GOLDONI IL LIBERTINO Si è a lungo pensato che Goldoni sia un autore di commedie, ma in un mio precedente libro goldoniano (intitolato giustappunto Goldoni. Dalla commedia dell’arte al dramma borghese, Garzanti, Milano 2004) ho cercato di dimostrare che il nostro fa solo finta di comporre commedie. Almeno nei suoi momenti più alti scrive, in effetti, drammi. Comincia stendendo canovacci per la Commedia dell’Arte, ma finisce – con la Trilogia della villeggiatura – per fondare il dramma borghese in Italia. Rispetto a quel mio Goldoni garzantiano, queste mie nuove pagine vorrebbero spingere ulteriormente l’analisi e l’interpretazione, accertando che forse c’è qualcosa di più, che i drammi goldoniani sono densi di accenti assai insoliti, pregni di violenza, di aggressività, con timbri persino tragici (dove ogni tanto ci scappa il morto: certo, cosa inusuale nella forma-commedia). E dove anche l’eros è molto più ricco e diffuso di quanto non si sia fin qui voluto vedere. Insomma, un Goldoni eros violenza morte, come dice il sottotitolo. Cioè un Goldoni sullo sfondo di quella settecentesca civiltà libertina, che non a caso si esprime nell’opera scandalosa del marchese De Sade e nell’avventura esistenziale del veneziano Giacomo Casanova, ma anche in quel curioso istituto matrimoniale triangolare (tutto e solo italiano), innervato dalla figura del cicisbeo. S’intende che Goldoni ha scritto più di cento commedie. Qualunque discorso che voglia essere organico non può che procedere per campioni. Ho allineato comunque i miei exempla, nei vari capitoli, secondo l’ordine del tempo, dalla prima commedia scritta da Goldoni, nel 1739, all’unico capolavoro della sua stagione finale, quando è ormai stabilmente installato a Parigi. Mi pare che affiori anche – per accenni fugaci – il percorso biografico di un uomo che si avvicina al teatro sostanzialmente per ragioni edonistiche. Sicché, nell’ultimo capitolo, mi sono sforzato di capire se non è sempre per motivi di settecentesco piacere che Goldoni decide di restare a vivere (e a morire) a Parigi.
Goldoni il libertino. Eros violenza morte
ALONGE, Roberto Luciano
2010-01-01
Abstract
GOLDONI IL LIBERTINO Si è a lungo pensato che Goldoni sia un autore di commedie, ma in un mio precedente libro goldoniano (intitolato giustappunto Goldoni. Dalla commedia dell’arte al dramma borghese, Garzanti, Milano 2004) ho cercato di dimostrare che il nostro fa solo finta di comporre commedie. Almeno nei suoi momenti più alti scrive, in effetti, drammi. Comincia stendendo canovacci per la Commedia dell’Arte, ma finisce – con la Trilogia della villeggiatura – per fondare il dramma borghese in Italia. Rispetto a quel mio Goldoni garzantiano, queste mie nuove pagine vorrebbero spingere ulteriormente l’analisi e l’interpretazione, accertando che forse c’è qualcosa di più, che i drammi goldoniani sono densi di accenti assai insoliti, pregni di violenza, di aggressività, con timbri persino tragici (dove ogni tanto ci scappa il morto: certo, cosa inusuale nella forma-commedia). E dove anche l’eros è molto più ricco e diffuso di quanto non si sia fin qui voluto vedere. Insomma, un Goldoni eros violenza morte, come dice il sottotitolo. Cioè un Goldoni sullo sfondo di quella settecentesca civiltà libertina, che non a caso si esprime nell’opera scandalosa del marchese De Sade e nell’avventura esistenziale del veneziano Giacomo Casanova, ma anche in quel curioso istituto matrimoniale triangolare (tutto e solo italiano), innervato dalla figura del cicisbeo. S’intende che Goldoni ha scritto più di cento commedie. Qualunque discorso che voglia essere organico non può che procedere per campioni. Ho allineato comunque i miei exempla, nei vari capitoli, secondo l’ordine del tempo, dalla prima commedia scritta da Goldoni, nel 1739, all’unico capolavoro della sua stagione finale, quando è ormai stabilmente installato a Parigi. Mi pare che affiori anche – per accenni fugaci – il percorso biografico di un uomo che si avvicina al teatro sostanzialmente per ragioni edonistiche. Sicché, nell’ultimo capitolo, mi sono sforzato di capire se non è sempre per motivi di settecentesco piacere che Goldoni decide di restare a vivere (e a morire) a Parigi.File | Dimensione | Formato | |
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