ha bisogno più che mai della loro vicinanza emotiva e allo stesso tempo può essere orientato a salvaguardarli, in un estremo atto di amore che comporta molti momenti di piccoli gesti eroici. Il bambino gravemente malato è fortemente aggrappato alle figure di riferimento, innanzi tutto i familiari, poi i curanti: sostiene l’angoscia di morte e ne mitiga il terrore nel rapporto con l’altro, nell’ambito del quale sente di esistere. Sa vivere il presente con relazioni autentiche e coerenza con la propria condizione interna e la propria progettualità: mantiene infatti uno sguardo al futuro, alla sua crescita. E’ capace di “dare vita” ai suoi giorni. Per accompagnarlo avanti (anziché trattenerlo o respingerlo) verso il maggior compimento di sé possibile, è fondamentale che chi lo assiste gli riconosca la dignità di persona e sia in grado di avviare e sviluppare con lui un rapporto interpersonale “da essere umano di fronte ad un altro essere umano”, indipendentemente dall’età. Infine, anche se teso nel massimo sforzo di essere protagonista della propria scena di vita, il bambino sembra pronto a lasciarla, forse più di quanto gli adulti intorno a lui non siano disposti a lasciarlo andare, per non ritrovarsi ad affrontare un dolore indescrivibile e inconsolabile. Le comunicazioni da parte di tutti sono intense, sia sul piano verbale sia su quello non verbale, e sollecitano nei membri dell’équipe eco profonde e intime, connesse al loro essere persone, con tutte le fragilità e le risorse che la condizione umana comporta: si tratta di stare di fronte all’irreparabile conservando la speranza.

La spiritualità nel bambino grave

MASSAGLIA, Pia
2006-01-01

Abstract

La monografia nella sua interezza si propone di far dialogare l’antropologia, la psicologia e la psicopatologia relativamente al tema della sofferenza umana. L’integrazione di queste discipline crea un dialogo costruttivo. In questo capitolo si analizza il rapporto delicato che il bambino sofferente sul piano fisico stabilisce con la spiritualità. In situazioni di malattia grave, in genere il bambino conserva un profondo desiderio di partecipazione ad una vita piena, che comporta la realizzazione di nuove esperienze ed acquisizioni; d’altra parte consentire e sostenere lo svolgimento di un percorso vitale in fase avanzata richiede ai genitori un grande sforzo, che possono compiere meglio con l’aiuto dei curanti. Allo stesso tempo il bambino sperimenta la solitudine esistenziale e affronta la gravità della propria situazione: nella sua piccola mente si aprono grandi domane e si attiva una ricerca di significati. E’ allora fondamentale che come adulti possiamo riconoscere che egli è in grado di dialogare sugli aspetti fondamentali della vita, con semplicità ed acutezza, andando dritto al punto. Anche i genitori possono essere accompagnati ad avvicinarsi a questi aspetti, in modo da rinsaldare ed approfondire il loro incontro con il figlio, che ha bisogno più che mai della loro vicinanza emotiva e allo stesso tempo può essere orientato a salvaguardarli, in un estremo atto di amore che comporta molti momenti di piccoli gesti eroici. Il bambino gravemente malato è fortemente aggrappato alle figure di riferimento, innanzi tutto i familiari, poi i curanti: sostiene l’angoscia di morte e ne mitiga il terrore nel rapporto con l’altro, nell’ambito del quale sente di esistere. Sa vivere il presente con relazioni autentiche e coerenza con la propria condizione interna e la propria progettualità: mantiene infatti uno sguardo al futuro, alla sua crescita. E’ capace di “dare vita” ai suoi giorni. Per accompagnarlo avanti (anziché trattenerlo o respingerlo) verso il maggior compimento di sé possibile, è fondamentale che chi lo assiste gli riconosca la dignità di persona e sia in grado di avviare e sviluppare con lui un rapporto interpersonale “da essere umano di fronte ad un altro essere umano”, indipendentemente dall’età. Infine, anche se teso nel massimo sforzo di essere protagonista della propria scena di vita, il bambino sembra pronto a lasciarla, forse più di quanto gli adulti intorno a lui non siano disposti a lasciarlo andare, per non ritrovarsi ad affrontare un dolore indescrivibile e inconsolabile. Le comunicazioni da parte di tutti sono intense, sia sul piano verbale sia su quello non verbale, e sollecitano nei membri dell’équipe eco profonde e intime, connesse al loro essere persone, con tutte le fragilità e le risorse che la condizione umana comporta: si tratta di stare di fronte all’irreparabile conservando la speranza.
2006
La spiritualità nella sofferenza. Dialoghi tra antropologia, psicologia e psicopatologia
Franco Angeli
-
128
145
9788846472106
P. MASSAGLIA
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