Ogni anno centinaia di banche e società di investimento mobiliare pubblicano migliaia di reports incentrati sull’analisi prospettica delle principali società quotate in borsa. Tali reports – oltre ad esplicitare una raccomandazione per l’investitore (“acquista”, “mantieni in portafoglio” oppure “vendi”) – contengono generalmente una previsione sul prezzo di mercato che l’azione dovrebbe raggiungere in un dato orizzonte temporale: il cosiddetto target price. Utilizzando un campione di reports aventi ad oggetto blue chips quotate sul segmento MTA di Borsa Italiana, si è voluta condurre un’analisi dei target price indicati dagli analisti finanziari. Innanzitutto sono stati misurati in vario modo gli errori di previsione da questi compiuti, confrontando il target price con la quotazione effettivamente raggiunta dall’azione al termine dell’orizzonte temporale di riferimento. Dopo aver verificato un livello di accuratezza delle previsioni complessivamente piuttosto ridotto, è stato esplorato il peso di vari fattori che possono condizionare tale accuratezza, fra i quali la “temerarietà” della previsione formulata, la volatilità del titolo, l’esperienza accumulata dall’analista su una determinata società, il numero di società complessivamente seguito, il livello di accuratezza relativo registrato in periodi precedenti. Si è anche voluto verificare il peso di potenziali conflitti di interesse sul livello e sul segno degli errori compiuti dagli analisti. In particolare, si è concentrata l’attenzione su due principali fonti di conflitto di interesse: l’attività di investment banking e quella di negoziazione titoli per conto terzi. In entrambi i casi l’analista potrebbe essere indotto a formulare previsioni eccessivamente rosee, al fine di compiacere clienti attuali o potenziali oppure al fine di incrementare il volume di commissioni da negoziazione. Infine, considerando l’oggettività difficoltà di prevedere un prezzo azionario in un contesto di mercato efficiente, si è voluta verificare l’utilità delle previsioni formulate dagli analisti ovvero la redditività di una strategia di investimento basata sull’osservazione dei target price. Nonostante la limitata accuratezza delle previsioni, questa analisi mostra come una semplice strategia di trading basata sul comprare le azioni per le quali gli analisti prevedono un target price maggiore del prezzo corrente e sul vendere allo scoperto le azioni per le quali vale il contrario generi in media un significativo extra-rendimento rispetto alla detenzione di posizioni di eguale segno sull’indice di borsa.

Accuratezza e distorsione delle previsioni degli analisti finanziari in un contesto di elevata trasparenza. Una verifica empirica nel mercato italiano

DE VINCENTIIS, Paola
2010-01-01

Abstract

Ogni anno centinaia di banche e società di investimento mobiliare pubblicano migliaia di reports incentrati sull’analisi prospettica delle principali società quotate in borsa. Tali reports – oltre ad esplicitare una raccomandazione per l’investitore (“acquista”, “mantieni in portafoglio” oppure “vendi”) – contengono generalmente una previsione sul prezzo di mercato che l’azione dovrebbe raggiungere in un dato orizzonte temporale: il cosiddetto target price. Utilizzando un campione di reports aventi ad oggetto blue chips quotate sul segmento MTA di Borsa Italiana, si è voluta condurre un’analisi dei target price indicati dagli analisti finanziari. Innanzitutto sono stati misurati in vario modo gli errori di previsione da questi compiuti, confrontando il target price con la quotazione effettivamente raggiunta dall’azione al termine dell’orizzonte temporale di riferimento. Dopo aver verificato un livello di accuratezza delle previsioni complessivamente piuttosto ridotto, è stato esplorato il peso di vari fattori che possono condizionare tale accuratezza, fra i quali la “temerarietà” della previsione formulata, la volatilità del titolo, l’esperienza accumulata dall’analista su una determinata società, il numero di società complessivamente seguito, il livello di accuratezza relativo registrato in periodi precedenti. Si è anche voluto verificare il peso di potenziali conflitti di interesse sul livello e sul segno degli errori compiuti dagli analisti. In particolare, si è concentrata l’attenzione su due principali fonti di conflitto di interesse: l’attività di investment banking e quella di negoziazione titoli per conto terzi. In entrambi i casi l’analista potrebbe essere indotto a formulare previsioni eccessivamente rosee, al fine di compiacere clienti attuali o potenziali oppure al fine di incrementare il volume di commissioni da negoziazione. Infine, considerando l’oggettività difficoltà di prevedere un prezzo azionario in un contesto di mercato efficiente, si è voluta verificare l’utilità delle previsioni formulate dagli analisti ovvero la redditività di una strategia di investimento basata sull’osservazione dei target price. Nonostante la limitata accuratezza delle previsioni, questa analisi mostra come una semplice strategia di trading basata sul comprare le azioni per le quali gli analisti prevedono un target price maggiore del prezzo corrente e sul vendere allo scoperto le azioni per le quali vale il contrario generi in media un significativo extra-rendimento rispetto alla detenzione di posizioni di eguale segno sull’indice di borsa.
2010
3/2010
31
51
analisti finanziari; target price; errori di previsione
De Vincentiis P
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