L’ordinanza n. 27019 del 2009 della Corte di cassazione ripropone due questioni importanti. La prima è quella del rapporto esistente tra l’accertamento del valore dell’azienda ceduta ai fini dell’imposta di registro e l’accertamento della plusvalenza realizzata con la cessione. La Corte ribadisce l’orientamento secondo cui si dovrebbe presumere che il corrispettivo riscosso sia stato pari almeno al valore accertato, salva la prova contraria del contribuente. Devono tuttavia essere evidenziati i limiti di questa impostazione e alcuni addentellati critici e correttivi, per renderla pienamente aderente al dato normativo. La seconda questione concerne la possibilità di dedurre solo in grado di appello, da parte dell’Ufficio, come prova della infedeltà della plusvalenza dichiarata, il confronto con il valore accertato ai fini dell’imposta di registro.
Valore di registro dell’azienda, prova della plusvalenza e difesa del contribuente
MARCHESELLI, Alberto
2010-01-01
Abstract
L’ordinanza n. 27019 del 2009 della Corte di cassazione ripropone due questioni importanti. La prima è quella del rapporto esistente tra l’accertamento del valore dell’azienda ceduta ai fini dell’imposta di registro e l’accertamento della plusvalenza realizzata con la cessione. La Corte ribadisce l’orientamento secondo cui si dovrebbe presumere che il corrispettivo riscosso sia stato pari almeno al valore accertato, salva la prova contraria del contribuente. Devono tuttavia essere evidenziati i limiti di questa impostazione e alcuni addentellati critici e correttivi, per renderla pienamente aderente al dato normativo. La seconda questione concerne la possibilità di dedurre solo in grado di appello, da parte dell’Ufficio, come prova della infedeltà della plusvalenza dichiarata, il confronto con il valore accertato ai fini dell’imposta di registro.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.