Nel corso del Quattrocento, la corte, complice la cultura umanistica, elabora una nuova forma del vivere e un gusto raffnato in tutte le arti. Accanto allo studio della retorica e della grammatica latina, l’aristocrazia pratica la musica e la danza. I nobili, ora non più solo uomini d’armi, imparano la civiltà e le buone maniere, per divenire uomini di potere e colti mecenati. All’interno dei vari momenti espressivi della festa rinascimentale e della vita di palazzo, la danza, al pari di altre componenti, costituisce uno dei modi di espressione della cultura della corte, grazie alle funzioni di intrattenimento sociale e di forma spettacolare. L’affermarsi della fgura di un maestro, nel contempo un teorico e un pratico del ballo, e l’introduzione del trattato di danza fanno sì che il ballare, investito dei canoni umanistici, assurga al rango di vera e propria arte, diventando così una componente indispensabile della formazione dei prìncipi e degli aristocratici e un requisito fondamentale del cortigiano. Nel XV Secolo, l’accumulo dei documenti contenenti le tracce dei corpi danzanti segue logiche molto diverse da quelle che portano oggi ad analoghi processi di conservazione: ciò che determina i criteri di selezione, reperibilità, accumulazione e accessibilità è legato ad una idea di la danza come esperienza memorabile e perciò codifcabile i quei depositi di memoria attiva che sono i trattati orchestici. Il volume affronta questo tipo di fonti, per lungo tempo «sacralizzate» nelle narrazioni storiche, come punto di riferimento, spesso non suffcientemente problematizzato, per la ricostruzione della danza rinascimentale tout-court. Per quanto concerne la danza del XV secolo i documenti sono dei prodotti fnalizzati a fssare un fatto memorabile, a testimoniare rapporti tra soggetti socialmente rilevanti, a mettere in evidenza relazioni tra le istituzioni e tra queste e gli individui, a documentare il processo e a mostrare l’esito di una trasmissione consapevole di saperi, tecniche e azioni. Questo studio, pertanto, si propone di indagare processi di memorizzazione di corpi in azione, analizzare e studiare testi, manufatti e monumenti come traccia di una rete di condizioni, ricostruire le relazioni che qualifcano la percezione e la presenza di azioni simboliche in un contesto. Ciò che ricorre o permane nel tempo non sono oggetti, ma pratiche, che ci sono giunte soprattutto attraverso i trattati, memorie di coreografe annotate con lievi o vistosi scarti nelle indicazioni performative, a seconda delle diverse redazioni, traccia di evidenti processi di conservazione e trasmissione di azioni etichettate come danze. Studiare la danza del XV secolo in Europa, e in Italia in particolare, signifca liberarsi dal dominio di un assetto consolidato, per poter constatare i mutamenti, il progressivo trasformarsi del senso entro i nascenti meccanismi della memoria storica. Signifca ricostruire la trasmissione, la persistenza e il tramonto di pratiche e tecniche attraverso lo sguardo degli spettatori coevi, tenendo presente che la registrazione dell’azione, scritta o per immagini, avveniva per ragioni e condizioni, secondo tradizioni, codici e materiali altri rispetto a quelli che producevano l’azione del danzare.

Danza e Rinascimento. Cultura coreica e “buone maniere” nella società di corte del XV secolo

PONTREMOLI, Alessandro Piero Mario
2011-01-01

Abstract

Nel corso del Quattrocento, la corte, complice la cultura umanistica, elabora una nuova forma del vivere e un gusto raffnato in tutte le arti. Accanto allo studio della retorica e della grammatica latina, l’aristocrazia pratica la musica e la danza. I nobili, ora non più solo uomini d’armi, imparano la civiltà e le buone maniere, per divenire uomini di potere e colti mecenati. All’interno dei vari momenti espressivi della festa rinascimentale e della vita di palazzo, la danza, al pari di altre componenti, costituisce uno dei modi di espressione della cultura della corte, grazie alle funzioni di intrattenimento sociale e di forma spettacolare. L’affermarsi della fgura di un maestro, nel contempo un teorico e un pratico del ballo, e l’introduzione del trattato di danza fanno sì che il ballare, investito dei canoni umanistici, assurga al rango di vera e propria arte, diventando così una componente indispensabile della formazione dei prìncipi e degli aristocratici e un requisito fondamentale del cortigiano. Nel XV Secolo, l’accumulo dei documenti contenenti le tracce dei corpi danzanti segue logiche molto diverse da quelle che portano oggi ad analoghi processi di conservazione: ciò che determina i criteri di selezione, reperibilità, accumulazione e accessibilità è legato ad una idea di la danza come esperienza memorabile e perciò codifcabile i quei depositi di memoria attiva che sono i trattati orchestici. Il volume affronta questo tipo di fonti, per lungo tempo «sacralizzate» nelle narrazioni storiche, come punto di riferimento, spesso non suffcientemente problematizzato, per la ricostruzione della danza rinascimentale tout-court. Per quanto concerne la danza del XV secolo i documenti sono dei prodotti fnalizzati a fssare un fatto memorabile, a testimoniare rapporti tra soggetti socialmente rilevanti, a mettere in evidenza relazioni tra le istituzioni e tra queste e gli individui, a documentare il processo e a mostrare l’esito di una trasmissione consapevole di saperi, tecniche e azioni. Questo studio, pertanto, si propone di indagare processi di memorizzazione di corpi in azione, analizzare e studiare testi, manufatti e monumenti come traccia di una rete di condizioni, ricostruire le relazioni che qualifcano la percezione e la presenza di azioni simboliche in un contesto. Ciò che ricorre o permane nel tempo non sono oggetti, ma pratiche, che ci sono giunte soprattutto attraverso i trattati, memorie di coreografe annotate con lievi o vistosi scarti nelle indicazioni performative, a seconda delle diverse redazioni, traccia di evidenti processi di conservazione e trasmissione di azioni etichettate come danze. Studiare la danza del XV secolo in Europa, e in Italia in particolare, signifca liberarsi dal dominio di un assetto consolidato, per poter constatare i mutamenti, il progressivo trasformarsi del senso entro i nascenti meccanismi della memoria storica. Signifca ricostruire la trasmissione, la persistenza e il tramonto di pratiche e tecniche attraverso lo sguardo degli spettatori coevi, tenendo presente che la registrazione dell’azione, scritta o per immagini, avveniva per ragioni e condizioni, secondo tradizioni, codici e materiali altri rispetto a quelli che producevano l’azione del danzare.
2011
Ephemeria
I libri dell'icosaedro
10
1
176
9788887852127
http://www.edizioniephemeria.it
Danza del XV secolo; buone maniere; società di corte; Storia di Milano
A. PONTREMOLI
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/90650
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