Lo studio prende spunto da due opposti giudizi sul c.p.p. del 1913. Quello corrente, condiviso dalla maggioranza degli studiosi, che lo considera un codice liberale a impronta decisamente progressista rispetto al precedente codice del 1865 e quello minoritario ma autorevolmente espresso da Luigi Lucchini (e da altri studiosi della ‘scuola classica’), che lo definisce pervaso ‘da uno spirito empiricamente reazionario, che prende le mosse dal negare assolutamente la presunzione d’innocenza nel giudicabile e attribuisce alla giustizia penale il fine precipuo di ottenere, in qualsiasi modo, la condanna dell’imputato’. Si analizza, pertanto, il lungo e travagliato iter dei lavori preparatori del codice, nel corso dei quali è indubbio che si assista ad una progressiva involuzione del progetto originario. Le cause di questa involuzione possono così riassumersi: a) le contraddizioni in cui inevitabilmente incappa la logica stessa del sistema misto, fondato sul dualismo istruzione scritta segreta/dibattimento pubblico e orale: l’innesto di garanzie difensive nella fase istruttoria è senza dubbio un vantaggio per l’imputato, ma finisce per spostare ulteriormente il centro di gravità del processo verso quella fase, fornendo una sorta di alibi alla progressiva vanificazione del contraddittorio dibattimentale; b) la conversione della c.d. citazione diretta (di origine accusatoria) in una istruzione sommaria, affidata al pubblico ministero nella quale si raccolgono prove destinate ad essere acquisite in dibattimento attraverso il sistema delle letture permesse; istruzione che considerata una forma degenerata del sistema inquisitorio, essendo le prove formate da un accusatore che non offre quella imparzialità che poteva assicurare il giudice; c) la tendenza a concepire il contraddittorio come semplice garanzia difensiva e non anche come metodo di accertamento dei fatti: illuminante da questo punto di vista lo scontro tra scuola classica e scuola positiva che accompagnò i lavori preparatori del codice Finocchiaro-Aprile. Lo studio si conclude tentando di attualizzare l’antica ed illustre opposizione tra processo accusatorio e processo inquisitorio, alla quale oggi molti preferiscono sostituire quella tra processo come soluzione di conflitti e processo come attuazione del diritto sostanziale; questo nuovo paradigma congegnato da Mirjan R. Damaska, viene qui analizzato in una chiave critica che ne pone in luce la sostanziale inadeguatezza.
Un nuovo processo penale dopo il codice Zanardelli: il codice del 1913 e le origini del "garantismo inquisitorio"
FERRUA, Paolo
2009-01-01
Abstract
Lo studio prende spunto da due opposti giudizi sul c.p.p. del 1913. Quello corrente, condiviso dalla maggioranza degli studiosi, che lo considera un codice liberale a impronta decisamente progressista rispetto al precedente codice del 1865 e quello minoritario ma autorevolmente espresso da Luigi Lucchini (e da altri studiosi della ‘scuola classica’), che lo definisce pervaso ‘da uno spirito empiricamente reazionario, che prende le mosse dal negare assolutamente la presunzione d’innocenza nel giudicabile e attribuisce alla giustizia penale il fine precipuo di ottenere, in qualsiasi modo, la condanna dell’imputato’. Si analizza, pertanto, il lungo e travagliato iter dei lavori preparatori del codice, nel corso dei quali è indubbio che si assista ad una progressiva involuzione del progetto originario. Le cause di questa involuzione possono così riassumersi: a) le contraddizioni in cui inevitabilmente incappa la logica stessa del sistema misto, fondato sul dualismo istruzione scritta segreta/dibattimento pubblico e orale: l’innesto di garanzie difensive nella fase istruttoria è senza dubbio un vantaggio per l’imputato, ma finisce per spostare ulteriormente il centro di gravità del processo verso quella fase, fornendo una sorta di alibi alla progressiva vanificazione del contraddittorio dibattimentale; b) la conversione della c.d. citazione diretta (di origine accusatoria) in una istruzione sommaria, affidata al pubblico ministero nella quale si raccolgono prove destinate ad essere acquisite in dibattimento attraverso il sistema delle letture permesse; istruzione che considerata una forma degenerata del sistema inquisitorio, essendo le prove formate da un accusatore che non offre quella imparzialità che poteva assicurare il giudice; c) la tendenza a concepire il contraddittorio come semplice garanzia difensiva e non anche come metodo di accertamento dei fatti: illuminante da questo punto di vista lo scontro tra scuola classica e scuola positiva che accompagnò i lavori preparatori del codice Finocchiaro-Aprile. Lo studio si conclude tentando di attualizzare l’antica ed illustre opposizione tra processo accusatorio e processo inquisitorio, alla quale oggi molti preferiscono sostituire quella tra processo come soluzione di conflitti e processo come attuazione del diritto sostanziale; questo nuovo paradigma congegnato da Mirjan R. Damaska, viene qui analizzato in una chiave critica che ne pone in luce la sostanziale inadeguatezza.File | Dimensione | Formato | |
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