I racconti, diversi tra di loro per lunghezza e tono, aprono spiragli su vicende realmente vissute da Roberto Garavini, a partire dal 10 giugno 1940, giorno dell’entrata in guerra dell’Italia vissuta da “giovane incosciente e ignorante”, per proseguire attraverso una rapida e inevitabile formazione (bombardamenti, paure in notti “fonde e fredde dell’inverno torinese”, “mare di fiamme”, “deserto di distruzioni”); e poi l’8 settembre 1943, e il conseguente abbandono e disorientamento, l’adesione alla lotta clandestina, l’arresto, la detenzione alle Nuove (ottobre e novembre 1944), la liberazione grazie all’intervento di uno zio fascista, il grave ferimento per errore ad opera di un “cecchino amico” proprio il giorno della liberazione, il dopoguerra con il viaggio a Praga per il I festival mondiale della gioventù (estate del 1946), la morte del padre, fino all’incontro con il futuro, rappresentato da quella fanciulla dagli “occhi di cielo” che lo lasciano attonito: “Come se un cielo luminoso di sole fosse precipitato e si fosse concentrato dentro quelle due pupille e lì avesse deciso di restare, azzurro, luminoso, sorridente”.

I miei anni Quaranta. Torino tra fascismo e Seconda guerra mondiale, di Roberto Garavini

MASOERO, Mariarosa
2010-01-01

Abstract

I racconti, diversi tra di loro per lunghezza e tono, aprono spiragli su vicende realmente vissute da Roberto Garavini, a partire dal 10 giugno 1940, giorno dell’entrata in guerra dell’Italia vissuta da “giovane incosciente e ignorante”, per proseguire attraverso una rapida e inevitabile formazione (bombardamenti, paure in notti “fonde e fredde dell’inverno torinese”, “mare di fiamme”, “deserto di distruzioni”); e poi l’8 settembre 1943, e il conseguente abbandono e disorientamento, l’adesione alla lotta clandestina, l’arresto, la detenzione alle Nuove (ottobre e novembre 1944), la liberazione grazie all’intervento di uno zio fascista, il grave ferimento per errore ad opera di un “cecchino amico” proprio il giorno della liberazione, il dopoguerra con il viaggio a Praga per il I festival mondiale della gioventù (estate del 1946), la morte del padre, fino all’incontro con il futuro, rappresentato da quella fanciulla dagli “occhi di cielo” che lo lasciano attonito: “Come se un cielo luminoso di sole fosse precipitato e si fosse concentrato dentro quelle due pupille e lì avesse deciso di restare, azzurro, luminoso, sorridente”.
2010
XXXIX
2
612
613
Racconti autobiografici; guerra; prigionia; dopoguerra
MASOERO M.
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