Con la sentenza Godelli c. Italia la Corte europea dei diritti dell’uomo torna a occuparsi del parto anonimo a nove anni di distanza dal leading case Odièvre c. Francia. Com’era ampiamente prevedibile dalla ratio decidendi di quest’ultima pronuncia, il nostro Paese viene condannato. A differenza del sistema transalpino, infatti, quello italiano viola la Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in sigla CEDU) poiché non opera un equo bilanciamento tra gli interessi in gioco: il diritto della madre biologica all’anonimato; il diritto del figlio adulto adottato da terzi ad accedere alla informazioni sulle sue origini familiari; l’interesse pubblico a proteggere la salute della donna e del figlio durante la gravidanza e il parto e a prevenire aborti clandestini e abbandoni di neonati in condizioni tali da mettere a rischio l’integrità psico-fisica della partoriente e della prole. La pronuncia si segnala all’attenzione dei giuristi italiani perché, pur riconoscendo in astratto che l’attribuzione alla donna del diritto di partorire nell’anonimato non è di per sé in contrasto con la CEDU, impone al nostro legislatore di intervenire prontamente adottando strumenti che abbiano l’effetto di ammorbidire il divieto per l’adottato di accedere alle informazioni sulle proprie origini familiari e genetiche qualora la madre al momento del parto avesse esercitato il suo diritto di chiedere di non essere nominata nell’atto di nascita.

La Corte europea dei diritti dell’uomo censura l’Italia per la difesa a oltranza dell’anonimato del parto: una condanna annunciata [nota a Corte europea dei diritti dell'uomo, 25.09.2012, Godelli c. Italia]

LONG, JOELLE
2013-01-01

Abstract

Con la sentenza Godelli c. Italia la Corte europea dei diritti dell’uomo torna a occuparsi del parto anonimo a nove anni di distanza dal leading case Odièvre c. Francia. Com’era ampiamente prevedibile dalla ratio decidendi di quest’ultima pronuncia, il nostro Paese viene condannato. A differenza del sistema transalpino, infatti, quello italiano viola la Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in sigla CEDU) poiché non opera un equo bilanciamento tra gli interessi in gioco: il diritto della madre biologica all’anonimato; il diritto del figlio adulto adottato da terzi ad accedere alla informazioni sulle sue origini familiari; l’interesse pubblico a proteggere la salute della donna e del figlio durante la gravidanza e il parto e a prevenire aborti clandestini e abbandoni di neonati in condizioni tali da mettere a rischio l’integrità psico-fisica della partoriente e della prole. La pronuncia si segnala all’attenzione dei giuristi italiani perché, pur riconoscendo in astratto che l’attribuzione alla donna del diritto di partorire nell’anonimato non è di per sé in contrasto con la CEDU, impone al nostro legislatore di intervenire prontamente adottando strumenti che abbiano l’effetto di ammorbidire il divieto per l’adottato di accedere alle informazioni sulle proprie origini familiari e genetiche qualora la madre al momento del parto avesse esercitato il suo diritto di chiedere di non essere nominata nell’atto di nascita.
2013
2
110
117
J. LONG
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