Le servitù prediali nel mondo antico: dogmatica romanistica e prospettive storico-comparatistiche. In una visione di più lungo periodo incentrata sugli aspetti strutturali dell’istituto, alquanto differente dalle prospettive cui è abituata la letteratura romanistica, l’articolo – che si rifà tra l’altro ad uno scritto di più ampio respiro sull’argomento – considera le coordinate in base a cui la dogmatica romanistica inposta lo studio delle servitù prediali, e quindi il problema rappresentato, rispetto agli iura praediorum dello ius civile quali diritti di natura reali, delle servitù costituite pactionibus et stipulationibus, di cui è dubbio in dottrina il carattere reale ovvero personale: quindi, tenuta presente la diversa funzione che l’actio confessoria svolgeva nel diritto romano, dove si coordina con la procedura interdittale e risolve la sola quaestio de iure, rispetto al più vasto ambito di applicazione che essa conosce negli ordinamenti moderni, e come d’altra parte questo mutamento di coordinate abbia influenzato a ritroso, fuorviandoli, altresì gli studi romanistici in materia, arriva a spiegare l’origine delle servitù costituite pactionibus et stipulationibus come una rinuncia al negozio costitutivo civilistico rappresentato in particolare dalla in iure cessio, con conseguente assenza dell’azione reale, in cui la restitutio si risolveva del resto nella mera prestazione di una stipulatio volta a garantire il futuro esercizio del diritto, per tutelare invece il rapporto fondiario sulla base della pactio relativa alle modalità di esercizio della servitù, verosimilmente già diffusa anche per i diritti costituiti iure civili e tutelato da una stipulatio poenae, accontentandosi quindi, oltre che dell’azione personale scaturente da quest’ultima, dell’interdetto relativo al rapporto di servitù, fondato su meri rapporti di fatto e quindi applicabile altresì ai rapporti di tale tipo sorti al di fuori dello ius civile e tutelati per tal via iure praetorio. Dopo aver rifiutato la diffusa teoria sull’origine della servitù in termini di proprietà o di comproprietà della striscia di terreno su cui essa insiste, mostrando come in realtà la mancipatio sia stata in origine scelta quale negozio costitutivo di tale diritto in quanto unico negozio idoneo a disposizione dei pontifices, e dopo aver considerato infine l’inesistenza nel diritto greco, ed in particolare nell’ordinamento attico, di un istituto paragonabile nelle sue strutture concettuali all’istituto della servitù prediale della tradizione romanistica, lo scritto si conclude contrapponendo in una prospettiva comparatistica, secondo una nuova visuale ricostruttiva, i sistemi che incardinano sin dalla sua costituzione la servitù alla sua dimensione reale tramite un negozio costitutivo di tale tipo, così come avviene nel diritto romano repubblicano e classico nonché negli ordinamenti moderni, ancorati al sistema della trascrizione in pubblici registri del’atto costitutivo, a quei sistemi che invece, come avviene nell’età epiclassica e tardoantica romana nonché nel diritto medioevale ed intermedio, in assenza di tali più raffinati mezzi si accontentano di costituire la servitù quale mero rapporto personale che tuttavia raggiunge in seguito la dimensione reale grazie alla possibilitù di usucapire il diritto stesso ovvero grazie alla prescrizione dell’azione negatoria.

Le servitù prediali nel mondo antico: dogmatica romanistica e prospettive storico-comparatistiche

ZUCCOTTI, Ferdinando
2009-01-01

Abstract

Le servitù prediali nel mondo antico: dogmatica romanistica e prospettive storico-comparatistiche. In una visione di più lungo periodo incentrata sugli aspetti strutturali dell’istituto, alquanto differente dalle prospettive cui è abituata la letteratura romanistica, l’articolo – che si rifà tra l’altro ad uno scritto di più ampio respiro sull’argomento – considera le coordinate in base a cui la dogmatica romanistica inposta lo studio delle servitù prediali, e quindi il problema rappresentato, rispetto agli iura praediorum dello ius civile quali diritti di natura reali, delle servitù costituite pactionibus et stipulationibus, di cui è dubbio in dottrina il carattere reale ovvero personale: quindi, tenuta presente la diversa funzione che l’actio confessoria svolgeva nel diritto romano, dove si coordina con la procedura interdittale e risolve la sola quaestio de iure, rispetto al più vasto ambito di applicazione che essa conosce negli ordinamenti moderni, e come d’altra parte questo mutamento di coordinate abbia influenzato a ritroso, fuorviandoli, altresì gli studi romanistici in materia, arriva a spiegare l’origine delle servitù costituite pactionibus et stipulationibus come una rinuncia al negozio costitutivo civilistico rappresentato in particolare dalla in iure cessio, con conseguente assenza dell’azione reale, in cui la restitutio si risolveva del resto nella mera prestazione di una stipulatio volta a garantire il futuro esercizio del diritto, per tutelare invece il rapporto fondiario sulla base della pactio relativa alle modalità di esercizio della servitù, verosimilmente già diffusa anche per i diritti costituiti iure civili e tutelato da una stipulatio poenae, accontentandosi quindi, oltre che dell’azione personale scaturente da quest’ultima, dell’interdetto relativo al rapporto di servitù, fondato su meri rapporti di fatto e quindi applicabile altresì ai rapporti di tale tipo sorti al di fuori dello ius civile e tutelati per tal via iure praetorio. Dopo aver rifiutato la diffusa teoria sull’origine della servitù in termini di proprietà o di comproprietà della striscia di terreno su cui essa insiste, mostrando come in realtà la mancipatio sia stata in origine scelta quale negozio costitutivo di tale diritto in quanto unico negozio idoneo a disposizione dei pontifices, e dopo aver considerato infine l’inesistenza nel diritto greco, ed in particolare nell’ordinamento attico, di un istituto paragonabile nelle sue strutture concettuali all’istituto della servitù prediale della tradizione romanistica, lo scritto si conclude contrapponendo in una prospettiva comparatistica, secondo una nuova visuale ricostruttiva, i sistemi che incardinano sin dalla sua costituzione la servitù alla sua dimensione reale tramite un negozio costitutivo di tale tipo, così come avviene nel diritto romano repubblicano e classico nonché negli ordinamenti moderni, ancorati al sistema della trascrizione in pubblici registri del’atto costitutivo, a quei sistemi che invece, come avviene nell’età epiclassica e tardoantica romana nonché nel diritto medioevale ed intermedio, in assenza di tali più raffinati mezzi si accontentano di costituire la servitù quale mero rapporto personale che tuttavia raggiunge in seguito la dimensione reale grazie alla possibilitù di usucapire il diritto stesso ovvero grazie alla prescrizione dell’azione negatoria.
2009
Studi in onore di Remo Martini
Giuffrè
III
971
1059
8814153353
Zuccotti F.
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