Per chi si interessa di letteratura africana, un volume di narrativa dal Ghana (paese da cui è stato tradotto pochissimo) suscita un interesse immediato, tanto più se esce per una nuova casa editrice e se l’autore è già stato pubblicato sul prestigioso New Yorker. E i primi racconti di questa raccolta, a cavallo tra New York e i quartieri musulmani della città ashanti di Kumasi, sono davvero promettenti. “La storia del giorno e della notte” ricrea l’atmosfera di una macabra narrazione orale in cui una nonna novantunenne incanta i suoi numerosi nipoti fino a farli tremare di paura. Nel racconto che dà il titolo al volume ci si misura invece con le contraddizioni del mondo degli adulti; il profeta è un solitario vicino di casa che cerca di spiegare la filosofia ai bambini: “A volte Kumi ci parlava di Socrate, Nietzsche, Kant e Spinoza […] sosteneva che fossero le persone più importanti mai esistite sulla terra e che, con le loro idee, avessero cercato di trasformare il mondo. Non ci spiegò mai perché le idee di quella gente non avessero funzionato.” Affezionatosi a lui, il giovane narratore assisterà in maniera sofferta alla trasformazione di questa figura nel tormentato profeta di una religione afrocentrica e anticoloniale. “La badante”, ambientato negli Stati Uniti, tratteggia in maniera delicata e coinvolgente le sofferenze di una ghanese di Zongo Street (strada immaginaria di Kumasi e filo rosso della raccolta) che si prende cura di un’intrattabile anziana. Ali sembra dunque evitare ogni facile sensazionalismo in cui spesso può cadere chi racconta l’Africa, per narrarne piuttosto le sfumature della quotidianità – o, come recita il risvolto di copertina a dirla tutta un po’ melenso, Ali scrive con “una leggerezza che arriva direttamente al cuore […] l’arte commovente della vita.” Peccato però che il resto della raccolta non riesca a mantenersi sullo stesso livello, pur confermando un indubbio talento narrativo (qui sostenuto da solide traduzioni), e un pregevole gusto per finali dimessi, un po’ in calando, ma non per questo meno suggestivi. Nelle pagine che seguono, infatti, lascia un po’ delusi lo sterile autobiografismo dei racconti ambientati a New York e lo scadere nel pittoresco, nella nota di colore, delle storie ambientate a Kumasi, che narrano di reparti ospedalieri kafkiani, di truffatori che incontrano fantasmi, o di mariti la cui virilità è messa pubblicamente alla prova. L’esempio più eclatante è tuttavia il sopravvalutato “Mallam Sile”, la cui pubblicazione sul New Yorker nel 2005 ha presentato l’autore al grande pubblico, dove un minuto e mansueto commerciante trova la felicità sposando una gigantesca donna che si fa pagare i debiti dal bullo di quartiere a suon di botte. Qualche parola a parte la merita l’interessante “Il giorno del giudizio”, che racconta il giudizio universale da un’ottica musulmana ancorata nella contemporaneità, dove gli angeli verificano il curriculum vitae di ogni anima su computer palmari. Uno dei meriti del volume risiede infine nel presentare un Islam particolare, quello vissuto dalle popolazioni di etnia hausa delle zone settentrionali dell’Africa occidentale, ben distante dagli estremismi con cui viene raccontato nelle nostre cronache, sul sottofondo della “melliflua, malinconica, eppure imperiosa voce del muezzin”.

La strada di Kumasi

DEANDREA, Pietro
2010-01-01

Abstract

Per chi si interessa di letteratura africana, un volume di narrativa dal Ghana (paese da cui è stato tradotto pochissimo) suscita un interesse immediato, tanto più se esce per una nuova casa editrice e se l’autore è già stato pubblicato sul prestigioso New Yorker. E i primi racconti di questa raccolta, a cavallo tra New York e i quartieri musulmani della città ashanti di Kumasi, sono davvero promettenti. “La storia del giorno e della notte” ricrea l’atmosfera di una macabra narrazione orale in cui una nonna novantunenne incanta i suoi numerosi nipoti fino a farli tremare di paura. Nel racconto che dà il titolo al volume ci si misura invece con le contraddizioni del mondo degli adulti; il profeta è un solitario vicino di casa che cerca di spiegare la filosofia ai bambini: “A volte Kumi ci parlava di Socrate, Nietzsche, Kant e Spinoza […] sosteneva che fossero le persone più importanti mai esistite sulla terra e che, con le loro idee, avessero cercato di trasformare il mondo. Non ci spiegò mai perché le idee di quella gente non avessero funzionato.” Affezionatosi a lui, il giovane narratore assisterà in maniera sofferta alla trasformazione di questa figura nel tormentato profeta di una religione afrocentrica e anticoloniale. “La badante”, ambientato negli Stati Uniti, tratteggia in maniera delicata e coinvolgente le sofferenze di una ghanese di Zongo Street (strada immaginaria di Kumasi e filo rosso della raccolta) che si prende cura di un’intrattabile anziana. Ali sembra dunque evitare ogni facile sensazionalismo in cui spesso può cadere chi racconta l’Africa, per narrarne piuttosto le sfumature della quotidianità – o, come recita il risvolto di copertina a dirla tutta un po’ melenso, Ali scrive con “una leggerezza che arriva direttamente al cuore […] l’arte commovente della vita.” Peccato però che il resto della raccolta non riesca a mantenersi sullo stesso livello, pur confermando un indubbio talento narrativo (qui sostenuto da solide traduzioni), e un pregevole gusto per finali dimessi, un po’ in calando, ma non per questo meno suggestivi. Nelle pagine che seguono, infatti, lascia un po’ delusi lo sterile autobiografismo dei racconti ambientati a New York e lo scadere nel pittoresco, nella nota di colore, delle storie ambientate a Kumasi, che narrano di reparti ospedalieri kafkiani, di truffatori che incontrano fantasmi, o di mariti la cui virilità è messa pubblicamente alla prova. L’esempio più eclatante è tuttavia il sopravvalutato “Mallam Sile”, la cui pubblicazione sul New Yorker nel 2005 ha presentato l’autore al grande pubblico, dove un minuto e mansueto commerciante trova la felicità sposando una gigantesca donna che si fa pagare i debiti dal bullo di quartiere a suon di botte. Qualche parola a parte la merita l’interessante “Il giorno del giudizio”, che racconta il giudizio universale da un’ottica musulmana ancorata nella contemporaneità, dove gli angeli verificano il curriculum vitae di ogni anima su computer palmari. Uno dei meriti del volume risiede infine nel presentare un Islam particolare, quello vissuto dalle popolazioni di etnia hausa delle zone settentrionali dell’Africa occidentale, ben distante dagli estremismi con cui viene raccontato nelle nostre cronache, sul sottofondo della “melliflua, malinconica, eppure imperiosa voce del muezzin”.
2010
XXVII:3 (marzo)
28
28
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Ghana; New York; narrativa africana
Deandrea P.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/70819
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