Il saggio mette in evidenza come le diverse disposizioni normative – costituzionali e legislative, subnazionali, nazionali e sovranazionali – che hanno positivizzato il principio di sussidiarietà si sono limitate a richiamarne la formula e a darne per presupposto il significato. I diversi enunciati normativi, nei quali compare espressamente la formula lessicale principio di sussidiarietà, si risolvono nella prescrizione di un criterio di preferenza nella relazione tra due o più elementi: ciascuno di tali enunciati si riferisce a oggetti differenti – la distribuzione e/o le modalità di esercizio di funzioni – e a soggetti differenti – livelli territoriali di governo, individui, associazioni, e così via. Da qui deriva la moltiplicazione di significati normativi che sono stati attribuiti alla formula principio di sussidiarietà: essi vengono fatti coincidere, in sostanza, con il criterio di preferenza prescritto, riferito, volta per volta, ai diversi oggetti e soggetti coinvolti. Tuttavia, a ben riflettere, la molteplicità di significati non deriva direttamente dall’assegnazione di differenti contenuti normativi alla medesima enunciazione principio di sussidiarietà. Tale formula (si ripete, non definita, ma solo richiamata) è piuttosto aggiunta ai diversi enunciati che esprimono il criterio di preferenza suddetto, come qualificazione ulteriore della modalità attraverso la quale, in tutti i tipi di relazione, indipendentemente dall’oggetto disciplinato e dai soggetti coinvolti, la preferenza prescritta debba essere attuata. Il riferimento al principio di sussidiarietà sembra pertanto esprimere un’eccedenza normativa, alla quale l’interprete è chiamato ad attribuire un significato proprio. Si vuol dire che il contenuto del principio di sussidiarietà – come, del resto, quello di tutte le disposizioni di principio – non si esaurisce nei significati delle singole disposizioni che si limitano a volgerlo in specifiche regole, ma ha un contenuto normativo autonomo. Se dunque il principio di sussidiarietà ha un contenuto normativo proprio, che non si esaurisce nel criterio di preferenza suddetto, perché quest’ultimo risulta essere già esplicitato nella disposizione che espressamente lo prescrive – a meno di ipotizzare un inutile riferimento, privo di alcuna rilevanza normativa – non c’è ragione di ritenere che tale contenuto possa essere distinto a seconda degli enunciati che ne richiamano la formula. Ipotizzando l’esistenza di un legislatore colto, che conosca la filosofia politica che il principio di sussidiarietà presuppone, si potrebbe concludere nel senso che, tutte le volte in cui un enunciato prescriva un’opzione preferenziale nella relazione tra due o più soggetti nella disciplina di un determinato oggetto, e che in più tale opzione preferenziale debba essere soddisfatta secondo il principio di sussidiarietà, il legislatore abbia inteso riferirsi a un preciso significato del principio medesimo. Se così è, il compito del giurista si deve spostare, senza per questo abbandonare il proprio campo di lavoro, sulla ricerca di questo significato, scavando dietro la formula lessicale. In estrema sintesi, si vuol dire che non sono gli enunciati delle singole regole settoriali a spiegare la sussidiarietà, ma questa è da quelli solo richiamata. Per ricavare il significato della formula è dunque necessario cercare altrove, al di là del dato meramente positivo. Ed è ciò che il saggio tenta di fare.

Sussidiarietà (principio di): origini nel diritto della Chiesa cattolica

MASSA PINTO, Ilenia
2008-01-01

Abstract

Il saggio mette in evidenza come le diverse disposizioni normative – costituzionali e legislative, subnazionali, nazionali e sovranazionali – che hanno positivizzato il principio di sussidiarietà si sono limitate a richiamarne la formula e a darne per presupposto il significato. I diversi enunciati normativi, nei quali compare espressamente la formula lessicale principio di sussidiarietà, si risolvono nella prescrizione di un criterio di preferenza nella relazione tra due o più elementi: ciascuno di tali enunciati si riferisce a oggetti differenti – la distribuzione e/o le modalità di esercizio di funzioni – e a soggetti differenti – livelli territoriali di governo, individui, associazioni, e così via. Da qui deriva la moltiplicazione di significati normativi che sono stati attribuiti alla formula principio di sussidiarietà: essi vengono fatti coincidere, in sostanza, con il criterio di preferenza prescritto, riferito, volta per volta, ai diversi oggetti e soggetti coinvolti. Tuttavia, a ben riflettere, la molteplicità di significati non deriva direttamente dall’assegnazione di differenti contenuti normativi alla medesima enunciazione principio di sussidiarietà. Tale formula (si ripete, non definita, ma solo richiamata) è piuttosto aggiunta ai diversi enunciati che esprimono il criterio di preferenza suddetto, come qualificazione ulteriore della modalità attraverso la quale, in tutti i tipi di relazione, indipendentemente dall’oggetto disciplinato e dai soggetti coinvolti, la preferenza prescritta debba essere attuata. Il riferimento al principio di sussidiarietà sembra pertanto esprimere un’eccedenza normativa, alla quale l’interprete è chiamato ad attribuire un significato proprio. Si vuol dire che il contenuto del principio di sussidiarietà – come, del resto, quello di tutte le disposizioni di principio – non si esaurisce nei significati delle singole disposizioni che si limitano a volgerlo in specifiche regole, ma ha un contenuto normativo autonomo. Se dunque il principio di sussidiarietà ha un contenuto normativo proprio, che non si esaurisce nel criterio di preferenza suddetto, perché quest’ultimo risulta essere già esplicitato nella disposizione che espressamente lo prescrive – a meno di ipotizzare un inutile riferimento, privo di alcuna rilevanza normativa – non c’è ragione di ritenere che tale contenuto possa essere distinto a seconda degli enunciati che ne richiamano la formula. Ipotizzando l’esistenza di un legislatore colto, che conosca la filosofia politica che il principio di sussidiarietà presuppone, si potrebbe concludere nel senso che, tutte le volte in cui un enunciato prescriva un’opzione preferenziale nella relazione tra due o più soggetti nella disciplina di un determinato oggetto, e che in più tale opzione preferenziale debba essere soddisfatta secondo il principio di sussidiarietà, il legislatore abbia inteso riferirsi a un preciso significato del principio medesimo. Se così è, il compito del giurista si deve spostare, senza per questo abbandonare il proprio campo di lavoro, sulla ricerca di questo significato, scavando dietro la formula lessicale. In estrema sintesi, si vuol dire che non sono gli enunciati delle singole regole settoriali a spiegare la sussidiarietà, ma questa è da quelli solo richiamata. Per ricavare il significato della formula è dunque necessario cercare altrove, al di là del dato meramente positivo. Ed è ciò che il saggio tenta di fare.
2008
-
1
20
http://www.dircost.unito.it
Sussidiarietà; disposizioni di principio; nozioni extragiuridiche.
I. Massa Pinto
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/78640
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