La clausola della garanzia del contenuto essenziale dei diritti fondamentali - prevista in alcuni documenti costituzionali - si traduce in una tecnica generale per prescrivere l'inviolabilità del "limite dei limiti", limiti che le istituzioni, nazionali e sovranazionali, possono prevedere disciplinando l'esercizio dei diritti medesimi. Tuttavia, al di là delle enunciazioni garantiste, l'inserimento della clausola dell'inviolabilità del contenuto essenziale dei diritti nei testi costituzionali suscita due fondamentali obiezioni: dal punto di vista oggettivo, gli organi politici sarebbero autorizzati a distinguere ciò che è essenziale da ciò che essenziale non è, con il reale pericolo di scivolamenti verso il basso dei contenuti delle discipline attuative delle disposizioni costituzionali di principio che sanciscono i diritti fondamentali; dal punto di vista soggettivo, sarebbero proprio gli organi politici i titolari del potere di decisione, caso per caso, circa i livelli essenziali inviolabili. In sintesi, a dispetto del suo significato teorico, la clausola della garanzia del contenuto essenziale non riuscirebbe a fungere da limite all'arbitrio delle maggioranze. Essa sembrerebbe piuttosto un corollario di una concezione recessiva della costituzione, poiché svaluterebbe le potenzialità espansive dei significati dei testi costituzionali. Il saggio presenta un tentativo per dimostrare la tesi secondo cui le teorie del contenuto minimo essenziale, come teorie dell'interpretazione della costituzione, non sono teorie svalutative del testo costituzionale, e che esse possono rivelarsi un utile strumento per fissare un limite alla discrezionalità degli organi politici, da un lato, e, dunque, un parametro di giudizio per le corti costituzionali in sede di controllo dell'attività legislativa, dall'altro. L'obiettivo è dimostrare la tesi secondo la quale l'interpretazione delle disposizioni costituzionali di principio che sanciscono i diritti fondamentali in termini di tutela del loro contenuto minimo essenziale non coincide affatto con l'impiego dell'argomento "a contrario", corollario, quest'ultimo sì, di una concezione svalutativa della costituzione. L'argomento " a contrario", infatti, non ammetterebbe neppure la possibilità di circoscrivere uno spettro di significati normativi conformi alle disposizioni costituzionali di principio e, dunque, non avrebbe alcuna utilità in sede di giudizio della costituzionalità (in termini di ragionevolezza) dei bilancimenti sottesi alle scelte politiche che il legislatore opera quando attua i principi costituzionali medesimi.
Il contenuto minimo essenziale dei diritti costituzionali e la concezione espansiva della Costituzione
MASSA PINTO, Ilenia
2002-01-01
Abstract
La clausola della garanzia del contenuto essenziale dei diritti fondamentali - prevista in alcuni documenti costituzionali - si traduce in una tecnica generale per prescrivere l'inviolabilità del "limite dei limiti", limiti che le istituzioni, nazionali e sovranazionali, possono prevedere disciplinando l'esercizio dei diritti medesimi. Tuttavia, al di là delle enunciazioni garantiste, l'inserimento della clausola dell'inviolabilità del contenuto essenziale dei diritti nei testi costituzionali suscita due fondamentali obiezioni: dal punto di vista oggettivo, gli organi politici sarebbero autorizzati a distinguere ciò che è essenziale da ciò che essenziale non è, con il reale pericolo di scivolamenti verso il basso dei contenuti delle discipline attuative delle disposizioni costituzionali di principio che sanciscono i diritti fondamentali; dal punto di vista soggettivo, sarebbero proprio gli organi politici i titolari del potere di decisione, caso per caso, circa i livelli essenziali inviolabili. In sintesi, a dispetto del suo significato teorico, la clausola della garanzia del contenuto essenziale non riuscirebbe a fungere da limite all'arbitrio delle maggioranze. Essa sembrerebbe piuttosto un corollario di una concezione recessiva della costituzione, poiché svaluterebbe le potenzialità espansive dei significati dei testi costituzionali. Il saggio presenta un tentativo per dimostrare la tesi secondo cui le teorie del contenuto minimo essenziale, come teorie dell'interpretazione della costituzione, non sono teorie svalutative del testo costituzionale, e che esse possono rivelarsi un utile strumento per fissare un limite alla discrezionalità degli organi politici, da un lato, e, dunque, un parametro di giudizio per le corti costituzionali in sede di controllo dell'attività legislativa, dall'altro. L'obiettivo è dimostrare la tesi secondo la quale l'interpretazione delle disposizioni costituzionali di principio che sanciscono i diritti fondamentali in termini di tutela del loro contenuto minimo essenziale non coincide affatto con l'impiego dell'argomento "a contrario", corollario, quest'ultimo sì, di una concezione svalutativa della costituzione. L'argomento " a contrario", infatti, non ammetterebbe neppure la possibilità di circoscrivere uno spettro di significati normativi conformi alle disposizioni costituzionali di principio e, dunque, non avrebbe alcuna utilità in sede di giudizio della costituzionalità (in termini di ragionevolezza) dei bilancimenti sottesi alle scelte politiche che il legislatore opera quando attua i principi costituzionali medesimi.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
02_I DIRITTI FONDAMENTALI.pdf
Accesso riservato
Tipo di file:
POSTPRINT (VERSIONE FINALE DELL’AUTORE)
Dimensione
4.22 MB
Formato
Adobe PDF
|
4.22 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.